Con le lacrime al banco dei pegni: “La collanina per il cibo” - Live Sicilia

Con le lacrime al banco dei pegni: “La collanina per il cibo”

I nuovi poveri in fila, nel quartiere della Catania bene, per lasciare l'oro in cambio di soldi.

CATANIA – “Ho lasciato la mia collanina del battesimo per poter fare la spesa”. Corso Italia, nel cuore della Catania bene i nuovi poveri sono in fila al banco dei pegni. “Qui portiamo l’oro che abbiamo in casa, regalini dell’infanzia, braccialetti dei primi amori, la collana della mamma”.

Quell’incrocio

Crocevia, da sempre, dello shopping, l’incrocio a due passi da via Monfalcone è meta, da qualche mese, di uomini e donne di qualunque età. Dal disoccupato 40enne, alla signora licenziata da un noto albergo per colpa della crisi da covid-19. Ogni passo, verso l’ingresso del banco dei pegni, ha un peso. E lei, con i capelli ben curati, trattiene a stento le lacrime: “Non pensavo, che all’improvviso, sarebbe cambiato tutto. Mi hanno licenziato dall’albergo, ma ero stata assunta da qualche mese, quindi non ho diritto alla cassa integrazione”.

“Solo problemi”

Il reddito dell’anno precedente fa cumulo, quindi niente reddito di cittadinanza. “Sto portando tutto quello che ho a casa in garanzia – dice ancora la signora – so che a stento riuscirò ad avere qualche centinaio di euro, devo pagare le bollette, non voglio che i miei figli, costretti a casa per questa specie di lockdown, non possano neanche guardare la televisione”.

La crisi

Sono sparite le pubblicità delle grandi marche, al Corso Italia. Non si contano, invece, i cartelloni dei “Compro oro”. Uno ad ogni angolo. Il messaggio è chiaro, come il prezzo. Quando mancano certezze ci si rifugia nell’oro, per chi può. E così si va al banco dei pegni, per avere subito qualcosa, con la speranza di poter riscattare tutto in tempi migliori.

La speranza

“Rinnoviamo la polizza ogni tre mesi, paghiamo gli interessi – dice una quarantenne licenziata da un ristorante, mentre tiene per mano la madre pensionata – paradossalmente potremmo anche pagare più di quello che abbiamo ricevuto, col tempo, ma con gli oggetti che lasciamo c’è un rapporto particolare, ci ricordano momenti di festa, di gioia, affetti che non ci sono più”. Il suo sguardo si perde, per pochi istanti, nel vuoto. “La spensieratezza mi manca, la possibilità di sperare, di avere speranza. A 40 anni mi sono resa conto che non servo a niente, mia madre pensionata del pubblico impiego porta avanti la famiglia, io so che non mi potrò sposare, che probabilmente la mia vita non cambierà e con il covid è arrivato il colpo di grazia. Mi hanno licenziata e non se ne parla di lavorare”.

“Vorrei un Natale normale”

Non si contano le botteghe chiuse. Chi ha resistito espone i primi addobbi natalizi. “Mi piacerebbe poter pensare allo shopping”, confida una vedova 50enne mentre tiene in mano il numero 89. Sono da poco passate le dieci del mattino: “Vorrei che fosse un Natale come gli altri che ho vissuto, con quella certezza di stare bene”. Poi la guardia giurata chiama il numero. È arrivato il suo turno, l’oro l’ha nascosto in un sacchetto dentro i pantaloni. “I miei figli hanno pianto per la fame, per loro sono pronta a tutto”.

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