Etis, crisi nello stabilimento dei Ciancio: appello dei dipendenti - Live Sicilia

Etis, crisi nello stabilimento dei Ciancio: appello dei dipendenti

Le parole di Luca Taormina, uno dei 33 lavoratori storici dello stabilimento. “Non possiamo chiudere”.

CATANIA – “I miei colleghi mi chiamano la mattina dicendo che vogliono togliersi la vita. Stiamo vivendo una tragedia e non sentiamo gli attuali vertici vicini”. Le loro vite professionali sono in bilico, sospese, come gli ultimi fogli che ancora girano, tra il piombo e l’inchiostro. Alla Etis, uno dei più importanti gioielli tipografici del Mezzogiorno, i lavoratori stanno per iniziare una protesta “atipica”, alle 18.00 vorrebbero bloccare le rotative. Mentre si affidano allo storico proprietario, Mario Ciancio, “un cavaliere, un gran signore – dice Luca Taormina, uno dei dipendenti più agguerriti – chi è venuto dopo di lui, però, ha abbandonato l’azienda”.

Figlio d’arte

Luca Taormina sta guidando gran parte dei lavoratori in questa fase. Trentotto anni, è figlio d’arte. Il padre Alfio è stato, per anni, uno degli uomini di punta dello stabilimento, uno dei più impegnati. Lavoratori che hanno trasformato l’azienda nella propria casa, attendendo l’alba mentre i quotidiani più importanti vedevano la luce. Lavorando con ritmi frenetici per rispettare le consegne dei committenti. Tra i quali, uno dei più importanti è stato, da sempre, La Sicilia, storico quotidiano che, da qualche giorno, viene stampato a Messina.

Nella zona industriale, oltre alle rotative, rischiano di fermarsi le speranze di 33 persone. E rischia, soprattutto, di venir meno uno dei pilastri tipografici della Sicilia. Luca Taormina non lo accetta e lo abbiamo intervistato.

Cosa sta succedendo alla Etis adesso?

“In poche parole, avevamo congelato lo sciopero iniziato il 25 novembre, avevamo ottenuto lo stipendio di ottobre e un acconto per novembre. Il 4 dicembre doveva continuare la discussione sugli altri emolumenti e la tredicesima. Ma soprattutto dovevamo parlare del piano del personale e di cosa stesse facendo l’azienda per ricollocarci”.

Cosa è accaduto il 4 dicembre?

“La proprietà ha mandato una mail dicendo che l’appuntamento è saltato per mancanza di soldi. Ma la riunione era per parlare e capire cosa volessero fare in questo mese”.

Si parlava del ricollocamento di dieci dipendenti?

“Non è vero, l’informazione deve essere fatta in maniera corretta, l’azienda non ha neanche un piano per ricollocare qualcuno ufficialmente. Non è stato fatto alcun tipo di sforzo. Non c’è un piano di esodi incentivati, siamo qui a lavorare e non si sa domani cosa potrebbe accadere”.

Quali sono le opportunità che si potrebbero cogliere per rilanciare la Etis?

“Innanzitutto dobbiamo tenerci la stampa de La Sicilia, cosa che, durante una riunione, io ho detto a Mario Ciancio, ovvero di non trasferire il giornale a Messina. Per una settimana Mario Ciancio ha provato di tutto per portare avanti questa strada. Ma gli attuali manager non hanno creduto in questa cosa”.

Il problema è economico?

“Sì, ma subentrano i contratti in essere. Messina non è detto che sia contenta di avere La Sicilia, ma ha anche l’Avvenire, che rappresenta una fetta di fatturato importante. Quindi, 4 mesi prima della scadenza naturale del contratto con la Etis, Avvenire se ne sta andando e stanno firmando a Messina il preliminare. Siamo seccati perché c’è troppo silenzio, non ci aggiornano, non abbiamo speranza né certezza”.

In questo momento lo stabilimento cosa stampa?

“Avvenire, Italia Oggi e Milano e Finanza. Ma Avvenire potrebbe andare via già a metà dicembre, le altre due rappresentano un fatturato minore, qualche centinaio di migliaia di euro”.

Qual è la cosa che vi fa più rabbia?

“Questi 5 anni di ammortizzatori sociali, che dovevano servire a ristrutturare l’azienda, hanno prodotto l’effetto contrario, l’azienda non ha colto l’opportunità. Abbiamo lavorato molto di più del pattuito, con la speranza che questo momento avrebbe prodotto nuovi frutti”.

Cos’è successo alla scadenza degli ammortizzatori?

“Doveva essere il 31 dicembre, ma c’è la cassa Covid, l’ultimo mese che avevamo è stato interrotto e sono iniziate 9 settimane di cassa Covid. Non so se attiveranno le altre. Il problema è che non ci sono testate da stampare. Non accettiamo che ci lascino in cassa Covid senza progetti. Non sono stati fatti investimenti, ma involuzioni”.

Come è stata la parentesi degli amministratori giudiziari?

“Una parentesi meravigliosa. Soprattutto per il ruolo di Luciano Modica, che ha gestito 25 aziende. Aveva preso a cuore Etis, avevamo molti arretrati, eravamo a terra, in 7 mesi hanno regolarizzato tutto, facendo quadrare i conti e chiudendo i bilanci 2019 in attivo. Avevano fatto un piano di investimenti, con l’intenzione di acquistare una nuova rotativa per continuare a stampare Repubblica. Quando le aziende sono tornate a Ciancio i bilanci sono tornati in passivo e tutto è andato sempre indietro”.

Quindi c’era un progetto?

“Modica ci aveva detto che l’azienda si poteva sostenere, il comparto stampa funzionava. Quello che non funziona è il resto, ci sono molte realtà collegate alla Etis, che sostiene i costi. Il comparto stampa si reggeva bene, addirittura c’erano stati utili”.

Cosa farete oggi?

“Uno sciopero anormale, non possiamo fare il picchettaggio, uno sciopero della stampa. Quindi, con molta probabilità, non usciranno Avvenire e gli altri due giornali”.

Non si danneggia l’azienda bloccando queste stampe?

“Sì, dovranno giustificare questa cosa”

Non si può recuperare il dialogo, non c’è un’alternativa?

“No, perché abbiamo mandato una mail e speravamo in una chiamata dell’azienda, ma ci hanno risposto con un funzionario in pensione che ha detto che i pagamenti sono regolari, che manca solo una parte di novembre. Ma il problema non sono i soldi, è la programmazione”.

Quanti sono i lavoratori a rischio?

“Sono 33”.

Che messaggio mandate ai Ciancio?

“Il messaggio è che in un momento così difficile e incerto chiediamo la loro presenza fisica, giornaliera, il loro rassicurarci per il futuro. Anche se dovesse trattarsi di un licenziamento. Ma li vogliamo vicini, è come se loro stessero scaricando i problemi agli altri. Chiediamo ai Ciancio di essere attivi e partecipi delle problematiche. Di aggiornarci di quello che sta succedendo. E di rilanciare questa azienda con scelte opportune”.

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