Covid e sofferenza: parla Teo, il medico della speranza

Covid, il medico della speranza: “Nessuno deve restare solo”

Teo Pinto, ‘la roccia’, medico del dolore e della speranza, che va scarpinando con la sua squadra di esperti, per offrire conforto.

PALERMO- Teo Pinto (nella foto di qualche tempo fa), ‘la roccia’, medico del dolore e della speranza, il dottore della Samot che va scarpinando con la sua squadra di esperti in cure palliative, per offrire conforto a chi soffre, a chi sta andando via, a chi vuole una vita dignitosa negli anni, a chi vede spegnere quella stessa vita come una candela, ma ha il diritto di chiudere gli occhi senza soffrire.
Telefonata alle dieci di sera, dopo una giornata di missione, anche nelle zone rosse, tra Bagheria a Misilmeri. “Tranquillo, possiamo parlare. Anzi, ho fatto presto, di solito prima delle dieci e mezza non sono a casa e qualche volta a mezzanotte, per la cena non c’è fretta. La mattina si esce alle nove. Non lasciamo solo nessuno”. Ci sono state altre chiacchierate. Sempre con orari quasi impossibili per gli impegni.

I medici nella zona rossa

La squadra capitanata da Teo, il dottore, ha pure la psicologa, l’infermiera, il fisioterapista, l’assistente sociale e altri componenti dell’equipaggio. Tutti prendono un regolare stipendio, ma non si può spiegare solo così quello che fanno. E’ un lavoro, ma è molto di più, nella consapevolezza di chi sceglie un cammino piuttosto che un altro. E’ la passione urgente di aiutare il prossimo, proprio quando ha più bisogno d’aiuto. “E’ stata una giornata pesante – racconta Teo – abbiamo avuto una sedazione a Casteldaccia, poi abbiamo visitato altre dodici persone. Il paziente che ho sedato, per rendere meno arduo l’esito, ha sessant’anni. Oggi una signora mi ha detto: ‘Dottore, meno male che siete tornati, sono felice di vederla e sto meglio’. Non c’è una ricompensa più grande di questa per quello che facciamo. I rischi non mancano. Ho visitato una persona in una Rsa dove ci sono stati dei contagi. Siamo stati a Mezzojuso nella zona rossa. Giustamente le forze dell’ordine ci hanno controllato: ‘Siete sicuri di volere procedere?’. E che altra scelta c’è? Durante la prima ondata, abbiamo seguito un paziente positivo con le telefonate, da remoto. Ma quando si è aggravato siamo tornati fisicamente, non potevamo lasciarlo solo. Adesso, purtroppo, non c’è più”.

Covid, il lavoro in condizioni estreme

Non è facile prendersi cura dei sofferenti in condizioni estreme, in piena pandemia. Come ricordava Tania Piccione della Samot: “Trattiamo cinquecentocinquanta persone solo a Palermo e provincia, circa ottocento in tutta la regione. Come capita ovunque, la curva del contagio è esponenziale anche per i soggetti fragili e questo nel nostro settore crea molti disagi. Noi, riguardo al Covid, seguiamo protocolli rigorosissimi e di sicurezza assoluta. Garantiamo in presenza gli interventi non procrastinabili. Degli altri ci prendiamo costantemente cura a distanza per una migliore tutela. Mascherine e presidii ? Abbiamo acquistato quasi tutto noi. La nostra missione è non lasciare solo nessuno. I nostri malati hanno bisogno di una assistenza specifica e continua, essenziale sotto l’aspetto fisico e psicologico”.

“Ci sono anche i bambini”

C’è una risorsa che nessun protocollo potrà mai prevedere, anche se molti ci contano: l’abnegazione personale che si trasforma in spinta collettiva. La Sanità siciliana sarebbe colata a picco da anni se le sue voragini non fossero state colmate, via via che si aprivano, da un medico che è rimasto oltre l’orario di lavoro, da un infermiere che si è diviso in quattro, da un operatore socio sanitario coraggioso, dal valore di tantissimi che indossano il camice come una promessa. “Il nostro lavoro, certo, è esposto – racconta ancora il dottore Pinto –. Di giorno mi muovo, ausculto, ispeziono il cavo orale, tocco, metto a posto… Di sera chiudo la porta di casa e ho un po’ di paura, poi non ci penso. Ho più di cinquanta persone in carico e tre sono bambini”. Ed è in quel passaggio, da fuori a dentro, che il cuore sotto la roccia comincia a gridare. Tra speranza e dolore.


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