Aurora, l'infermiera sul volante: "In quella foto ci sono io"

Aurora, l’infermiera sul volante: “Sì, in quella foto ci sono io”

Una foto che ha fatto il giro del web da Palermo. Mostra una giovane infermiera stremata dalla stanchezza. Ecco chi è.
LA FOTO E LA STORIA
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PALERMO- Aurora, stasera, ha preso il treno per tornare a casa, dopo il turno in ospedale. Ha mandato un messaggio. “Mi scusi, possiamo sentirci più tardi?”. Aurora ha passato un giorno in ospedale, vestita come Goldrake, in condizioni proibitive. E, una volta uscita, il primo pensiero è stato cercare il cronista che l’aveva cercata per ‘scusarsi’ del ritardo. Basta per raffigurare il garbo del suo cuore. Garbo non è una parola a caso. Secondo una etimologia deriva da un termine che indicava i pezzi a incastro delle navi antiche che combaciavano perfettamente tra di loro. Garbato è perciò colui che vive in armonia con il suo mondo. Aurora ha preso il treno, come sempre, come in una canzone, e ha guardato le luci dal finestrino oltre la mascherina. Chissà quanta stanchezza è rimasta appiccicata al suo animo pieno gentilezza. La stessa indicibile stanchezza che, mentre era su un’ambulanza in attesa del tampone di un paziente, per otto ore, davanti a Villa Sofia, l’ha portata a distendersi sul volante e a chiudere gli occhi, mentre Ninni, il suo collega-soccorritore, la fotografava. Quella foto ha fatto il giro del web. E questa è la storia. Raccontata dalla protagonista in prima persona, al telefono, dopo ore di fatica.

“Quell’infermiera sono io”

“Mi chiamo Aurora Tocco, ho ventidue anni. Lavoro all’Ospedale dei Bambini di Palermo. Sì, l’infermiera stanca della foto sono io. Mi sono addormentata. Erano le cinque del pomeriggio, eravamo in ambulanza, fermi, da sette ore. Nei miei giorni liberi, quando non sono di turno in ospedale, salgo sui mezzi del 118. Perché? Per la passione, per il mio impegno, la spinta che mi fa alzare la mattina. Sono una ragazza fortunata e mi aiuta molto la riconoscenza delle persone, quando andiamo per servizio. Qualcuno pensava che il Covid fosse tutto una finzione e adesso che, purtroppo, è positivo, si rende conto della realtà. Il Coronavirus è un nemico invisibile. Ma c’è chi lo nega anche per paura. Io vivo a Cinisi con la mia famiglia, ogni giorno prendo il treno. Sognavo di lavorare in un ospedale a sedici anni, quando frequentavo la scuola. La medicina è il mio sogno da sempre, come lo studio del corpo umano, questa macchina bellissima che può incepparsi”.

“Volevo essere utile”

Aurora racconta: “Sì, anche a scuola, volevo essere utile agli altri nel momento più brutto. La cosa importante è che noi ci siamo quando le persone hanno bisogno. E’ vero, non va sempre come speriamo e il dolore è difficile da sopportare. Io, a casa, studio nei miei pochissimi momenti liberi. Desidero migliorare, perché una cosa che si sa in più può salvare una vita. La mia famiglia mi dà la forza, anche se non poterli abbracciare è pesantissimo. Noi non siamo eroi, siamo persone. Vinceremo la battaglia per merito di tutti. Cosa penso la sera, sul treno, quando torno? Ringrazio Dio perché ho fatto il mio dovere. Non lo facciamo per lo stipendio, lo facciamo per gli altri. Ora mi scusi, sono arrivata”.
Adesso Aurora è scesa dal treno. C’è suo padre, fiero di una figlia speciale, da qualche parte che la aspetta. Si naviga nella tempesta, ognuno con la sua luce all’orizzonte. Ma gli sguardi si tengono stretti, come un abbraccio impossibile da sciogliere.


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