"Bancarotta e falso in bilancio", assolto Piero Niceta

“Bancarotta e falso in bilancio”, assolto Piero Niceta

Si chiude un altro processo che riguardava il gruppo palermitano

PALERMO – “Il fatto non sussiste” sia per l’accusa di falso in bilancio, sia per quella di bancarotta. Il Tribunale di Palermo, presieduto da Bruno Fasciana, ha assolto con formula piena Piero Niceta. La Procura aveva chiesto la condanna a 4 anni e mezzo.

Niceta era finito sotto accusa per la gestione dell’impresa “Coni Distribuzione”, capofila del gruppo di società impegnate nel settore dell’abbigliamento, dichiarata fallita quando l’imputato era solo formalmente amministratore. Gli era già subentrato, infatti, l’amministratore giudiziario Aulo Gigante.

La società era finita sotto sequestro per decisione del Tribunale per le Misure di prevenzione, allora presieduto da Silvana Saguto, il magistrato condannato in primo grado e radiato dalla magistratura. Il procedimento si è poi concluso con la restituzione dei beni, fra cui la “Coni Distribuzione”, alla famiglia Niceta.

L’accusa sosteneva che nel 2010, 2011 e 2012 Niceta avesse falsificato il bilancio, pompando il reale valore dei crediti vantati nei confronti di altre tre società del gruppo Niceta (Nico, Gsc, Socom e Nibor) in modo da bilanciare le perdite.

L’avvocato Salvino Pantuso

Per quanto riguarda il bilancio del 2010, il legale della difesa, l’avvocato Salvino Pantuso, ha spiegato che fosse stato chiuso in pareggio, per il 2011 che ci fosse un disavanzo di appena cinquemila euro e per il 2012 che non potesse essere contestata alcuna anomalia visto che non era mai stato presentato.

Nel novembre 2012 Niceta, infatti, aveva presentato una richiesta di concordato preventivo. Nel 2013 gli è subentrato l’amministratore giudiziario e nel 2012 arrivò il fallimento.

Per fare emergere la correttezza dei bilanci la difesa si è rifatta alla consulenza con la quale nel 2014 il Tribunale fallimentare aveva dato il via libera al concordato preventivo per tentare di salvare l’azienda dalla crisi che si era manifestata nel 2012.

Nella relazione non vi era alcun elemento che facesse emergere la sopravvalutazione fraudolenta dei crediti con l’intento di nascondere il passivo con artifizi contabili.

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