Il labirinto dei beni confiscati: l'Antimafia indaga sulle zone buie - Live Sicilia

Il labirinto dei beni confiscati: l’Antimafia indaga sulle zone buie

Tre mesi di audizioni su un sistema con molte falle. I racconti choc delle aziende.

L’indagine va avanti ormai da tre mesi ma durerà ancora un pezzo. Perché immenso è il mare in cui si nuota, immenso e avverso. La commissione Antimafia dell’Ars presieduta da Claudio Fava sta cercando di barcamenarsi tra le onde alte dei beni sequestrati e confiscati. Un sistema pieno di storture e disfunzioni quello che emerge dall’indagine fino a questo punto. Problemi organizzativi ma anche “di contesto”: dalle aziende che muoiono durante l’amministrazione giudiziaria a quelle che vedono i clienti sfilarsi dopo che vengono sottratte dalle mani dei boss.  

L’indagine, sollecitata dal membro della commissione Nicola D’Agostino, è ancora in uno stadio intermedio, ma, spiega Fava “emerge già una situazione abbastanza contraddittoria. Una lettera della legge lucida nel capire cosa vuole fare e una sua applicazione che si smarrisce tra contraddizioni”. Un sistema nel quale sembra che la destra non sappia cosa fa la sinistra: “Molte associazioni e aziende testimoniano che sembra che ciascun segmento dello Stato  lavori in modo autistico senza considerare gli altri”, riferisce il presidente della commissione.

Emergono dalle audizioni di associazioni e amministratori giudiziari una “estrema difficoltà a stare sul mercato e ad accedere al credito”. Sì, perché i rating in banca precipitano dopo il sequestro. E paradossalmente è più facile farsi prestare i soldi con l’azienda in mani dubbie.  

Poi c’è il problema dei condizionamenti ambientali, “che restano forti, non soltanto legati alla mafia”, spiega Fava . E vengono fuori le storie: dall’azienda della Sicilia occidentale che lavora nell’edilizia e quando si trova confiscata deve tornare sul mercato con costi del lavoro più alti perché prima usava lavoratori in nero a quella della Sicilia orientale che dopo essere stata sequestrata ha visto dileguarsi tutti i propri clienti che si sono spostati su un’azienda nuova di zecca, successivamente sequestrata. “Il contesto che rende faticoso questo recupero non è solo l’inquinamento mafioso ma anche il tessuto economico”, commenta Fava.

Ancora, c’è il caos dei bandi per l’assegnazione dei beni, “che spesso esistono solo sulla carta o non sono liberi, non si sa bene di alcuni nemmeno dove siano – riferisce Fava -. Abbiamo scritto al ministero dell’Interno che ha prorogato il bando di altri due mesi e mezzo”.

Tra le prossime audizioni in questa indagine sui beni confiscati ci saranno quelle del nuovo direttore dell’Agenzia e dei responsabili delle Misure di prevenzione dei tribunali siciliani. Ma già nell’indagine emergono dei grandi assenti, afferma il presidente della commissione: “Si registrano assenze degli enti locali, che raramente si fanno parte attiva per chiedere di avere assegnati dei beni. E poi della Regione siciliana, che potrebbe avere molte occasioni per farsi parte attiva in questo processo”.


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