Covid, la beffa dei dati: “Tra i guariti anche una morta” - Live Sicilia

Covid, la beffa dei dati: “Tra i guariti anche una morta”

Se non fosse un dramma, che suona come una beffa, qualcuno griderebbe al miracolo. Purtroppo non è così.

CATANIA – Per il sistema di tracciamento dei dati dell’emergenza coronavirus è, ufficialmente, “guarita” e, addirittura, può finire l’isolamento. Potrebbe tornare a fare la spesa e incontrare i suoi cari. Purtroppo, nella realtà, è morta, uccisa proprio dal coronavirus.

Se non fosse un dramma, che suona come una beffa, qualcuno griderebbe al miracolo. Ma, purtroppo, si tratta soltanto dell’ennesimo problema nella gestione del tracciamento di chi è positivo, di chi è contagiato e ha bisogno di cure e di chi, drammaticamente, ha perso la vita.

Il caso

Il suo nome compare nell’elenco ufficiale dei guariti dal Coronavirus del 3 dicembre, come LiveSicilia ha verificato, dopo una segnalazione. Ma, purtroppo, è morta il 18 novembre. Dopo la signora intubata, che poteva “concludere l’isolamento essendo trascorsi 21 giorni dal tampone positivo”, c’è un altro episodio che apre seri dubbi sull’automatismo previsto dall’ultimo Dpcm del governo Conte.

Il sistema

Come ha spiegato il commissario anticovid Pino Liberti, infettivologo molto noto, “le persone che non presentano sintomi possono interrompere l’isolamento dopo 21 giorni. Su indicazione del ministero della salute dobbiamo produrre un certificato di fine isolamento, tranne che per gli immunodepressi, oppure per quelle persone che vivono con un immunodepresso”.

L’applicazione di questo meccanismo, nell’ultima settimana, ha fatto lievitare del 30% i guariti. Solo che tra quei numeri compresi nel riquadro verde, c’è finita anche una signora che ha perso la vita.

La teoria

“Secondo gli esperti del ministero – ha detto ancora Liberti – una persona che non presenta sintomi non è più in grado di contagiare”.

La verifica

Gli uffici preposti stanno gestendo una mole impressionante di dati. Forse, però, i componenti degli staff sanitari, alcuni dei quali percepiscono 10mila euro al mese lordi, dovrebbero verificare meglio che una persona non “presenti sintomi”, prima di ritenerla idonea a finire l’isolamento. Soprattutto quando, purtoppo, ha perso la vita da 15 giorni.

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