Orlando, diario di una crisi: ma adesso parliamo di Palermo - Live Sicilia

Orlando, diario di una crisi: ma adesso parliamo di Palermo

La crisi dell'Orlandismo tiene banco. Palermo, nel frattempo, affoga tra le sue macerie.
LA CITTA' CHE AFFONDA
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C’è forse un cosa ancora più difficile da accettare della crisi che strangola Palermo, l’apatia dei suoi residenti. La rassegnazione, qui, è un logoro ma resistente abito mentale. E la pandemia, con i suoi colpi atroci, c’entra fino a un certo punto: eravamo apatici anche prima. Il palermitano, da anni, esce da casa, affonda nelle buche, inciampa nei marciapiedi, si sente soffocato dalla munnizza, legge le notizie del disastro, eppure non batte ciglio. Certo, si lamenta. Certo, commenta gli articoli, schiumando rabbia. Ma sembra incatenato al canone dell’immodificabilità, all’estraniamento dell’impotenza. Non c’è mai una vera discussione sulla città, se non una finzione negli strali delle fazioni che se la contendono e che provocano ormai sempre meno scosse galvaniche a un corpo inerte. Non c’è una presa di coscienza della catastrofe, a nessun livello, se non declinata nella lite tra i simpatizzanti del sindaco e i suoi antipatizzanti. Non esiste, tra palazzi e strade, l’ombra di una reazione dei pensieri, dei comportamenti, delle scelte. Palermo non parla di Palermo. I risultati di un disimpegno civile sono sotto gli occhi. Ed è efficace il ritratto del segretario della Cgil, Mario Ridulfo, che chiama in causa il lockdown delle idee.

La crisi politica nell’indifferenza

Così, registrare l’ultima crisi politica, uno dei tanti malumori che stanno accompagnando il declino dell’orlandismo, diventa un dovere di cronaca da assolvere, nella consapevolezza che, qualunque sia l’esito, niente cambierà, in assenza della città dai discorsi che la riguardano. Abbiamo scritto dell’autosospensione dell’assessore Catania. Un canovaccio attraversato da sentimenti popolari che confermano quell’impotenza di cui sopra. Quando la rabbia e le invettive coprono il novanta per cento dei commenti, non è mai una buona notizia. Significa che il giochino delle appartenenze ha ormai inquinato ogni forma possibile di dialogo. E che, davanti a un disastro in essere, ognuno cerca di salvarsi, dando la colpa a qualcun altro. Sono gli ingredienti tipici e drammatici dell’indifferenza: l’incapacità di costruire un orizzonte comune e l’inadeguatezza a esprimere contenuti che non siano ristretti nel perimetro fiammeggiante, ma in fin dei conti inutile, di quelle rabbiose invettive o del chiacchiericcio di chi si parla addosso.

Il fallimento dell’amministrazione

L’amministrazione Orlando è davanti a un evidente fallimento. Dirlo non è un accanimento da protervi, ma la semplice lezione degli eventi. Un problema può nascere dalla sfortuna. Due problemi possono avere origine da un oroscopo avverso o dalla concatenazione malevola dei fatti. Ma se una città intera è il problema, perché, ovunque, ti volti, c’è da mettersi le mani nei capelli, vuol dire che siamo al cospetto di un sistema che non sta funzionando. Oltretutto, i picchi dell’inefficienza sono anch’essi sotto gli occhi. Basterebbe citare la vergogna continua delle bare insepolte del cimitero dei Rotoli. Ogni impedimento è tracciabile nelle spiegazioni di ciò che accade, ma una politica che si limiti a fare la conta delle sfortune abdica al suo ruolo. Chi è stato chiamato a governare deve risolvere, non lanciarsi alla ricerca di rinnovate giustificazioni.

La mancanza di classe dirigente

Come sono difficilmente smentibili le manchevolezze di governo e maggioranza, risultano altrettanto lampanti i limiti delle opposizioni. Che, mirando politicamente e legittimamente al bersaglio grosso, cioè al sindaco Orlando, non offrono, però, l’immagine coesa di chi dovrebbe rappresentare idee alternative. Il personale politico risulta complessivamente non pervenuto come le temperature di Oslo nelle previsioni del tempo di qualche anno fa, a parte le consuete eccezioni. Ecco perché l’immediato futuro, nella vacuità di classe dirigente tra chi governa e chi aspira a governare, sgomenta.

Orlando, adesso e dopo

Nel frattempo, c’è Palermo, con la rassegnazione dei suoi cittadini, con la pesantezza dei suoi tantissimi guai irrisolti. Nessuna visione merita credibilità, se non comprende, oltre alle promesse del sol dell’avvenire, la manutenzione del presente. In un panorama dissestato, già ci si prepara al dopo Orlando, in termini puramente elettorali, mischiando l’adesso e il poi in un pentolone propagandistico, di ceti in rimescolamento, che, ancora una volta, non vuole recuperare uno sguardo appassionato e disincantato. Saranno essenziali, infatti, passione e disincanto insieme, per salvare quel buono che, negli anni, comunque è stato costruito tra le macerie del resto. E sarebbe meglio se fossero subito disponibili. Non siamo ottimisti. Ma, adesso, se permettete, parliamo di Palermo.


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