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LiveSicilia.it / Politica / Ex Province, dove la democrazia si è addormentata da anni

Ex Province, dove la democrazia si è addormentata da anni

Di rinvio in rinvio non si vota da 13 anni. Ecco come stanno gli enti.
IL CASO
di Salvo Toscano Nicola Baldarotta Peppe Castaldo
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Quando nel 2008 i siciliani votarono per l’ultima volta per eleggere democraticamente i loro rappresentanti nelle Province, Barack Obama doveva ancora candidarsi alla Casa Bianca e Romano Prodi era presidente del Consiglio. Un altro mondo, tredici anni fa. Pensate se per tredici anni non vi facessero votare per eleggere il sindaco del vostro comune. Difficilmente la prendereste bene. Eppure per gli altri enti locali, quelli di area vasta che si chiamavano Province e che ora si chiamano liberi consorzi, funziona così. Non si vota più. E si va avanti da quasi otto anni con i commissariamenti e la democrazia sospesa. L’ultimo rinvio, stavolta causa Covid, questa settimana. Se ne parlerà a settembre, forse, per le elezioni di secondo livello (votano i sindaci e i consiglieri comunali). Chi può dirlo, del resto? I rinvii sono stati tanti e tali che ormai è azzardato fare pronostici. L’Ars per il momento ha spostato tutto all’autunno. Uno scandalo che non fa notizia, lo definimmo un anno fa. E ancora fermi siamo.

Il pasticcio nato con Crocetta

Intanto, le ex Province aspettano e ammuffiscono. Un pasticcio che affonda le radici nella riforma varata tra squilli di trombe nella scorsa legislatura dal governo Crocetta – si doveva votare nella primavera 2013, otto anni fa – e che finì in un clamoroso pasticcio. La nuova legislatura dell’Ars ci mise del suo. E cominciò la stagione dei rinvii. Che continua ancora.

La Lega: “Problema di credibilità”

“L’ennesimo rinvio delle elezioni di secondo livello per le ex province siciliane votato dall’Ars pone un problema di credibilità a tutta la politica regionale”, dice il segretario della Lega in Sicilia Nino Minardo. Che ricorda come i Liberi Consorzi sono “in perenne commissariamento, senza alcuna guida politica, in crisi finanziaria e con migliaia di dipendenti che potrebbero essere messi in condizioni di lavoro più produttive e gratificanti”. Problemi finanziari seri: Siracusa è già andata ko, Enna versa da tempo in condizioni gravi.

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Il caso di Agrigento

Prendete Agrigento, ad esempio. Sono passati tredici anni dall’ultima volta in cui gli agrigentini sono stati chiamati ad eleggere il presidente della provincia quando – era il giugno 2008 – l’allora coordinatore del Movimento per le Autonomie, Eugenio D’Orsi, fece bottino pieno ottenendo il 67,88% dei consensi. In quell’occasione oltre 225mila agrigentini si recarono alle urne non certamente consapevoli che quella sarebbe stata l’ultima elezione di un presidente della provincia. Il mandato di D’Orsi, caratterizzato da una battaglia persa per la costruzione dell’aeroporto a Licata e da diversi azzeramenti di giunta, si concluse il 15 giugno 2013.

L’era dei commissari

Da quel momento in poi – così come nel resto della Sicilia – si sono susseguiti di volta in volta svariati commissari straordinari nominati dalla Regione, chiamati inizialmente al compito di “traghettatori” e che invece durano ancora oggi. Il Libero Consorzio di Agrigento nasce ufficialmente il 12 marzo 2014 con la gestione dell’Ente che fu affidata al commissario straordinario Benito Infurnari a cui seguì poi la gestione del commissario Alessandra Diliberto. Dal 2018 è cominciata l’era Alberto Di Pisa. L’ex procuratore di Termini Imerese e Marsala è stato riconfermato appena dieci giorni fa – per la quinta volta – commissario straordinario del Libero Consorzio.

Un soggetto ibrido

Una delle dirette conseguenze della (mancata) riforma delle province è la nascita di un soggetto ibrido che conserva ancora alcune prerogative che furono dei vecchi Enti ma che ne ha perse altre. Sotto la gestione Di Pisa particolare importanza è stata data – ad esempio – all’edilizia scolastica ma soprattutto alla viabilità interna, uno dei settori più “delicati” del territorio agrigentino. Secondo lo schema dell’ultimo bilancio di previsione – approvato nel luglio scorso dal commissario straordinario Di Pisa – l’ex provincia prevede di incassare quasi 94 milioni di euro frutto di entrate correnti (18.520.000,00 euro), trasferimenti correnti (23.954.555,43 euro), entrate extra tributarie (1.614.571,50 euro) ed entrate in conto capitale (40.069.567,29 euro). Il capitolo delle uscite prevede invece una spesa corrente per poco più di 43 milioni di euro a cui si aggiungono circa 50 milioni di euro per le spese di investimento destinate prevalentemente agli interventi sulla viabilità interna, sulle infrastrutture stradali, all’edilizia scolastica provinciale e alle scuole superiori. In diminuzione le spese per il personale per il 2020 che conta su 449 unità a tempo indeterminato e 126 a tempo determinato. Inoltre, lo schema del bilancio di previsione 2020 ha dovuto tenere conto anche del pesante prelievo forzoso da parte dello Stato che si aggira sui dieci milioni di euro e che riduce notevolmente la capacità di assicurare i servizi previsti dalla legge in favore dei cittadini.

Il caso di Trapani

La presenza di un commissario a Palazzo Riccio di Morana, sede della Provincia Regionale di Trapani ha inizio addirittura nel 2012 quando ancora si chiamava, appunto, Provincia Regionale. E questo poiché l’allora presidente Mimmo Turano, oggi assessore regionale alle Attività Produttive nella giunta guidata dal Governatore Nello Musumeci, si dimise per candidarsi proprio all’Ars dove venne eletto deputato.

Turano lasciò la reggenza del governo dell’ente provinciale al vicepresidente onorevole Enzo Culicchia. Ma pochi giorni dopo le sue dimissioni l’allora governatore Rosario Crocetta nominò il commissario straordinario nella figura di Alessandra Giammanco, dirigente dell’assessorato alle autonomie locali alla Regione Siciliana.
La Giammanco non entrò in sintonia con il consiglio provinciale che era rimasto in carica in attesa del rinnovo elettorale, e nel gennaio 2013 venne sfiduciata. Nel frattempo era diventata sempre più palese la volontà di Crocetta di abolire gli Enti provinciali e, infatti, nel 2013 alla Giammanco subentrò come commissario straordinario il dottor Dario Pellos, che proveniva dall’incarico di viceprefetto vicario a Forlì (Pellos divenne, poi, prefetto e il suo primo incarico fu proprio a Trapani).

L’era Ingroia

Dopo Pellos Crocetta consegnò l’Ente all’ex magistrato Antonio Ingroia. Era il 21 febbraio del 2014, Ingroia si insediò a Palazzo del Governo e nella conferenza stampa disse di essere arrivato a Trapani “non per fare il Pubblico Ministero ma non v’è dubbio che se dovessi incontrare vicende meritevoli di segnalazione farò il mio dovere di pubblico ufficiale”. Parole chiare che fecero subito intendere che Ingroia non avrebbe fatto il semplice traghettatore dell’Ente. Ingroia resse la Provincia Regionale di Trapani per circa otto mesi (dal 21 febbraio al 31 ottobre) operando in sostituzione e con le funzioni di tutti gli Organi provinciali.

Valzer di commissari

Dopo Ingroia a Trapani arrivò, il 21 febbraio del 2014. l’avvocato Ignazio Tozzo, dirigente della Regione, che però venne preceduto da un commissario ad acta, la dottoressa Daniela Leonelli, funzionario del Dipartimento Regionale delle Autonomie locali. Tozzo rimase in carica per soli quattro mesi. Nell’aprile del 2015, nuovo Commissario Straordinario per il Libero Consorzio Comunale di Trapani venne nominato Giuseppe Amato, dirigente regionale, ma prima dell’insediamento del dottor Amato, l’attività amministrativa dell’Ente nei giorni scorsi era stata assicurata, nella sua veste di Commissario ad acta, da Angelo Sajeva, funzionario della Regione Siciliana. Giuseppe Amato si dimise dall’incarico il 13 gennaio del 2017. Pochi giorni dopo, e finora è stato l’ultimo (ed è ancora in carica), alla guida del Libero Consorzio Comunale venne nominato un magistrato in pensione: il dottor Raimondo Cerami.

L’appello di Minardo

Analoghe le vicende che hanno contrassegnato questi anni a Siracusa, Ragusa, Enna e Caltanissetta. Il leghista Minardo lancia un appello: “In accordo con i deputati regionali della Lega facciamo appello a tutti i deputati del centrodestra e al Parlamento regionale affinché si pongano le basi per poter avviare immediatamente una discussione nuova nel merito e nel metodo con tutti portando avanti sin da subito il principio che quello votato mercoledì scorso debba essere l’ultimo rinvio per le elezioni di secondo livello dei Liberi Consorzi in Sicilia”. Chissà se accadrà davvero.

Tags: liberi consorzi provinciali · Province

Pubblicato il 13 Febbraio 2021, 06:0614 Febbraio 2021, 08:40
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Commenti
  1. fred 2 settimane fa

    Come continuare a mantenere personaggi da avanspettacolo…. Ecco il metodo

    Rispondi
  2. Riflessione 2 settimane fa

    La democrazia è stata sospesa non per sbaglio ma in modo strategico per dare incarichi di sottogoverno che aiutano a mantenere in vita i governi regionali. Del buon governo e della buona amministrazione ai politici interessa più niente che poco. Tanto un capro espiatorio da dare in pasto al popolo lo trovano sempre.

    Rispondi
  3. franco scancarello 2 settimane fa

    Questo ennesimo rinvio avvalora la mia idea, espressa già due mesi fa su questo giornale: quella di annullare questa sciagurata legge che ha distrutto le province regionali in Sicilia e di tornare alla Legge regionale 9/1986, modificata ed adeguata alle esigenze dei nostri tempi, ridando all’intero corpo elettorale il potere di eleggere il presidente, la giunta ed i consigli provinciali. Non è possibile che nessuno rifletta sul fatto che è questo il vero motivo che ha provocato i tanti rinvii di queste “maledette” elezioni di secondo grado e del degrado nel quale sono cadute quelle che erano le Istituzioni di area che meglio funzionavano in Sicilia.
    I nuovi Enti individuati dal legislatore nel 2015, non hanno assolto per nulla ai compiti delle ex Province Regionali, le strade provinciali sono diventate quasi tutte impraticabili, gli istituti scolastici di competenza provinciale sono abbandonati e i Dirigenti scolastici spesso non sanno come fare per risolvere i problemi di manutenzione e gestione degli edifici da loro utilizzati. I nove uffici tecnici delle ex Province, che erano un fiore all’occhiello, sono stati distrutti ed oggi non sono più in grado di svolgere l’attività che fino a pochi anni fa disimpegnavano con prestigio ed efficienza.
    A livello sovracomunale, le politiche di programmazione territoriale per la realizzazione di infrastrutture, la tutela dell’ambiente e la gestione dei servizi, ai quali prima provvedevano le Province, sono entrate nel marasma e nella confusione più assoluta. Oggi non si capisce bene chi ne abbia la competenza. Assistiamo ancora al proliferare di Aziende, Consorzi, Società, Agenzie di Sviluppo Locale etc., che si costituiscono con lo scopo nobile di gestire servizi, programmare e realizzare infrastrutture, sviluppare il turismo e tanto altro ancora.
    Tutti questi Organismi non vengono gestiti in regime pubblicistico, nonostante siano composti per lo più dai Comuni, ma in regime privatistico, regolato dal Codice Civile. Tale regime non obbliga questi organismi pubblico/privati di applicare le stringenti regole sulla trasparenza e sui controlli ai quali sono sottoposti gli Enti Pubblici, per cui in molti casi le gestioni risultano opache e discutibili. Peraltro, quasi tutti hanno fallito nel compito di risultare più efficienti, efficaci ed economici rispetto alla Pubblica amministrazione ed hanno quasi del tutto fallito l’obiettivo di coinvolgere i privati nell’assunzione di responsabilità e nel loro coinvolgimento nella gestione.
    A questa confusione istituzionale e di competenze ritengo sia giunto il momento di mettere ordine. Occorre avere il coraggio di ripensare al ritorno alle Province Regionali ed all’elezione diretta dei loro rappresentanti da parte degli elettori, riprendere la L. R. 9/1986 e aggiornarla alle odierne esigenze, applicando la parte del decentramento delle competenze della Regione ai Comuni ed alle Province e trasferendo loro, di conseguenza, le risorse umane e finanziare per consentirne la gestione. Se si va a rileggere quella legge era tutto previsto ma il legislatore regionale ha ritenuto di non tenerne conto per non cedere parti di poteri propri che, peraltro, non vengono adeguatamente gestite.
    Una riforma così importante ridisegnerebbe l’assetto di tutte le competenze ed avvicinerebbe i centri decisionali ai cittadini. Gli amministratori locali, che sono il vero Front-office di prima istanza, verrebbero aiutati meglio a svolgere il loro ruolo determinante per affrontare e risolvere le istanze locali provenienti dalla comunità che amministrano. Non vedo per quale motivo si debba ancora continuare a mantenere un sistema di potere che funziona male e che allontana sempre più i cittadini dalle Istituzioni che finiscono con il considerare tutte le classi dirigenti politiche ed amministrative quali loro nemici e unici responsabili del mancato sviluppo della loro terra, che provoca malessere e disoccupazione.
    Oggi il clima di unità nazionale che si sta creando con la nascita del Governo del presidente Draghi dovrebbe contagiare anche la politica Siciliana che deve mettere mano ai ritardi accumulati nel varo di riforme come questa che ormai non sono più rinviabili. Le regole si scrivono insieme, come ci hanno insegnato i padri della nostra Repubblica, perché devono valere per tutti i partiti e le coalizioni che si alternano nel governo delle Istituzioni. Quindi è necessaria un’assunzione di responsabilità collettiva, altrimenti si continuerà a navigare a

    Rispondi
    • Arturo 2 settimane fa

      Le province sono uno spreco. Non serve un 4° livello di governo

      Rispondi
  4. Machefanno 2 settimane fa

    Ma che fanno i dipendenti delle province in questo caos, lavorano o no?

    Rispondi
  5. nello 2 settimane fa

    Questi anni hanno mostrato l’assoluta utilità delle Province.

    Rispondi
  6. Arturo 2 settimane fa

    La democrazia è uno dei massimi valori di civiltà. Ma per realizzare scuole e strade e e mantenerle bastano buoni ingegneri e murifabbri

    Rispondi

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