Di Pasquale a Musumeci: “Ragusa diventi zona rossa” - Live Sicilia

Di Pasquale a Musumeci: “Ragusa diventi zona rossa”

Numeri provinciali poco incoraggianti.

“La provincia di Ragusa va dichiarata zona rossa: non c’è tempo da perdere”. Il deputato regionale del Pd, Nello Dipasquale, lo dice espressamente chiamando in causa Nello Musumeci. 

Dati poco incoraggianti

Preoccupazioni queste già espresse dal deputato che dieci giorni fa aveva scritto una missiva al presidente della Regione chiedendogli di intervenire in maniera tempestiva. Due le variabili prese in considerazione: il numero di contagi in rapporto alla popolazione e la precaria tenuta del sistema sanitario ibleo. Una richiesta rinnovata e oggi corroborata dai dati che non possono lasciare indifferenti. “Nove morti in occasione della prima ondata, oggi siamo arrivati a settantasei”, spiega Di Pasquale. Il riferimento è al dato provinciale: il 18 maggio, a fine lockdown, si registravano 94 casi e 9 persone decedute, il 17 novembre si arriva a 4318 casi riscontrati e 76 morti. 

L’appello a Musumeci

“Di chi sono le responsabilità?”, si chiede e poi pungola Musumeci. “Perché Vittoria con 474 contagi e un sistema sanitario che non era appesantito come lo è adesso è stata decretata zona rossa e Ragusa con oltre 700 contagi no? Che cosa stiamo aspettando?”.  Poi la richiesta: “Chiedo a Musumeci di essere consequenziale e dichiarare Ragusa zona rossa”.  A destare non poche preoccupazioni è l’andamento dei contagi in rapporto alla popolazione. “Ragusa è la prima provincia del meridione per numero di nuovi contagi nei dati del Sole 24 Ore”, argomenta Di Pasquale che chiede espressamente di “chiudere tutto”. 

La foto del sistema sanitario ibleo

Cifre che preoccupano come conferma il direttore generale dell’Asp di Ragusa, Angelo Aliquò che scatta una fotografia dello stato dell’arte della situazione. “Se facciamo una proporzione rispetto a Palermo o a Catania in termini di popolazione siamo molto più colpiti. Quasi il doppio rispetto a Palermo, ma non è tanto il numero dei positivi a preoccuparci quanto la pressione sugli ospedali”, argomenta. “Il problema è che gli ospedali sono da alcuni giorni quasi arrivati al massimo che avevamo previsto”, dice. “E’ vero che abbiamo aumentato la capienza di posti Covid, ma il personale è rimasto lo stesso”, continua Aliquò che tesse le lodi dei camici bianchi che ogni giorno operano in condizioni avverse. “C’è un grande sacrificio da parte del personale sanitario che sta affrontando un’emergenza  con grande coraggio e sono veramente pochissimi quelli che si sono tirati indietro”, dice. 

“Manca il personale medico”

L’emergenza sanitaria, del resto, non fa altro che svelare carenze e criticità presenti a monte nel sistema Paese. “Il personale non si trova dietro l’angolo, il problema è un altro. Considerando che le scuole di specializzazione sono state ristrette in tutta Italia è ovvio che non avendo sufficiente capacità di gestire i reparti per assenza di personale si deve agire affinché si fermi il contagio”, spiega. “Oggi abbiamo 140 ricoverati, ieri ne avevamo 140 perché, per fortuna qualche paziente lo abbiamo dimesso: siamo in una media di 200 nuovi positivi al giorno e di questi qualcuno lo dobbiamo ricoverare, è ovvio che se aumentano il problema non lo risolviamo”, spiega. “Abbiamo accolto tutti, ci sono i reparti e i pronto soccorso pieni: ci sono state delle criticità ma le abbiamo risolte”, racconta. “Lavoriamo in modo serrato e stiamo reggendo, ma se l’impatto è maggiore di quello abbiamo oggi non so quanto possiamo durare: si deve calmierare la curva del contagio perché ogni tot di contagiati c’è chi ha bisogno del ricovero e lì diventa un problema”, spiega. 

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