Sant'Agata, si spacca il fronte dei ristoratori: "No al lockdown" - Live Sicilia

Sant’Agata, si spacca il fronte dei ristoratori: “No al lockdown”

I Ristoratori siciliani indipendenti liquidano come "pazzia" l'ipotesi di una serrata nei primi giorni di febbraio.

Una festa senza Festa e il delicato passaggio dalla zona rossa alla zona arancione. Nei giorni che precedono le celebrazioni agatine, quest’anno blindatissime per l’emergenza pandemica, Catania è sull’orlo di una crisi di nervi. Il termometro della crisi è tutto sulla tenuta del comparto ristorazione, uno dei più colpiti dagli effetti economici del Covid. Un comparto che si spacca davanti alla proposta della Fipe di estendere il lockdown in Città durante i primi giorni di febbraio al fine di impedire pericolosi assembramenti che potrebbero fare impennare nuovamente i contagi. Una proposta che sembra non trovare neanche il sostegno del sindaco Salvo Pogliese.  

Il comitato Ristoratori Siciliani Indipendenti intanto si dissocia e dice no. Un no assoluto che si accompagna a uno strappo irreparabile.  Prende la parola Roberto Tudisco, portavoce dell’associazione di categoria: “Ribadisco, ancora una volta, che noi imprenditori abbiamo imboccato la via del non-ritorno. Per questo ci stiamo attivando a 360° per fare qualcosa di concreto”.

Lo strappo

La spaccatura è quindi su carta: “Abbiamo deciso di difenderci da soli ed abbiamo fondato il movimento Ristoratori Siciliani Indipendenti. Per la festa di Sant’Agata viene chiesto, in modo del tutto irragionevole, un lockdown totale dal 3 al 5 febbraio. Questo non farebbe altro che innescare la guerra dei poveri tra pubblici esercizi”, aggiunge Tudisco.

E ancora: “Costringere a tenere la saracinesca abbassata a moltissimi imprenditori, che potrebbero lavorare con l’asporto o il delivery, è semplicemente pazzia. Invece di dare una boccata di ossigeno per le loro casse si vuole dare l’ennesima mazzata? Perché dovrebbero stare chiusi? Noi dissociamo fortemente da questa idea. C’è un comitato per l’ordine e la sicurezza che farà il suo dovere; il controllo del territorio non spetta a noi e non saranno questi tre giorni di festeggiamenti agatini vissuti in lockdown a risolvere il problema”. 

Tudisco a nome dell’Rsi sostiene ancora la linea interpretativa che vuole slegare l’aumento dei contagi dalle presenze nei ristoranti: “Come non abbiamo provocato contagi nei quattro mesi precedenti, nonostante la curva sia cresciuta, non saremo la causa di eventuali assembramenti la prossima settimana. Non possiamo essere sempre l’alibi di questo Governo. Noi non vogliamo avere affibbiato nessun tipo di colore rosso, giallo o arancione che sia perché il risultato resta sempre lo stesso. Dobbiamo finirla con i colori: vogliamo lavorare e tenere aperte le nostre attività. La misura è colma e non si può andare avanti 4 mesi con le braccia incrociate: qui si rischia la guerra civile. Dietro di noi ci sono migliaia di famiglie. Qualcuno di noi, dal 3 al 5 febbraio prossimo, potrebbe lavorare a ritmi sostenuti e invece si invoca la chiusura totale; ma stiamo scherzando? E’ una pazzia”. 

Aut-aut

I Ristoratori Siciliani Indipendenti si smarcano quindi da tutte le altre sigle dei comporto e detta una linea autonoma. “Dei nostri trecento consociati – dice ancora Tudisco –  nessuno è favorevole questi tre giorni di chiusura. Noi dobbiamo aprire come sono aperti i luoghi di ristoro, i bar e i ristoranti nei porti, negli aeroporti e negli ospedali senza considerare i mercati e gli autogrill con tanto di tavoli e sedie”. 

“Noi ci dissociamo – continua – dall’idea del lockdown nei giorni clou dei festeggiamenti agatini e non vogliamo più che una singola sigla di categoria parli a nome di tutti. Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Non solo, bisogna dare fiducia ai devoti ed a tutti i catanesi che, in un momento così delicato, siamo sicuri che sapranno dare prova di grande compostezza e rispetto delle regole. Dare per scontato a priori che i festeggiamenti possano sfuggire di mano e dare vita a comportamenti irresponsabili non fa parte del nostro modo di pensare”. 

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