La Sicilia diventa 'zona rossa': il fallimento della politica - Live Sicilia

La Sicilia diventa ‘zona rossa’: il fallimento della politica

Sicilia zona rossa. "Colori" inadeguati, controlli inefficaci, posti letto sulla carta: ecco perché la politica ha fallito

La Sicilia in zona rossa racconta tante cose e tutte spiacevoli. Racconta la paura per la risalita dei contagi. Racconta la disperazione di un’economia in crisi. Racconta anche il fallimento della politica. Non è il caso di erigere una metaforica ghigliottina, non lo sarebbe in tempi normali, figuriamoci adesso. Una pandemia è un evento che non lascia spazio al catalogo delle soluzioni consuete ed è normale che ci sia smarrimento perfino in chi è al timone. La crisi delle catene decisionali, come per il coronavirus, è un fenomeno di livello mondiale. Ma altrove sembra che l’esperienza sia servita a qualcosa: da noi no. Si è applicata una linea di rigore, inizialmente, poi contraddetta dalle successive determinazioni, in una trama confusa che ha disorientato la popolazione.

Sicilia in zona rossa: è giusto?

Sui parametri, sui numeri e sui provvedimenti, ognuno può avere una propria idea, a prescindere dalle regole burocratiche di una variabilità cromatica che ha mostrato i suoi limiti. A chi scrive pare che la richiesta del presidente Musumeci, raccolta dal ministero, sia stata ponderata. Del resto, gli stessi esperti del Comitato Tecnico Scientifico della Regione avevano insistito per l’inserimento di restrizioni e di cautele. La Sicilia rossa è il tentativo, dopo le feste natalizie, di contenere una curva in espansione. In ballo, ricordiamolo, ci sono vite umane.

Le colpe della politica

Ma l’inasprimento della pandemia non è figlio del caso, deriva da un preciso contesto che era, peraltro, notissimo. Sappiamo che la mobilità e gli incontri sono ideali per la diffusione del Covid e che salvaguardia della salute e la riduzione dei danni dell’economia possono andare di pari passo, in una visione intelligente, perché l’aggravamento dei contagi, dunque dei casi complicati e delle vittime, costringe a correre al riparo in un modo brusco che provoca il circolo vizioso dei divieti, delle marce in avanti e dei precipitosi ritorni indietro. Cosa fare allora per cercare di proteggere il più possibile la comunità? Alcuni avrebbero preferito un lockdown, magari proprio sotto le feste, e riaperture graduali, dopo essere arrivati a un effettiva moderazione del virus. C’è chi pensa che sia la cosa giusta da fare adesso. Chiudere, andare avanti con la campagna vaccinale, e riavviare un lento ritorno alla normalità in condizioni migliori. Naturalmente, servono ristori corposi per chi è destinato a rimanere indietro. Le colpe della politica, in ogni caso, appaiono evidenti.

Scuole vuote, strade piene

Ecco un breve estratto: durante l’estate ci si è adagiati, irresponsabilmente, e si sono consentiti viaggi e vacanze che hanno riportato in su l’asticella del pericolo. Prima delle festività e durante si è passati dal quasi liberi tutti a grida manzoniane dai contenuti aggirabili per la mancanza di chiarezza e per controlli che sono apparsi approssimativi. La Sicilia zona rossa deriva da questa schizofrenia. Scuole sbarrate e ragazzi in giro per strada, limiti per i ristoranti e cenoni presumibilmente ovunque. Non ha funzionato la ‘tavolozza dei colori’, nelle sue alternanze ravvicinate, basata su parametri e su tempi di osservazione discutibili: i numeri lo confermano. Non è stato predisposto un meccanismo di sorveglianza commisurato alla necessità.

Sicilia, posti letto e polemiche

E la politica siciliana? Come si è comportata? Va dato atto al presidente Musumeci di avere seguito una linea della prudenza. La richiesta di zona rossa, in anticipo sulle mosse di Palazzo Chigi, è stata coerente. La Sanità siciliana si è molto impegnata, ma rimane il punto critico della sostenibilità del sistema, che è regionale e nazionale. Ha detto a questo giornale il professore Antonello Giarratano, esponente del CTS: “Ai fini della necessità del rosso, dobbiamo fare un ragionamento sui posti letto che è a carattere nazionale, non soltanto siciliano. Il ministero ha fissato, per il Covid, il trenta per cento di posti letto occupati nelle terapie intensive come unità di misura. Superata questa percentuale, la situazione è critica e c’è il rischio che il sistema non regga. Per noi, sia a livello Società Scientifiche, sia del Cts, il parametro è stato superato nella sostanza. Il posto letto di terapia intensiva deve avere struttura, tecnologia e personale altamente specializzato. Se non ci sono questi tre requisiti, non può essere considerato tale”.

Le disponibilità in campo

“Ecco perché – ha chiarito il professore – le disponibilità sulla carta non sono quelle reali, se si considerano solo strutture e ventilatori. Aggiungo un altro aspetto: noi possiamo pure trovare mille ventilatori e mille anestesisti per il Covid togliendoli da tutte le sale operatorie. Ma questo vorrebbe dire sacrificare il resto e rischiare di chiudere la sanità”. Suona come una incrinatura nel canovaccio delle rassicurazioni generali, perché lo scenario che si prospetta si mostra inquietante: forse riusciremo ad arginare un po’ il Covid, ma la pagheremo comunque cara.

Il vero fallimento della politica

Senza erigere quella famosa e metaforica ghigliottina abbiamo davanti un panorama devastante. Ritardi, omissioni, interventi imprecisi, una rete sanitaria sul territorio che non funziona, specialmente nel tracciamento, i reparti ospedalieri che si trasformano in focolai e tanto altro potremmo scrivere nell’elenco delle cose che andavano fatte e non sono state fatte. Ma il vero fallimento della politica risiede nella sua incapacità etica di unirsi nell’ora più buia e nel suo insistere a dare la colpa agli altri. Veniamo da giorni di liti, di ripicche e di scambi durissimi tra istituzioni, partiti e singoli attori che non sono stati in grado, fin qui, di trovare una sintesi, indicando un orizzonte comune. L’alibi più in voga? Indirizzare il biasimo esclusivo nei confronti delle masse che si sono riversate in strada poco prima di Natale, ma pure in seguito, senza le più elementari precauzioni. Comportamenti sicuramente censurabili, tuttavia qualcuno avrebbe dovuto evitare quello che è stato unanimemente definito il ‘liberi tutti’, con l’imperio delle norme e del controllo sociale. Non è avvenuto. In Italia si sono verificati più di ottantamila decessi, finora: una catastrofe destinata a crescere. C’è da credere che non fossero tutti inevitabili.


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