Moda, l'allarme di 62 aziende: "Dimenticati ed esclusi dai ristori" - Live Sicilia

Moda, l’allarme di 62 aziende: “Dimenticati ed esclusi dai ristori”

L'appello della rappresentante delle 62 imprese siciliane del Mythos Fashion District

PALERMO – “Tentiamo di garantire la sopravvivenza delle nostre aziende e i posti di lavoro attingendo ai nostri risparmi e indebitandoci”. Sul filo del rasoio le sessantadue aziende siciliane del Distretto Mythos Fashion District, chiedono un incontro con il presidente della Sicilia, Musumeci e l’assessore alle Attività Produttive, Turano.

Il Made in Sicily in via di estinzione

“Il 2021 sarà l’annus horribilis se non quello della morte definitiva della moda siciliana, in cui tutte le aziende del settore chiuderanno per sempre con un danno incalcolabile per l’economia e il prestigio dell’Isola. Il brand Made in Sicily, apprezzato e ricercato nel mondo, rimarrà solo un miraggio e un vago ricordo del passato”. A dichiararlo è la rappresentante legale Flavia Pinello che chiede un immediato adeguamento dei provvedimenti specifici di ristoro a fondo perduto, da calcolarsi sulla reale perdita di fatturato e sui mancati incassi, in particolare per i codici ATECO che sono stati esclusi dai Dl Ristori 2, 3 e 4.

Fatali le restrizioni di dicembre e gennaio

Da Milano, Parigi, New York, Londra, Dubai fino a quelle di Firenze, Berlino, Tokyo, Hong Kong e Roma, sono tante le manifestazioni dove i prodotti del fashion Made in Sicily sono stati i protagonisti delle passerelle della moda. Speravano nella ripartenza all’inizio del 2021, ma la situazione non è cambiata anzi si è aggravata. “In seguito agli ultimi DPCM – spiega Pinello – con le nuove chiusure di dicembre e gennaio non siamo più in grado di proseguire. Tutte le aziende e i posti di lavoro sono sul punto di scomparire per sempre perché la filiera produttiva è stata dimenticata da qualsiasi forma d’aiuto”.

In 11 mesi di crisi ricevuti solo 3mila euro

A fronte di undici mesi di crisi economica e sanitaria le aziende del comparto hanno ricevuto ristori per un importo di circa 3.000 euro. “Il calo d’incasso e di fatturato non è valutabile in base a quello stabilito dal Governo con una comparazione tra 2020 e 2019 – prosegue – perché nel comparto del Fashion a oggi si registrano cali di fatturato pari all’80% rispetto al 2019, tenendo conto che gli incassi e il fatturato generati nel 2020 sono state vendite fatte nel 2019. Nel 2020 queste vendite non ci sono state. Ci teniamo anche a sottolineare che sia la Regione Sicilia (Ristoro Bonus Sicilia), sia il Consiglio dei Ministri (Ristoro art.25 del decreto legge 19 maggio 2020 n.34) si sono dimenticati di noi. Noi esistiamo per il Fisco – aggiungono – per l’INPS”.

Chiesta la riforma del comparto

L’emergenza ha fatto affiorare un problema strutturale del settore: “È necessario attuare una riforma dell’intero comparto”. “Siamo stati fino a oggi frammentati come categoria – dice la rappresentante legale – le nostre aziende esercitano questa attività identificandosi in svariati codici Ateco e non tutti sono di facile individuazione”. “Produrre per vendere a chi?”. È la domanda che fanno le aziende siciliane, poiché il commercio al dettaglio non acquista più, né in Italia né all’Estero. “La ripartenza delle nostre aziende, dopo il primo lockdown, non ha potuto beneficiare di una vera riapertura. Se le attività commerciali, le botteghe e i teatri sono chiusi, non possiamo produrre. Abbiamo costi fissi da sostenere, fornitori e tasse da pagare ma non abbiamo più la possibilità di generare incassi”. Poi, l’ipotesi dell’e-commerce non è vista come una soluzione. È una pratica commerciale che definiscono “un investimento danaroso che va mantenuto e che in alcuni settori, come quello del teatro, non è fattibile”.


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