La visita dell'esattore del pizzo: "Autorizzato da Nuccio Cannizzaro"

La visita dell’esattore del pizzo: “L’ok da Nuccio Cannizzaro”

Nella foto gli indagati Francesca Spartà e Gaetano Riolo
Il gip convalida i fermi eseguiti nel corso dell'operazione Jukebox. E nei verbali si fa il nome dello storico boss di San Giovanni Galermo.
L'INCHIESTA DEI CARABINIERI
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CATANIA – Nuccio Cannizzaro lo scorso anno è finito su tutte le pagine dei giornali per la “vittoria” alla Consulta sull’ergastolo ostativo, oggi il suo nome torna protagonista di alcune carte giudiziarie. A pronunciarlo è un imprenditore che ha deciso di denunciare anni e anni di estorsioni.

Il nome di Nuccio Cannizzaro

Chi sarebbe andato a battere cassa avrebbe comunicato che dietro le richieste di pizzo ci sarebbero state “le disposizioni di Nuccio Cannizzaro”. Il boss di Cosa nostra, condannato per mafia e omicidi, è però ormai da decenni dietro le sbarre. Lontano da casa e da Catania.

Ma pare proprio che da queste parti, soprattutto tra i colonnelli mafiosi di San Giovanni Galermo, quel “nome” sia usato per far capire che “si fa sul serio”. Paura, terrore e intimidazione: questi gli sporchi sotterfugi dei criminali di Cosa nostra.

La foto storica di Nuccio Cannizzaro

L’indagine dei carabinieri

Ma andiamo a ritroso. L’inchiesta dove è (ri)comparso il nome del boss, protagonista della guerra di mafia degli anni 90 che avrebbe dovuto soppiantare i Santapaola a favore dei Mazzei, è negli atti giudiziari che hanno portato alla convalida del fermo di Francesca Spartà e Gaetano Riolo nell’ambito dell’inchiesta Jukebox.

I carabinieri i primi di ottobre hanno fatto scattare le manette ad alcuni esponenti del gruppo mafioso di San Giovanni Galermo e del clan Assinnata di Paternò. 

La “visita” a ferragosto

I due indagati, destinatari del decreto di fermo disposto dal pm Rocco Liguori e convalidato dal gip, sono i protagonisti di alcune pressioni che sarebbero arrivati ai titolari dei supermercati dopo il lockdown. E precisamente in pieno ferragosto. 

La denuncia

In primavera gli imprenditori, stanchi delle continue vessazioni, decidono di rivolgersi ai carabinieri e vuotare il sacco. Scattano così le indagini che culminano con le ordinanze firmate dal gip Luca Lorenzetti.

Ma ad Agosto al supermercato della vittima arriva Francesca Spartà, moglie di Salvatore Basile (arrestato nel blitz) e sorella di Rosa, consorte di Salvatore Gurrieri (anche loro due finite tra i destinatari dell’operazione). 

La settimana antecedente il Ferragosto mentre mi trovavo all’interno del mio supermercato notavo la presenza di Francesca Spartà”, ha raccontato agli investigatori la vittima.

La donna avrebbe portato un messaggio della sorella: “Voleva spiegazioni sul perché da circa cinque – sei mesi avevo interrotto i pagamenti a titolo di estorsione dei miei supermercati”.

Al di là delle spiegazioni dell’una e dell’altra barricata, lady Basile continua il suo ruolo di messaggera della sorella che “intimava di riprendere i pagamenti e di saldare i mesi arretrali, e che tale richiesta proveniva – dichiara la vittima ai carabinieri – direttamente dal marito Salvatore Gurrieri e su disposizione di Sebastiano Cannizzaro”. 

L’avvertimento

Ma oltre alle intimidazioni, ci sono anche gli avvertimenti. Non avendo pagato, la “protezione” della famiglia in caso di incendi o rapine sarebbe saltata. Detto, fatto. Il giorno successivo tre con il volto travisato mettono a segno un colpo al supermercato.

“Autorizzato da Cannizzaro”

L’imprenditore avrebbe ricevuto anche la visita dell’“esattore” Gaetano Riolo che lo avvicina però con un’altra scusa: il 20 agosto 2020 l’indagato avrebbe detto chiaramente di essere stato “designato” dai capomafia di San Giovanni Galermo “come il soggetto che – riassume il gip – avrebbe dovuto incassare le rate mensili dell’estorsione per i tre supermercati nonché le rate relative ai mesi arretrati”.

La vittima racconta che Riolo sarebbe “stato autorizzato a portare avanti l’estorsione nei miei confronti, direttamente da Nuccio Cannizzaro, Luca Marino e Salvatore Gurrieri e che per tale ragione per qualsiasi problema o necessità mi sarei dovuto rivolgere a lui”.

I possibili scenari

Due indagati, dunque, che “spendono” il nome del boss Nuccio Cannizzaro. C’è da capire se si tratta di “millanterie” per incutere paura nella vittima e costringerla a pagare, oppure qualcosa di più “reale” a livello di potere mafioso. 

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