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LiveSicilia.it / Cronaca / “Nonostante il Covid ho potuto abbracciare mio figlio”

“Nonostante il Covid ho potuto abbracciare mio figlio”

La storia dei Marisa e di Francesco che si sono ritrovati.
PALERMO
di Roberto Puglisi
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PALERMO- La strada era lunga, prima dell’abbraccio, come se ci fosse una foresta intricata di rovi a sbarrare il passo, secondo la trama di certe favole. Ma per il cuore di una mamma, che sia fiaba o realtà, nessuno ostacolo è insormontabile. Così, Marisa ha potuto abbracciare il suo Francesco, in sicurezza, grazie alla storia che stiamo per raccontare. Abbraccio, ormai, è una parola proibita in tempo di pandemia. Non possiamo toccarci più: è una delle crudeltà del nemico. Sappiamo che torneremo a farlo, ma questa attesa è un inverno gelato.

Marisa e Francesco si son ritrovati. Grazie all’Aias che, a Palermo, ha creato la porta degli abbracci in un centro residenziale con una nobile motivazione: “Un mezzo per annullare le distanze e ripristinare quel contatto fisico che il Coronavirus ci ha rubato e che è fondamentale soprattutto per le persone con disabilità”. La porta è un sistema ermetico e trasparente che protegge dal contagio e permette di vedere e di toccare – attraverso dei guanti inseriti nella sua struttura – gli ospiti del centro. “L’emozione di rivedere un abbraccio affettuoso è stata immediata e travolgente – ha commentato il presidente dell’Aias, Salvatore Nicitra – In questo momento di profondo disagio collettivo, le persone con disabilità sono messe a dura prova: per i nostri ragazzi e ragazze poter rivivere almeno l’esperienza del contatto fisico con i propri familiari, poterli stringere e abbracciare, è un gesto che cambia radicalmente le loro giornate, dando loro sollievo e benessere”.

E poi c’è la storia nella storia. Racconta mamma Marisa: “Mio figlio è lì da quattro anni e lui di anni ne ha trentuno. Non ha più nemmeno il papà perché mio marito è morto. E’ stata una scelta difficile, ma necessaria, separarmi da lui. Senza Francesco, mi sento sola e la casa è vuota, però era il modo migliore per garantirgli cura e assistenza, con persone professionalmente qualificate e umanamente sensibili in una bellissima struttura. Sì, è stata una scelta per lui e per il suo benessere. Prima del Covid andavo a trovarlo ogni giorni, prendendo l’autobus. Sa, io non guido”.

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Il viaggio quotidiano di Marisa e di tanti altri genitori è stato interrotto dalla pandemia. “Non potevamo più andare ed era giusto per la sicurezza dei ragazzi – racconta lei -. Ora hanno messo questa porta che è una benedizione. Posso toccarlo, posso abbracciarlo. Quel giorno non ho capito più nulla, ancora ci penso e mi commuovo. Ci siamo stretti forte e non ci siamo lasciati per tanto tempo”.

Le emozioni sono testimoniate da questa foto che campeggia nella pagina Facebook del’associazione. Sullo sfondo, una faccina in lacrime, racconta cosa sta succedendo, per involontario accostamento. Marisa e Francesco sembrano una persona sola. Gli abbracci tra una madre e un figlio servono a questo e richiamano il luogo a cui apparterranno per sempre. Lì dove tutti gli sguardi hanno il colore del primo, quando un figlio e una madre sono, insieme, venuti al mondo.

Tags: aias · la porta degli abbracci · Salvatore Nicitra

Pubblicato il 18 Gennaio 2021, 12:4218 Gennaio 2021, 20:30
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