Messina Denaro e l'attentato a Di Matteo: "Venga a dircelo..."

Messina Denaro e l’attentato a Di Matteo: “Venga a dircelo…”

Parla il neo pentito Geraci. Il boss D'Ambrogio era scettico sul via libera del latitante comunicato con una lettera

PALERMO – “Se vuole l’attentato perché non viene lui a dircelo?”. Così diceva Alessandro D’Ambrogio sul progetto di morte che doveva colpire il magistrato Nino Di Matteo. Il “lui” era riferito a Matteo Messina Denaro.

L’allora reggente del mandamento di Porta Nuova non credeva che il latitante avesse dato il via libera all’attentato.
Il retroscena emerge dal secondo verbale depositato del nuovo pentito di Porta Nuova Alfredo Geraci.


Geraci il 24 settembre scorso ha raccontato dello scetticismo di D’Ambrogio, in quegli anni boss di alto profilo, sul fatto che Matteo Messina Denaro avesse dato il via libera all’attentato spedendo una lettera a Girolamo Biondino. Geraci riferisce che “Alessandro D’Ambrogio ci ha raccontato ad una cena alla trattoria del Diavolo, dove eravamo io, Nino Ciresi e Antonino Serenella, di una riunione in cui si discorreva dell’attentato al procuratore Di Matteo, richiesto in una lettera arrivata da Matteo Messina Denaro che Girolamo Biondino gli aveva fatto leggere”.

Secondo il racconto del collaboratore “D’Ambrogio a riguardo diceva di essere scettico sulla provenienza di tale lettera e di non concordare su tale attentato in particolare affermando ‘se vuole l’attentato perché non viene lui a dircelo?'”. Geraci e l’uomo che mise a disposizione l’appartamento all’Albergheria dove si svolse la riunione per programmare l’attentato. Un attentato di cui hanno già parlato Vito Galatolo e Silvio Guerrera. Il primo è uno dei protagonisti principali visto che mise a disposizione i soldi per acquistare il tritolo mai trovato nonostante le tante perquisizioni degli investigatori.

Al momento si conosce soltanto il verbale riassuntivo. Resta da capire quali siano state le frasi complete con cui D’Ambrogio, pezzo da novanta di quella mafia, si definiva scettico sulle lettere di Messina Denaro. Il latitante che tutti cercano avrebbe scritto non una ma due missive, a distanza di pochi giorni l’una dall’altra, recapitate a persone super controllate, tanto da essere state poi tutte arrestate, senza che nessun investigatore li abbia intercettate. Nelle missive Messina Denaro si firmava “il fratellone”.

E intanto solidarietà viene espressa da tutto il Csm a Di Matteo, ritenuto oggetto di “trame mafiose”. Trame “ancora attuali , come sottolineano i pm di Caltanissetta” ha detto in apertura del plenum la togata di Magistratura Indipendente Paola Braggion a nome dei colleghi, esprimendo sostegno a Di Matteo “per il suo instancabile impegno contro le associazioni mafiose”. Una vicenda che rappresenta un monito a “tenere alta l’attenzione di tutte le istituzioni contro le mafie che tentano di erodere lo Stato dalle sue fondamenta e e tentano di colpirne i rappresentanti”. E che è stata anche l’occasione per esprimere “vicinanza” a tutti i magistrati impegnati in prima linea contro le mafie . Parole a cui si è associato a nome di tutto il Csm il vice presidente David Ermini:”un abbraccio forte a Di Matteo che ha sempre tenuto duro”.


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