Civico, il ritorno della paura: "Quella notte di guardia c'ero io" - Live Sicilia

Civico, il ritorno della paura: “Quella notte di guardia c’ero io”

La notte in cui il focolaio si è manifestato. Il racconto drammatico in presa diretta.

PALERMOLa paura è tornata, anche se le conseguenze del contagio non sembrano, al momento, così pesanti. Ma ventisei positivi alla Medicina d’Urgenza dell’ Ospedale Civico di Palermo, tra pazienti, medici, infermieri ed operatori sociosanitari, oggi uno in più, non sono un dato da sottovalutare. E poi c’è l’aspetto emotivo della fragilità che non lascia indifferenti. Siamo in un reparto – al pronto soccorso – che ha pagato un prezzo alto al Covid, appena qualche mese fa, tra i camici di qualunque colore. Una dottoressa ha vissuto momenti drammatici come molti ricoverati. Ecco perché un fantasma che ritorna mette apprensione pure in chi è abituato a gestire i momenti difficili.

“Quella notte di guardia c’ero io”

“Quella notte tra il 17 ed il 18 gennaio scorso, di guardia c’ero io”, dice la dottoressa Liana Zambito, intendendo la notte in cui il focolaio è divampato. Ascoltarla significa rivivere il frangente quasi in presa diretta: “È andata così: arrivo in reparto per fare il turno notturno e vengo raggiunta telefonicamente dal mio primario, il dottore Massimo Geraci, che mi informa di alcune positività al tampone molecolare Sars Covid 19, sia di pazienti che di alcuni operatori. Eravamo l’unico reparto non Covid di medicina dell’azienda. I pazienti ricoverati avevano eseguito tutti il tampone molecolare con esito negativo. Verosimilmente qualcuno di loro stava incubando la malattia che, come sappiamo, è altamente contagiosa e di massima diffusibilità. Noi operatori andiamo in reparto, con le tutine, con i dispositivi di protezione individuali ma non è bastato. Sono momenti in cui bisogna raccogliere tutte le forze possibili, restare calmi e rimboccarsi ancora di più le maniche”.

“Una cosa mai vista”

“Da diciotto anni sono in Medicina d’Urgenza – dice la dottoressa Zambito – e una situazione del genere non mi era mai capitata”. Ma c’è la forza di una squadra che ti sorregge e che ti protegge, per quanto possibile. “Sì – continua il racconto – devo ringraziare il dottore Geraci che si è subito presentato, nonostante fosse notte, e ha seguito la vicenda e la mia collega, la dottoressa Filippina Cappellino, che, appena ha saputo, con il consenso del responsabile di reparto, il dottore Roberto Candore, impossibilitato a raggiungerci, è venuta ad aiutarmi. Ecco, ringrazio loro, per ringraziare tutti: i medici, gli infermieri e gli Oss che lavorano instancabilmente senza mai lamentarsi”.

Quelle accuse assurde

Non mancano, ovviamente, le incomprensioni, secondo il racconto che è specifico, eppure riguarda tanti: “C’è molta paura in giro, sì, quindi le reazioni dei parenti, quando comunichi che qualcuno è positivo, possono essere estreme. E ci sono dei pregiudizi assurdi, qualcuno pensa che noi medici guadagniamo di più se diciamo che c’è un Covid positivo. Orribile pensarlo e orribile sentirsi accusati di una simile nefandezza”.

I focolai e l’apprensione

Bisognerà capire come si evolveranno i contagi e i focolai, con quale quadro di sintomi e le ipotesi in lista sono tante. Notizie più precise, sulla eventuale presenza di nuove varianti, arriveranno quando in Sicilia potremo sequenziare il virus: da febbraio, cioè, se tutto andrà secondo tabella di marcia. Ma questa, come sempre, è una storia umana, che riguarda le persone e come affrontano l’ora più buia. Chi ha vissuto quella notte ha scattato una foto dove sono scolpiti i segni della fatica e della speranza. Eccola. Sembrano tutti svegli a fine turno. Ma, in realtà, dormono tutti. E sognano, come tutti, che, finalmente, sia finita.


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