Mazara, il padre barricato con il figlio: "Gli ho parlato e si è arreso"

Il padre barricato con il figlio: “Gli ho parlato e poi si è arreso”

Una giornata di paura. Il racconto della dottoressa Agata Misuraca, intervenuta per scongiurare il peggio
MAZARA, LA STORIA
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PALERMO- Alla fine di una lunghissima giornata, l’uomo che, a Mazara, si era barricato in casa, armato e con il figlio, minacciando di uccidersi, ha ascoltato la voce di una donna e si è arreso. E’ stata soprattutto lei a convincerlo a desistere dai suoi peggiori propositi, quali che fossero. E’ stata la voce di una persona che rammenda le anime sdrucite, in quel purgatorio di paura, a fermare un uomo, con il suo bambino, forse, prima dell’ultimo passo verso l’inferno.

Il giorno della paura

Giovedì 22 ottobre. Le forze dell’ordine circondano una casa del rione Mazara 2. Dentro c’è un padre con un’arma e il figlio piccolo. Fuori ci sono i carabinieri e la polizia. Si parla, mentre la notizia rimbalza ovunque, di dissapori familiari, in una trama, purtroppo, consueta in cui non sarebbero mancati episodi violenti contro l’ex compagna. I carabinieri chiamano in consultorio per cercare la psicologa che conosce la famiglia.
In breve tempo, proprio lei, la dottoressa Agata Misuraca, riceve la telefonata di quell’uomo in preda a una tensione nervosa fortissima, qualcosa tra il delirio e la richiesta d’aiuto. Si attiva. La dottoressa Misuraca a marzo andrà in pensione ed è sul campo da tanti anni. Risponde al telefono e si precipita dentro ore difficili che – ma lei ancora non può saperlo – avranno un epilogo rasserenante.
E’ lei che racconta: “Mi ha contattato, sì. Chi compie un’azione del genere, con quelle dinamiche, sta vivendo una sensazione di fallimento completo e quindi perde l’autostima. Ho cercato di farlo sfogare, di lavorare su una prospettiva, di contenere la sua disperazione. Lui si è sempre fidato di me. Ci sono stati vari momenti, in qualche frangente si è pensato al peggio. Le forze dell’ordine hanno agito meravigliosamente, con professionalità e controllo. Hanno molto merito nella riuscita non tragica dell’evento”.

“Devo inventarmi qualcosa”

Una grande parte del merito l’ha questa psicologa schiva (nella foto) che racconta di sé, con pudore: “Sono stata sempre innamorata del mio lavoro. Ho fatto l’Università a Roma nel Settantotto e ho iniziato in consultorio nell’Ottantasei. Sì, ne ho viste tante, ma questa esperienza rimarrà inimitabile, unica”.
Si torna a quella mattina, a Mazara. La dottoressa racconta: “C’è un bambino coinvolto con un padre barricato e disperato, so che devo inventarmi qualunque cosa, le variabili sono tante, sono fiduciosa. Bisogna evitare l’intervento per scongiurare il dramma. Gli parlo ancora, gli dico che è un buon padre, che non è una cattiva persona e che il bambino ha il diritto di vivere sereno, perché è bellissimo ed è anche merito suo. Poi saprò che ha cercato di tenere il figlio fuori dalla paura, giocando come ne ‘La vita è bella’.
Pomeriggio inoltrato, il colloquio serratissimo continua. Il padre butta via l’arma e chiede alla dottoressa Agata di rintracciare l’altro figlio, un ragazzo di ventiquattro anni. Dopo altre trattative, con i Nocs, i reparti speciali, in attesa sulle scale, la psicologa, un’assistente sociale e il figlio maggiore entrano nell’appartamento, mentre incalza la sera. C’è un uomo affranto. Chiede perdono. Dopo pochi minuti, lascia libero il bambino. E si arrende.

“Un atto di coraggio”

Commenta la dottoressa Gaetana D’Agostino, presidente dell’Ordine degli psicologi della Sicilia: “E’ andata bene, grazie anche all’intervento strutturato di una persona che sapeva cosa dire e come dirlo e che è entrata in contatto con la fragilità. Un atto di coraggio che dimostra quanto sia importante il nostro ruolo, specialmente oggi, in un passaggio di grande smarrimento”.
E la dottoressa Misuraca? Si è già allontanata dalla scena, come un’ombra gentile. Nel suo rapporto su quella giornata di purgatorio che non è diventata inferno, nell’ultimo rigo ha scritto, narrando della sua vicina pensione: “Mi congederò con un po’ di tristezza ma nello stesso tempo orgogliosa di avere sempre svolto il mio lavoro con passione, amore e professionalità con un riscontro gratificante che mi ha ripagato, nutrito e consentito di crescere a livello umano e professionale”. Grazie, Dottoressa. E grazie a chi rammenda le anime sdrucite.

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