Ristoratori, c'è chi si inventa il menu "smart working" - Live Sicilia

Ristoratori, c’è chi si inventa il menu “smart working”

Qualche ristorante ha chiuso, altri si riorganizzano con asporto e domicilio. Le storie.

Dopo l’ultimo Dpcm, alcuni ristoratori hanno deciso di fermarsi. Altri s’inventano nuovi modi per rimanere aperti e continuare a cucinare per i palermitani. Come il caso del ‘Ristorantino Leone’ e de ‘La brasserie Valderice’, le due realtà si sono riorganizzate anche per dare un’occasione di lavoro ai dipendenti. 

La porta resta aperta in questi locali, tra delivery e asporto preparano il pranzo e la cena per i clienti che scelgono i loro piatti. È nato proprio per questa emergenza il menù ‘smart working’ del ‘Ristorantino Leone’, già durante il lockdown aveva sfidato la sorte reinventandosi l’attività. Piatti caldi e freddi, da ordinare e consegnati gratuitamente a domicilio. Nella nuova carta ci sono anche pizza, sushi e condimenti per pasta. Inventiva, problem solving, ottimismo e rischio, Alessandro Azzimati sta giocando le sue carte con la speranza di vincere una partita non semplice. “Stiamo tenendo duro – racconta – non voglio abbattermi. Ho richiesto una nuova licenza, adesso all’interno del mio ristorante c’è un piccolo minimarket con beni di prima necessità. Investendo e sostenendo delle spese, cerco di far fronte al fabbisogno della mia azienda. Abbiamo creato un packaging – spiega – adatto a contenere e mantenere la qualità dei nostri piatti. Ci siamo adattati alla situazione”.

È realista Azzimati, secondo il ristoratore il periodo sarà molto più lungo del previsto: “Penso che prima di febbraio non si ritornerà a un minimo di normalità”. Pensa anche che per Natale non allenteranno le restrizioni.  “Per noi il periodo natalizio è importante”. Poi si sfoga: “Sono parecchio arrabbiato, non perché non credo al Covid, ma perché le regole non sono applicate nelle stesse misure per tutti. Nei centri commerciali basta misurare la temperatura all’ingresso e può entrare chiunque. Invece, i ristoranti, luoghi sanificati e dove si rispettano distanziamento e contingentamento, devono restare chiusi. È un accanimento contro la categoria. Siamo gli unici a dover pagare il pegno? Vogliamo regole uguali per tutti. Da ottanta posti siamo scesi a venti, permetteteci di continuare a lavorare e di non affogare”. Per Azzimati la vera perdita non è il mancato incasso ma la possibilità che i membri del suo staff trovino altro. Il ristorante al momento ha tre persone operative e quattro in cassa integrazione. “Ho paura di perdere i miei dipendenti, personale qualificato che ho formato negli anni e ricostruirlo è difficile”.

Prova a resistere anche ‘La brasserie Valderice’, tipico ristorante di cucina francese aperto da circa 23 anni a Palermo. “Non abbiamo molta scelta – dice il proprietario Karime Allali – dopo sei mesi di chiusura avevamo riaperto l’8 settembre e non possiamo permetterci di abbassare nuovamente la saracinesca. Cerchiamo di combattere e per dare un piccolo lume di speranza ai nostri clienti”. Il ristorante ha ridotto il personale, in operativo un solo dipendente e tre in cassa integrazione. “Considerata la particolarità della nostra cucina, abbiamo scelto alcuni piatti più semplici per l’asporto”. Per quanto riguarda la consegna a domicilio, il ristoratore ha deciso di non affidarsi a terzi ma è svolta sempre da loro. Mentre per i clienti che ritirano, direttamente, è applicato uno sconto. “È un modo per vedere il cliente – dice Allali – i siciliani non ti abbandonano e l’hanno dimostrato in questi mesi. Diversi i messaggi che riceviamo dai nostri clienti, il loro affetto ci permette di andare avanti, anche se gli incassi non ci sono”.  

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