La "tela" mafiosa dei Cappello: confermati 20 anni al boss Salvo - Live Sicilia

La “tela” mafiosa dei Cappello: confermati 20 anni al boss Salvo

Raffica di condanne da parte della Corte d'Appello di Catania. Si chiude il secondo capitolo del processo figlio del blitz Penelope.
STRALCIO ABBREVIATO
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CATANIA – Non è servita la lettera di ‘dissociazione dal clan’ a Massimiliano Salvo U Carruzzeri. Ritenuta “tardiva” dal pg Antonio Nicastro nella requisitoria, la Corte d’Appello ha confermato la pena di 20 anni di reclusione inflitta dal gup due anni fa nei confronti del boss della cosca Cappello. Si chiude, dunque, con una raffica di condanne il processo d’appello (stralcio abbreviato) scaturito dalla maxi inchiesta Penelope che nel gennaio 2017 ha disarcionato le redini criminali dell’organizzazione criminale catanese che porta il nome del capomafia e killer al 41bis Turi Cappello.

La conferma a 20 anni è anche per Pippo Balsamo, ritenuto il ‘responsabile’ dei Paesi della cosca mafiosa. Qualche riduzione di pena per gli altri vertici del clan: Salvatore Lombardo u ciuraru, cugino del capomafia Cappello, è stato condannato a 13 anni, Giovanni Catanzaro u Milanisi a 15 anni, Santo Strano ‘facci i palemmu’ a 14 anni. Restano pesantissime, nonostante la riforma, le pene comminata a Giuseppe Palazzolo (18 anni) e Tommaso Tropea (17 anni). 

Un processo imponente che si compone di intercettazioni audio e video e anche di verbali di collaboratori di giustizia. Carmelo Di Mauro (‘u ciociu) ha fornito alla magistratura, ormai tre anni fa, l’immagine della piramide del clan. Mettendo ai vertici il nome di Lombardo, u ciuraru. Un ruolo di vertice che avrebbe avuto anche per diritto di ‘sangue’ visto il legame parentale con il capomafia storico.

Ultimamente ha fatto parlare di sé il figlio Salvuccio Jr Lombardo, protagonista dello scontro a fuoco con i Cursoti Milanesi avvenuto a Librino lo scorso agosto. Una sparatoria che ha lasciato sull’asfalto due morti.

Ma torniamo al processo Penelope. il puzzle accusatorio, oltre a definire gli affari criminali su cui si concentrava il clan, tra cui i tradizionali droga ed estorsioni,  ha messo in luce la voglia di ‘fare il salto’ imprenditoriale da parte della cosca. 

LA SENTENZA D’APPELLO.  Pippo Balsamo, 20 anni (conferma primo grado), Sebastiano Calogero, 8 anni (conferma primo grado) Andrea Cambria, 10 anni e 30 mila euro di multa, Giovanni Catanzaro, 15 anni e 4 mesi, Andrea Ciravolo, 4 anni e 20 mila euro (conferma primo grado), Carmelo Di Mauro (collaboratore di giustizia), 5 anni (ritenuta continuazione con altra sentenza), Orazio Di Mauro, 10 anni, Carmelo Gianninò, 8 anni e 8 mesi, Domenico Greco, 10 anni, Balahassen Hanchi, 5 anni 4 mesi e 24 mila euro di multa, Carmelo Licandro, 10 anni, Salvatore Lombardo, 13 anni e 4 mesi, Giuseppe Palazzolo, 18 anni e 4 mesi, Giuseppe Piro, 5 anni e 4 mesi, Giovanni Matteo Privitera, 8 anni e 24 mila euro di multa (conferma primo grado), Giuseppe Raffa (collaboratore di giustizia), 5 anni, Fabio Raffa, 5 anni e 4 mesi, Antonio Fabio Rapisarda, 6 anni e 8 mesi, Giuseppe Ravaneschi, 9 anni e 4 mesi, Claudio Rindone, 7 anni e 4 mesi, Massimiliano Salvatore Salvo, 20 anni (conferma primo grado) Antonio Scalia, 8 anni, Santo Strano, 14 anni, Tommaso Tropea, 17 anni e 6 mesi, Mario Ventimiglia, 12 anni, Luigi Sebastiano Vinci, 4 anni e 8 mesi, Nunzia Zampaglione, 4 anni e 8 mila euro, Giovanni Gerace, 4 anni e 20 mila euro di multa (conferma primo grado) 

La Corte d’Appello ha assolto Salvatore Balsamo, difeso dagli avvocati Maria Lucia D’Anna e Marco Tringali, dichiarando l’inefficacia della misura cautelare applicata nei suoi confronti e ordinandone l’immediata scarcerazione. Assolti da alcuni capi di imputazione Andrea Cambria, Giovanni Catanzaro e Nunzia Zampaglione. Fissati in 90 giorni i termini per il deposito delle motivazioni della sentenza. 

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