Strade piene, negozi vuoti: "Altro che corsa ai regali di Natale" - Live Sicilia

Strade piene, negozi vuoti: “Altro che corsa ai regali di Natale”

Via Ruggero Settimo, a Palermo
Inizio dicembre in salita, gli acquisti sembrano un'attività marginale. "Solo voglia di passeggiare"

PALERMO – I primi giorni di dicembre riempiono le strade ma non le casse dei commercianti, che speravano in una corsa ai regali di Natale più lanciata. In Sicilia la prima settimana del mese riconsegna un bilancio tutt’altro che positivo per i piccoli e medi imprenditori, soprattutto quelli del settore moda. Rispetto all’andamento del 2020 gli addetti ai lavori constatano una lieve crescita degli affari, ma in rapporto all’anno scorso il calo è drastico e raggiunge punte dell’85 per cento.

Il tamtam di chat e telefonate fra colleghi è ormai una costante, all’insegna di una nuova collaborazione che ha preso il posto della competizione come accaduto ai ristoratori della città. I diversi racconti di alcuni rappresentanti del settore sono in linea fra loro: i palermitani affollano le strade del centro, hanno voglia di interagire il più possibile (restrizioni permettendo) ma di fatto non entrano nei negozi o non comprano. Numeri alla mano, lo scenario rispecchia un’economia siciliana che continua a frantumarsi e che non risparmia il Natale.

“Danni per tre o quattro anni”

“In quest’ultimo periodo c’è sempre stato un certo ‘passeggio’, ma va interpretato – fa presente Mauro Leone, titolare dello storico Leone store in via Roma, a Palermo –. Tanta gente non ce la fa più a stare a casa e decide di fare un giro, ma non per forza va a fare compere. Le vendite sono migliorate rispetto ai giorni scorsi, ma è un miglioramento marginale dovuto alla corsa ai regali in vista delle feste. Insomma non si riesce a dire che finalmente si lavora”.

Per la propria attività Leone rileva “cali di vendite di oltre la metà rispetto all’anno scorso, ma coi costi fissi sempre stabili se non in aumento”. Il pensiero del commerciante va anche ai dipendenti, “che passeranno anche loro un Natale triste e complicato: non c’è una mole di affari tale da poter impiegarli tutti, quindi si ritrovano a passare continuamente dalla cassa integrazione al lavoro vero e proprio. Facendo una sintesi si può parlare di danni che i commercianti a cui andrà meglio potranno recuperare in tre o quattro anni”.

“Scenario tragico da Palermo a Catania”

Il cerchio si allarga con Marco Di Giovanni, titolare dei negozi ‘X-Ray’, ‘La Camise’ e ‘Di Giovanni’, e presidente della Fimo Assoimpresa Sicilia, che raccoglie giornalmente i dati del disastro. “In questa prima settimana registriamo un calo fino all’80 per cento in confronto all’anno prima, uno scenario tragico – commenta –. Sono dati che accomunano tutta la Sicilia, da Palermo a Catania, altra zona tradizionalmente forte nell’ambito della moda. Rispetto agli anni passati vediamo che nei negozi non si entra proprio, prima di tutto per paura del Covid ma anche per paura delle conseguenze: si evita di spendere soldi, se poi si rischia un nuovo lockdown e di non avere più niente”.

Secondo Di Giovanni, il commercio paga un misto fra problemi generici e prettamente legati alle festività: “La salute è la priorità assoluta – dice – quindi salteranno i tradizionali cenoni in famiglia e così anche il momento dello scambio dei regali. E non avendo l’occasione di scambiarseli, molti nemmeno li comprano. In più che interesse può mai esserci nel regalare capi d’abbigliamento, visto che è quasi tutto chiuso e non c’è modo di sfoggiarli?”.

I dati siciliani di Fimo Assoimpresa sono impietosi, soprattutto quelli relativi agli affari di domenica scorsa. Di Giovanni ammette che alcuni imprenditori “in tutta la giornata hanno incassato anche solo trecento euro, quando la stessa domenica del 2019 ne avevano fatti seimila”. La situazione di ogni associato è diversa ma tutte partono da una base di gravi perdite: “Per esempio c’è chi possiede decine di punti vendita in tutta la Sicilia e attesta un -70 per cento rispetto al 2019 – racconta il presidente – oppure chi ha due o tre negozi da 200 metri quadri, tratta capi da minimo 300 euro ma ne incassa duemila totali in tutta la giornata. In pratica non si vende nulla”.

“C’era solo la voglia di passeggiare”

“Dai tanti contatti con piccoli e medi imprenditori emergono proprio questi dati – conferma anche Massimiliano Mangano, responsabile dell’area Commercio di Confesercenti e titolare di Gaia calzature –. Un input c’è stato, soprattutto sabato, ma parliamo di un’enorme differenza con l’anno scorso che non è stato nemmeno strepitoso”. Così anche Mangano rileva un crollo delle vendite nella prima settimana di dicembre “del 70 per cento in media, con picchi fino all’85 per cento. Sabato ho avuto modo di osservare anche via Maqueda – aggiunge – essendo titolare anche di un’attività di ristorazione che si trova lì: era piena di gente ma c’era solo la voglia di passeggiare. Con l’occhio del commerciante guardi se hanno in mano le buste dei negozi… Ce n’erano poche”.

Centri commerciali chiusi, nessuno ‘vince’

Alcuni negozianti sono rimasti sorpresi dall’assenza di un ‘vantaggio’ che invece era atteso: quello dato dalla chiusura dei centri commerciali prevista dalla normativa. Di Giovanni osserva che “era la prima domenica del mese e i siciliani potevano di nuovo spostarsi anche in provincia, ma al contrario delle aspettative non si sono riversati nei negozi più piccoli”. Mangano invece descrive lo stato d’animo di coloro che la chiusura dei centri commerciali la subiscono da protagonisti: “Un grave danno. Se contiamo tutte le chiusure fra festivi, prefestivi, il sabato e la domenica, praticamente a partire da oggi avremo solo tredici giorni di apertura in tutto dicembre”. In ogni caso tutti gli intervistati sono d’accordo su un aspetto: “A spuntarla sono sempre le grandi catene, che resistono alla crisi con svendite straordinarie a prezzi bassissimi. Ecco perché vediamo lunghe file fuori da questi negozi, oltre che a causa degli ingressi contingentati”.

Ma qualcuno riesce a sorridere

Chi può tracciare un bilancio positivo infatti è un grande marchio come La Rinascente. “Certo sarà un Natale diverso e sono diversi anche gli acquisti, ma nel quadro generale della pandemia siamo soddisfatti”, dicono dal gruppo che ha negozi anche a Palermo e Catania. Pur non negando che “il fatturato presenterà ovvie perdite”, Rinascente sottolinea di aver puntato sulle “misure di sicurezza che hanno portato il cliente a fidarsi e riconoscere i negozi Rinascente come luoghi sicuri. Sia a Catania che a Palermo”. Per il resto, molto sembra aver a che fare con la ‘potenza di fuoco’: a differenza dei piccoli imprenditori, La Rinascente ha potuto imbastire campagne commerciali come “il Black Friday che quest’anno è durato undici giorni e non uno solo, ed è terminato il 30 novembre. Questo ha ‘trainato’ anche le vendite e i flussi di clienti di dicembre”.

“Fatturato giù del 20 per cento solo nei primi giorni”

Al netto di chi ‘esulta’, il quadro generale di inizio dicembre resta tragico anche estendendo il campo. Lo spiega Patrizia Di Dio, presidente di Confcommercio Palermo e vicepresidente nazionale dell’associazione: “Per la Sicilia ad agosto avevamo previsto una riduzione dei consumi in Sicilia di 5 miliardi, ma abbiamo fatto una rivalutazione. Ora si attesta a 8 miliardi in meno. Se li ‘spalmiamo’ fra ottobre, novembre e dicembre, possiamo considerare approssimativamente che nel mese corrente verranno persi circa tre miliardi in consumi”. Altro campanello d’allarme è il calo del fatturato siciliano, “già arrivato a -20 per cento solo nei primi giorni di dicembre – spiega Di Dio –. È un momento di assoluta incertezza, i consuntivi si fanno giornalmente o addirittura a metà giornata per cercare di comprendere flussi e comportamenti della clientela”.

Da queste continue analisi emerge “una propensione al risparmio di due tipi, che inevitabilmente coinvolge gli acquisti per Natale: intanto ci sono meno occasioni di spesa, a prescindere dai regali, perché per esempio non si mangia fuori nei weekend o non si fanno gite fuori porta. E poi la gente pondera le proprie scelte in vista di tempi più duri. Questo mix si aggiunge al Dpcm e porta al fatto che quest’anno anche i regali saranno molto limitati”.

Del resto Di Dio ricorda che una certa tendenza era già in atto lo scorso anno: “Una nostra ricerca nazionale del 2019 aveva rilevato che il 68 per cento degli intervistati prevedeva un Natale più dimesso; quest’anno lo pensa l’85 per cento. In Sicilia, alla domanda ‘farà regali a Natale?’ rispondeva di sì l’82 per cento, adesso si tratta del 70. Però ce la stiamo mettendo tutta – conclude – e dopo la disillusione e la rabbia stiamo reagendo con le nostre forze. La paura si sta incanalando verso nuove forze”.


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