La battaglia per il Covid Hospital, sindaci ”pronti a ricorrere al Tar” - Live Sicilia

La battaglia per il Covid Hospital, sindaci ”pronti a ricorrere al Tar”

La protesta dei primi cittadini contro la decisione del governo regionale.

ACIREALE – “Una scelta scellerata e lesiva del diritto alla salute”. Con queste parole i sindaci di ben 16 paesi del comprensorio acese, ionico  e pedemontano commentano la decisione di convertire l’ospedale di Acireale in Covid Hospital e annunciano che non faranno passi indietro. 

La protesta dei sindaci

Non sono bastate le rassicurazioni del governo regionale, i primi cittadini restano perplessi in primo luogo per non essere stati interpellati nelle scorse settimane. E non solo. La riunione con i vertici dell’Asp non sembra avere calmato le acque. L’assenza dell’assessore competente, la benedizione del deputato regionale Nicola D’Agostino e la mancata interlocuzione con il territorio hanno fatto il resto. I riflettori restano puntati su una vasta porzione di territorio abitata da circa 230mila persone che rischia di rimanere sguarnita a livello sanitario. Come fanno notare i bene informati, la chiusura del pronto soccorso di Giarre aveva già pesato non poco sul presidio di Acireale. Ieri mattina i sindaci hanno manifestato, ribadendo le loro perplessità e annunciando l’intenzione di ricorrere al Tar. Ma andiamo con ordine. 

Le rassicurazioni non bastano

Il mantenimento del pronto soccorso all’interno del presidio di Acireale (convertito in Covid Hospital) non rassicura i sindaci. “Il pronto soccorso, per come è stato ipotizzato, risulterà un’autentica e ulteriore presa in giro, in quanto non sarà dotato di sale e di servizi, ma si limiterà a fare da centro di smistamento attraverso delle ambulanze, ancora da individuare. Inoltre, non siamo così miserabili da barattare una Tac oppure un eliporto, peraltro nemmeno certi, con la chiusura intera del nostro ospedale. Non è chiaro come e dove verranno trasferiti i reparti. Analoga incertezza riguarda il personale come il medesimo attualmente in forza potrà essere reso operativo, viste la grande professionalità ma su branche totalmente diverse della medicina”, scrivono in una nota. I primi cittadini rimandano al mittente (il presidente Musumeci) l’accusa di campanilismo e rilanciano, rivendicando un ruolo di interlocuzione negato loro diversi mesi fa. Una ferita che il Vescovo Raspanti sta tentando di ricucire annunciando di volere vestire i panni del mediatore tra amministratori locali e governo regionale per trovare una soluzione condivisa. Una notizia trapelata ieri  sera, poco prima che ad Acireale sfilasse un corteo di protesta (con la partecipazione dei sostenitori della locale squadra di calcio) contro la decisione della giunta Musumeci.

Alla ricerca del tempo perduto

Il tasto dolente riguarda la corsa contro il tempo resa necessaria dall’emergenza sanitaria. I sindaci non perdonano all’esecutivo regionale la mancata pianificazione di una soluzione in occasione dei mesi estivi e l’avere ignorato la richiesta da loro avanzata il 6 maggio scorso: individuare una struttura inutilizzata per creare un ospedale provinciale ad hoc per l’emergenza. E non solo. Anche l’ipotesi messa in campo e avallata dallo stesso sindaco D’Anna, cioè di ampliare l’ospedale di Giarre per prendere in carico i pazienti del nosocomio acese, non ha ottenuto alcun riscontro. “La differenza fra la nostra azione e quella della Regione é lampante: noi chiediamo di dialogare, chiediamo di ragionare sulle possibilità che il territorio può offrire e su quello che non può essere garantito; a Palazzo D’Orleans, invece, è stato alzato un muro, si è deciso di intraprendere la via dell’imposizione e non possiamo accettarlo”, spiega santo Caruso, sindaco di Aci Sant’Antonio. 

“Ospedali a rischio collasso”

“Se dovesse passare la linea dell’Assessore Regionale Razza perderemmo di fatto il Pronto Soccorso, che potrà accogliere solo chi si presenta spontaneamente per poi trasferirlo altrove. E verranno trasferite anche le ambulanze del 118 in arrivo, smistate in altri ospedali. Il più vicino, cioè il Cannizzaro, potrebbe trovarsi a far fronte a una mole gigantesca di richieste, rischiando il collasso”, continua Caruso. Una reazione a catena in grado di mettere in difficoltà i vari ospedali catanesi. Così l’emergenza sanitaria accende i riflettori sui problemi di sempre. E ne crea di nuovi: le visite ordinarie sono diventate delle chimere e le liste d’attesa chilometriche. Si interviene solo in casi di urgenza e un potenziale pronto soccorso, approntato in una struttura priva di reparti, sarebbe poco più che una guardia medica. Il timore, che serpeggia tra i camici bianchi, è che in ogni caso i pazienti sarebbero   trasferiti altrove ingrossando le corsie degli ospedali catanesi già in agonia. In altre parole: l’emergenza legata alla pandemia acuisce le carenze ataviche delle strutture del territorio. 

Il ricorso al Tar

E, come da copione, gli amministratori locali con le armi spuntate ma tanta buona volontà sono in trincea. “I sindaci sono vicini ai territori perché questo è un problema che colpisce la gente. Quotidianamente tanti cittadini mi manifestano la loro paura su come affrontare una gravidanza o analisi già programmate: i sindaci per il ruolo che hanno vivono le difficoltà dei propri cittadini”, spiega il primo cittadino di Acireale, Stefano Alì. Non un passo indietro, dunque. “Ci stiamo muovendo con la richiesta di sospensione del provvedimento da parte del Tar e vediamo se la regione davanti a questa levata di scudi da parte dei sindaci intende mutare atteggiamento”, attacca Alì.

Le responsabilità politiche

“La vicenda dell’Ospedale di Acireale conferma l’approssimazione dell’azione del Governo regionale, che dimostra la totale incapacità di programmare azione tempestive, concrete ed efficaci nell’affrontare quella che non è più una emergenza, trattandosi di una complessa e delicata vicenda che da mesi è in cima all’agenda politica regionale e nazionale”, ruggisce il sindaco di Piedimonte Etneo, Ignazio Puglisi. Il primo cittadino non lesina critiche a Musumeci. “La scelta di trasformare la struttura acese in un centro covid, di fatto priva un comprensorio, nel quale abitano 230.000 cittadini, dell’unica struttura ospedaliera esistente, tenuto conto che l’ospedale di Giarre ancora è chiuso. Non può invocarsi la solidarietà, quando c’è di mezzo la salute dei cittadini”, spiega. “Né può parlarsi di bieco campanilismo, atteso che i sindaci del competente distretto sanitario avevano nel marzo scorso proposto un’alternativa concreta, consistente nell’utilizzare la struttura di Giarre come centro covid, rimanendo purtroppo inascoltati”, continua. Poi sferra una stoccata ai deputati regionali della zona. “Desta non poca perplessità la posizione assunta da alcuni deputati locali (D’Agostino e Foti), favorevoli alla assurda scelta del Governo regionale di privare Acireale, e tutti i paesi del distretto, del proprio ospedale”, attacca Puglisi. E chiama in causa il proprio partito, il Pd, che lunedì scorso in direzione regionale ha preso una netta posizione sul tema votando un odg “contrario a tale modo di operare del Governo regionale e alle scelte dallo stesso adottate”.

L’intervento della senatrice Sudano

“In questi giorni ho seguito lo spiacevole scontro istituzionale tra il sindaco di Acireale e l’assessore Razza, con un soccorso immediato del Presidente Musumeci. I toni utilizzati da Razza mi hanno lasciata basita: un sindaco eletto, e che rappresenta le paure dei suoi cittadini, non può essere attaccato in quel modo volgare da nessuno, tantomeno da chi non ha mai avuto il piacere di essere eletto per il ruolo che ricopre ma nominato per stima personale”.
Lo afferma la senatrice di Italia Viva, Valeria Sudano, in merito alla vicenda della riconversione dell’ospedale di Acireale in Covid-Hospital, che chiede di abbassare i toni e ringrazia il Vescovo di Acireale, Mons. Raspanti, per la grande sensibilità dimostrata e per aver fatto da mediatore tra il Governo regionale ed i Sindaci del comprensorio “che certamente non stanno facendo una battaglia campanilistica e sterile ma stanno semmai espletando il loro ruolo essendo autorità sanitarie dei loro Comuni”. 
“Io comprendo l’emergenza, e non è il tempo delle polemiche – prosegue l’esponente Iv – ma l’Assessore Razza poteva programmare meglio in questi 4 mesi l’ondata autunnale, della quale tutti eravamo a conoscenza, ma adesso ognuno deve fare la sua parte e pertanto è comprensibile chiedere un sacrificio di utilizzo al 50%, come è stato già fatto precedentemente, e non un intero utilizzo Covid dell’Ospedale”.
“Come il governo regionale viene ascoltato in Conferenza Stato-Regioni – conclude la Sudano – Musumeci e Razza provino ad utilizzare lo stesso metodo con i sindaci siciliani. L’obiettivo è quello di trovare una soluzione che non penalizzi l’intera collettività ionica”.

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