PALERMO – Chiede il riscatto della carriera universitaria e la ottiene dopo 30 anni. La burocrazia ha tempi lunghi, si sa, ma il dirigente regionale A.M., oggi 62enne, non poteva certo immaginare che sarebbero passati decenni quando ha richiesto il riscatto del suo percorso universitario ai fini pensionistici.
Ma riepiloghiamo la storia dello sventurato dipendente regionale che inizia la sua carriera nell’amministrazione pubblica nel 1989. Tra il 1976 e il 1981 A.M. ha frequentato l’Università prima di conseguire la laurea in Scienze geologiche nel 1981 per poi espletare il servizio di leva nell’anno successivo, conseguendo il congedo militare nei primi mesi del 1983.
L’11 ottobre 1990, A.M. ha quindi presentato all’amministrazione regionale competente (allora, la “Direzione Servizi di Quiescenza” della Presidenza regionale) la richiesta di riscatto, ai fini pensionistici, del periodo legale di studi universitari, del servizio militare di leva e del servizio “pre-ruolo” prestato, come detto, sin dal 1989.
La richiesta di riscatto, nel corso degli anni, però è rimasta inevasa, così nel 2015, il regionale ha diffidato il Fondo Pensioni Sicilia (nel tempo divenuto competente) a definire la pratica di riscatto, mediante l’individuazione delle modalità di pagamento e dell’importo, da calcolarsi con riferimento alla prima richiesta del ’90. Peraltro, la definizione della pratica di riscatto, risultava propedeutica al collocamento in quiescenza, con i criteri “pre-Fornero”. Il regionale aveva presentato apposita domanda calcolando l’anzianità contributiva alla luce dei periodi (di laurea e di servizio di leva) in corso di ricongiunzione.
Ciononostante, malgrado il Fondo pensioni avesse acquisito tutti i documenti necessari, la richiesta di riscatto del regionale, un palermitano, continuava a non essere riscontrata. Ed allora il regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Gatto, nel luglio di quest’anno, ha deciso di presentare ricorso alla Corte dei Conti – Giudice Unico delle Pensioni -, evidenziando l’illegittimità dell’inerzia dell’Ente previdenziale e chiedendo al giudice contabile di riconoscergli il diritto ad ottenere il riscatto calcolato con riferimento alla richiesta del ‘90.
Il Fondo Pensioni Sicilia, che si è costituito in giudizio, affermava che l’istanza presentata da A.M. nel 1990 non configurasse un’idonea istanza di riscatto del periodo di laurea, in quanto lo stesso, all’epoca, non avrebbe chiesto il riscatto dei detti periodi ma solo il “riconoscimento – ricongiunzione” degli stessi, segnalando inoltre che il decreto di riscatto dovesse calcolarsi con riferimento all’anno 2015, ai tempi in cui il dirigente regionale sollecitava la definizione della pratica.
Gli avvocati Girolamo Rubino e Giuseppe Gatto, in replica alla difesa dell’amministrazione, hanno evidenziato che la volontà di ottenere il riscatto dei servizi ai fini pensionistici non dovesse desumersi dalla formulazione letterale della domanda, ma dall’intero complesso dell’istanza e della documentazione a questa allegata, precisando che la condotta del Fondo Pensioni risultasse, in ogni caso, contraddittoria, in quanto l’Ente provvedeva a comunicare l’inidoneità della richiesta soltanto in sede giudiziale, a distanza di 30 anni dalla sua presentazione e dopo averla positivamente istruita.
La Corte dei Conti, Giudice Unico delle Pensioni, condividendo le tesi degli avvocati del regionale, con sentenza pronunciata il 22 dicembre 2020, ha accolto il ricorso del dirigente regionale, dichiarando il diritto di A.M. a ottenere il riscatto del servizio militare e del periodo corrispondente alla durata del corso di laurea, calcolato con riferimento all’istanza presentata da oltre 30 anni e condannando il Fondo Pensioni e l’Assessorato regionale della Funzione Pubblica al pagamento delle spese.
Fino agli anni 90, era diffusa la consuetudine, tra i dirigenti regionali, di presentare istanza di riscatto del titolo di studio ma, nel contempo, chiedere in modo informale che venisse “congelata”, in modo che la relativa trattenuta venisse applicata il più tardi possibile e, auspicabilmente, quando la retribuzione da cui prelevarla sarebbe stata più elevata.
Si vede che, in questo caso, la situazione è sfuggita di mano……
L’ex collega ha la mia piena solidarietà, anche io ho passato i 7 miracoli per avere riconosciuto il mio livello VI in quanto il capo del personale, che, all’ora, nei miei confronti era un vecchio non voleva siglare il decreto elaborato e siglato da una dirigente.
Alla mia contestazione verbale, mi rispose: faccia ricorso.
Controreplicai dicendogli: se io facessi ricorso sono sicuro che vincerei e se le spese processuali venissero addebitate a lei, sicuramente non mi avrebbe fatto tale proposta.
Alla fine ho dovuto aspettare che il vecchio funzionario andasse in pensione per avere riconosciuto quello che mi spettava, ho preso un sacco di soldi in quanto per una norma contrattuale mi hanno collocato economicamente al VII livello, contro il IV che mi voleva affibbiare il vecchiaccio.
come detto altre volte la Regione Sicilia è matrigna con i suoi impiegati, chi ha tutto e di piu’, chi deve sudare 7 camice per vedersi riconoscere il giusto, purtroppo questi casi sono soventi, se non all’ordine del giorno.
Grande Angelo.
Molti anni addietro li ho diffidati ed ho scritto pure al Presidente della Regione e alla Procura della Corte dei Conti. Dopo la diffida in un anno si sono sbrigati.