Estorsione in nome dei Cappello: tre arresti della Squadra Mobile

Estorsione in nome dei Cappello: tre arresti della squadra mobile

Le indagini sono scattate dopo la denuncia di un imprenditore. VIDEO

CATANIA – Nella mattinata del 27 novembre, su delega di questa Procura Distrettuale della Repubblica, la Polizia di Stato di Catania e di Enna ha dato esecuzione ad un’ordinanza di applicazione di misura cautelare della custodia in carcere, emessa il 23 novembre 2020 dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di 3 soggetti.

I nomi

Si tratta di Salvatore Fichera (classe 1986), Fabio Miceli (classe 1980), Antonio Moschetto (classe 1969), ritenuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di tentata estorsione con l’aggravante di essersi avvalsi della forza di intimidazione e della condizione di assoggettamento e di omertà tipiche dell’associazione mafiosa.

La denuncia di un imprenditore

Il provvedimento restrittivo compendia gli esiti dell’attività di indagine, coordinata dalla Procura Distrettuale di Catania – DDA e condotta dalla Squadra Mobile etnea scaturita da una richiesta estorsiva, mediante il metodo del “cavallo di ritorno”, diretta ad un imprenditore ennese, titolare di una ditta operante nel settore del movimento terra, a cui era stato chiesto, con sottili e dirette minacce, di pagare delle somme di denaro per la restituzione di mezzi aziendali che gli erano stati rubati.

Le indagini

Le indagini, condotte dalla Squadra Antiestorsioni, hanno consentito di accertare che il contesto criminale di riferimento era riconducibile al clan Cappello – Bonaccorsi, che controlla, tra l’altro, il territorio di San Giorgio, dove l’imprenditore aveva avviato i propri cantieri edili.  In tale contesto, nonostante il successivo rinvenimento dei mezzi trafugati alla vittima da parte delle Forze dell’Ordine, gli indagati, ostentando spregiudicatezza e senso di impunità, pretendevano che l’imprenditore si sentisse comunque obbligato a pagare una somma di denaro, seppure inferiore, per un loro imprecisato “interessamento”. 

La vicenda

La vicenda rappresenta una delle forme tipiche con cui le organizzazioni criminali operano e controllano il territorio, imponendo una “tassazione” da corrispondere per ottenere l’autorizzazione a svolgere l’attività imprenditoriale nelle zone in cui esercitano la loro influenza criminale. A seguito delle indagini, corroborate anche dalla fattiva e fondamentale collaborazione della vittima, gli attori della tentata estorsione, ciascuno nel proprio ruolo, sono stati identificati in Fabio Miceli, Antonio Moschetto e Salvatore Fichera, quest’ultimo organizzatore del reato. Nonché cognato di Calogero Giuseppe Balsamo, inteso “Pippo Balsamo”, esponente di vertice della consorteria mafiosa Cappello-Carateddi, già destinatario nel 2018 di provvedimento restrittivo emesso dall’A.G. di Caltanissetta, per analoghe condotte poste in essere in danno di alcuni commercianti ed imprenditori, tra i quali anche la vittima della tentata estorsione in disamina (la cui impresa ha sede in territorio ennese).

Quanto agli indagati Miceli e Moschetto, giova evidenziare che gli stessi hanno assunto il tipico ruolo dell’“amico buono”, in quanto, muovendosi apparentemente come soggetti interessati ad aiutare la vittima a risolvere la vicenda, agivano, piuttosto, al solo fine di convincerla a cedere alle richieste estorsive.

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