"La testa gli devo schiacciare": violenza mafiosa allo Zen

“La testa gli devo schiacciare”: violenza mafiosa allo Zen

Il dialogo choc fra i due nuovi "capimafia"

PALERMO – C’è qualcuno allo Zen che ha rischiato grosso, anche di morire. Una persona mai identificata. Così emergerebbe dalle parole di Francesco L’Abbate e Giuseppe Cusimano intercettati dai carabinieri del Nucleo investigativo di Palermo.

Cusimano e L’Abbate sono stati arrestati con l’accusa di essere i nuovi capi della famiglia mafiosa dello Zen.

Il 7 febbraio 2020 era Cusimano a ribadire la necessità di intervenire contro l’uomo che non rispettava le regole. Ne valeva della loro credibilità. Il linguaggio utilizzato era inequivocabile: “… o noi gli mettiamo la minchia in bocca a tanti… o ci andiamo a sedere… perché ora si è montato la testa e sicuramente lo dobbiamo struppiare… esce cose dallo Zen… ora l’ho mandato a chiamare e gli dico ma… gli ho detto gli devo prendere la testa e gliela devo schiacciare, non lo so. O tu sei diventato… più superiore di qualche altro? Vedi che tu sei nessuno immischiato con niente”.

In ballo c’era il rispetto della disciplina all’interno del quartiere periferico di Palermo. Non tutti aveva compreso che c’era gente nuova a comandare “perché il sole spunta di qua… ancora non ha capito niente”.

L’Abbate era pronto a intervenire: “… e lo acchiappiamo… qual è il problema. Lo possiamo acchiappare subito perché è tutto il giorno piedi, piedi”.

Cusimano era addirittura per una soluzione estrema: “Con un bel motore… vai là bum… bum… non ne capirebbe niente, è vero?”.

Chi è che meritava una simile punizione? Nelle parole di Cusimano si faceva riferimento a persona anziana. L’Abbate suggeriva di “camminare con un coso di questo nella borsa”. Cusimano aggiungeva: “… ma senza il casco ci andrei l’infarto gli verrebbe… l’infarto”.

Alla fine ebbe un ripensamento: “… poi ci mettono come… l’omicidio di… per un vecchio di questo dovremmo entrare per sempre in carcere”. Nel frattempo, però, se ne andava in giro armato: “… io ho un bel trecento cinquantasette (un revolver Smit e Wesson calibro 357)”.


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