Salvo La Rosa è pronto: "Porto Sant'Agata nelle case di tutti i catanesi"

Il Covid e l’amore per Sant’Agata: “Non dobbiamo mollare”

Un momento storico difficilissimo, una Festa esclusivamente liturgica trasmessa in diretta tv, l'invito a restare a casa. Il punto di vista di Salvo La Rosa uno dei volti siciliani più popolari.
FESTA E PANDEMIA
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CATANIA. Salvo La Rosa è uno che ama la Sicilia. E la sua Catania. Suona quasi banale dirlo: e non certo in nome di una sterminata popolarità (la sua) che riesce anche ad essere incredibilmente intima e discreta. Ed il suo è un amore generoso anche nel modo d’intendere la professione. Non c’è, infatti, solo l’intrattenimento ma anche il racconto lungo ben 31 anni della Festa di Sant’Agata.
Già. Trentuno anni di dirette televisive che lo hanno visto seguire passo per passo il giro cittadino (e non solo) della Santa mettendoci dentro tutto se stesso. 
Certo, quest’anno sarà tutto profondamente diverso. 

Una Festa “a porte chiuse”

E probabilmente anche per Salvo La Rosa, quando, fra tanti anni, si ritroverà a ripensare la “Festa di Sant’Agata 2021” sarà forse complesso anche per lui sintonizzarsi ai ritmi del cuore di un presente così pieno di preoccupazione. 
Dal 1991 al 2015 con Antenna Sicilia; nel 2016 con Video Mediterraneo; nel 2017 attraverso i propri canali social; dal 2018 e sino all’imminente arrivo dei giorni clou del 3, 4 e 5 febbraio su Tgs ed Rtp del gruppo editoriale Ses Gazzetta del Sud-Giornale di Sicilia: Salvo La Rosa, assieme a Vittoria Marletta, non mancherà l’appuntamento con la narrazione televisiva di una festività forzatamente “a porte chiuse” causa Covid. 
Dunque, tutto solo esclusivamente liturgico con le parole di questi giorni di vigilia dell’arcivescovo Salvatore Gristina, del primo cittadino Salvo Pogliese e del presidente del comitato Riccardo Tomasello a richiamare responsabilmente all’atto d’amore più grande: quello di restare a casa e non affollare le vie di Catania.

Salvo, ci sono i tre giorni in Cattedrale da raccontare con lo stesso spirito di sempre.

“Sai, eppure devo dirti che le dirette televisive di Sant’Agata nascono con un’altra Festa “anomala”: quella del 1991 con la Guerra del Golfo.
Era il mese di gennaio e da Sigonella partivano gli aerei che andavano in guerra e l’allora Arcivescovo di Catania, Monsignor Luigi Bommarito, decise di fare una Festa in stile penitenziale”.

E’ un aneddoto che in molti abbiamo involontariamente cancellato.

“Monsignor Bommarito cambiò completamente il protocollo ed uscì soltanto il busto reliquiario, il 5, con una processione a spalla che dalla Cattedrale arrivò sino ai luoghi del martirio in piazza Stesicoro e ritorno.
Io ritenni che fosse giusto fare una diretta televisiva per raccontare con Antenna Sicilia quella Festa che era divenuta così “strana”.

Partì, quindi, tutto da lì.

“Sì. Trent’anni consecutive di dirette: e questo sarà il mio trentunesimo anno. Certo, sarà un anno ancora fortemente diverso rispetto a qualsiasi altro. Stavolta non ci sarà nulla all’esterno”. 

Con quale stato d’animo si sta vivendo, secondo te, l’avvicinamento a tre giorni che rischiano di essere quasi surreali.

“Guarda, io mi auguro che vengano assolutamente rispettate, da tutti, le regole. Siamo in piena pandemia ed il calo dei contagi di queste ore non ci deve fare restare tranquilli. Viviamo questa Festa da casa, in famiglia anche attraverso le dirette della tre giorni di diretta che condurrò per Tgs, sul canale 15: per i catanesi, sono giorni fondamentali ma mi appello al buonsenso ed alla devozione.
Quest’anno dobbiamo manifestare la nostra devozione con il cuore e la preghiera. Ma restando a casa”.

Un programma totalmente stravolto: ci dici come verranno organizzate le dirette?

“Cominceremo giorno 3 alle ore 19 con il momento di preghiera voluto dall’Arcivescovo Gristina nel corso del quale trasmetteremo anche l’offerta della cera che nella mattina effettuerà solo il sindaco Pogliese. Poi, il 4 mattina, ripartiremo in diretta alle 5.30 per seguire la Messa dell’Aurora; ritorneremo in diretta alle 17.30 per seguire il messaggio dell’Arcivescovo alla città; il 5 mattina dalle 9.30 saremo in collegamento per seguire il Pontificale; infine, la sera, dalle 21 a mezzanotte faremo una sorta di trasmissione riepilogativa”.
Ho sempre inteso il lavoro delle dirette di Sant’Agata come un vero e proprio servizio per la collettività. Quest’anno lo sarà inevitabilmente ancora di più”.

C’è un titolo che hai dato in questi anni ai tuoi racconti televisivi della Santa che ti fu proposto da un presbitero d’eccellenza e che quest’anno assume, forse, un significato ancora più netto e profondo.

“Sì, è vero. “Devoti con Agata”: un titolo che mi suggerì l’indimenticabile Monsignor Gaetano Zito grande anima della Chiesa siciliana e mio grande amico personale. Quest’anno lo abbiamo tramutato in “Devoti con Agata, preghiamo in famiglia”. Insomma, partecipiamo rimanendo a casa ed è un invito che continuo a fare anche attraverso i miei canali social.
Siamo anche chiamati a compiere atti di solidarietà così come vorrebbe Sant’Agata: io sono convinto che ogni cristiano subisca un martirio quotidiano, con le sue sofferenze ed i suoi sacrifici, diamoci agli altri più che mai”.

Come stai vivendo questi mesi interminabili legati alla pandemia?

“Vivo questi momenti come tutti. Anzitutto, con grande sacrificio perchè la vita che stiamo vivendo, non è la nostra vita normale. Però credo di stare vivendo questo momento con grande attenzione e grande rispetto per le regole che sono state date.
E li vivo anche io con paura: ho paura per i miei genitori che sono anziani; per i miei figli che abitano fuori – a Roma ed a Parigi -.
Lo vivo con sofferenza perché il mio mondo è in crisi: i teatri sono chiusi; i cinema sono chiusi; non si possono fare tournée; abbiamo fatto pochissimi spettacoli in estate ma nulla di chè.
Al momento non possiamo far altro che essere ligi al nostro dovere perché rispettare la nostra salute, significa rispettare anche quella degli altri”.

E’ azzardato dire che ciò che stiamo vivendo ci permetterà di rinascere?

“Guarda, a Catania si dice che “cchiù scuro di menzannotti nan po’ fari”. Diciamo che sicuramente, terminata l’emergenza, sarà una grande gioia per tutti tornare alla vita normale. E non so se ci torneremo migliori. Questo davvero non lo so. Certo, vedo attorno a noi tutta una serie di problemi che per certi versi si sono anche acuiti: però dobbiamo essere fiduciosi e comprendo che la gente è stanca perchè ha toccato con mano, soprattutto in questo secondo lockdown, cosa siano il male e ala sofferenza della malattia”.

Ed ha toccato con mano anche una crisi economica epocale.

“Verissimo. Ci sono attività che hanno già chiuso, altre che forse non riapriranno, altre ancora che lo faranno con grande difficoltà.
E’ una situazione complicata, vedremo cosa accadrà nei prossimi giorni sperando che la curva dei contagi si abbassi perché così non si può andare avanti”.

Come ti stai preparando alle ormai imminenti dirette? Senti addosso anche una certa responsabilità di raccontare ad una città che quest’anno non potrà essere presente?

“Assolutamente sì. Il nostro “mestiere” è un lavoro di servizio e non solo nelle dirette ma anche nelle interviste che facciamo ed in ciò che raccontiamo dove dobbiamo sempre misurare le nostre parole. La telecamera e la penna sono strumenti meravigliosi ma possono essere armi micidiali se le usi in maniera sbagliata.
In questo caso sì, sento forte la responsabilità di comunicare in maniera corretta una Festa che non avrà precedenti. Ed anche da parte del nostro gruppo editoriale sarà una Festa sobria, con meno mezzi e meno strumenti e dal Teatro “Abc” racconteremo i momenti clou anche per evitare assembramenti: perché anche noi dobbiamo essere d’esempio”.

E quale messaggio senti di lanciare ai tanti che ti seguono?

“Che non dobbiamo mollare. Non dobbiamo cedere e lasciarci andare: basta vedere cos’è accaduto la scorsa estate con i nostri comportamenti ma anche nello scorso Natale. Bisogna insistere nel dire a tutti che l’emergenza non è ancora finita.
Torneremo presto alla normalità. Anche nei teatri: ed anche con una capienza ridotta di posti. Io voglio essere ottimista e confido sempre nel buonsenso della gente.
Il male oggi lo conosciamo un pò meglio, confido che la campagna di vaccinazione avvenga con una organizzazione puntuale e garantendo i ristori nei tempi e nelle quantità giuste in modo da vincere questa battaglia tutti insieme.
Ricordo quello che disse il Papa in quella famosa veglia del primo lockdown: “Nessuno si salva da solo”. Dinanzi a queste parole, rimane ben poco da aggiungere”.

C’è questa effige della Santa alle tue spalle: dove l’hai scovata? 

“Fu l’anno delle vetrine dedicate a Sant’Agata: non so se lo ricordate. Ero passato davanti alla Rinascente e vidi questo quadro che mi colpì molto. Esce un signore che mi fa: “Buongiorno dottor La Rosa, ma le piace?”. Io risposi: “E come fa a non piacermi? Innanzitutto è Sant’Agata e poi è veramente bello. Complimenti per la bella scelta”. Un istante dopo si presentò come il Direttore e ci salutammo. Mi faccio le mie belle dirette del 3,4 5 febbraio e, dopodiché, qualche giorno dopo suonano a casa mia.
“Un pacco dalla Rinascente”, mi dicono. Apro questo pacco regalo e c’è il quadro che devo ammirato qualche giorno prima con un biglietto dove c’era scritto: “A Salvo La Rosa per la sua attività, per l’amore che mette nelle dirette di Sant’Agata e per come guardava questo quadro che era in via Etnea.
Ci sono episodi legati a Sant’Agata che ti segnano per sempre. E per ogni devoto sarà così anche quant’anno, pur non scendendo in strada.
Pur in questo clima d’emergenza”.

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