Draghi e l'illuminismo istituzionale - Live Sicilia

Draghi e l’illuminismo istituzionale

La politica è come la stanzetta dei nostri bambini: è giunto il momento di posare i pupazzetti e di mettersi a studiare
D'ALI' A QUI
di
3 min di lettura

Caro direttore, mi si conceda una riflessione sul nuovo governo italiano. Per carità, nessuna analisi da politologo improvvisato, né previsioni da economista fai da te, tantomeno dissertazioni sbandierate da tifoso, quale io comunque sono: ne abbiamo abbastanza; siamo ormai un Paese di politologi, virologi, sociologi, tutti santi e navigatori in rete. La mia vuol essere una riflessione sul moto, perennemente irrequieto, del sentiment popolare e della conseguente evoluzione o involuzione del mainstream politico.

Piccola digressione: siamo certi che sia questa la relazione? Siamo certi che la politica si adatti all’umore diffuso? O accade l’esatto contrario? Tanto per banalizzare un po’ e senza andare troppo indietro nel tempo, è nato prima il grillismo o il cosiddetto sistema Palamara? Salvini è figlio delle immigrazioni incontrollate o il generatore d’odio verso i più deboli di colore? Draghi è la conseguenza di un anti-contismo/casalinismo di massa o, adesso che c’è lui, ci riscopriamo tutti europeisti, profeti del merito e avidi d’autorevolezza in salsa establishment? Non so rispondere a tali quesiti e forse una risposta vera non c’è, perché l’ermeneutica del consenso e dei suoi flussi è materia liquidissima. Non sfugga ad ogni modo, ed è ciò che mi preme sottolineare, come quella di Draghi non sia una scelta, non sia una svolta, non sia una soluzione. È un’era. Una nuova, vecchia era politica. È il ritorno al politicamente corretto, è la fine dell’illusione populista, la tomba dell’uno vale uno anche se poi non vale niente. È un nuovo illuminismo istituzionale che soppianta il parossismo piazzaiolo. Un illuminismo politico! Il fatto che nel suo governo insistano il demiurgo del Vaffa day e i tre dell’ave Maria – Prima il Nord – abbasso l’Europa è paradossalmente la prova della morte del populismo dilagante (nelle sue varie declinazioni), nonché della riscoperta d’una cultura di governo ultimamente derubricata a sete di potere a spese della gente affamata. Sì perché, se la presenza dei partiti nel governo Draghi- Mattarella ha salvato la Politica zittendo i profeti del suo fallimento, la presenza di certi politici ha zittito le loro urla, forse per sempre. Grillo che si dimena in un’apologia on line di Mario Draghi. Salvini che dal suo trono di spade (ora che la briscola è a coppe) manda i suoi al governo e promette fuoco e fiamme al grido entusiastico “Dragarys!”. In molti ci vedono un scelta di convenienza politica, gli aficionados ne sottolineano la responsabilità, i più intransigenti gridano allo scandalo. Forse hanno tutti ragione e tutti torto. Di sicuro c’è che hanno sancito, proprio con questa loro scelta, il declino delle urla, dei comizi di spiaggia, delle piattaforme e di tutte le altre innumerevoli strambate che nell’ultimo decennio mamma antipolitica ha partorito. Certo, gli estremismi ci saranno sempre, le stagioni della politica, come quelle del cuore, vivono di battiti alterni e altalenanti, le maschere mute del moderatismo cavalcheranno il momento, gli ardimentosi oppositori alla Meloni aspetteranno nuove urne, Forza Italia è ancora lì (ed è un vero miracolo italiano), Renzi continuerà ad essere l’erede di quel Bianco di Pontassieve che nel 1300 guerreggiava coi Neri, Grillo tornerà in teatro, la sinistra cercherà di dire cose di sinistra… e Draghi? Mario Draghi farà ciò che deve fare. Badate bene, non ci sveglieremo domani in un Paese perfetto, senza virus e coi soldi nei conti correnti, non tornerà tutto a posto, lui non è – non lo è nessuno – il messia di un’eterna promessa. È un uomo delle istituzioni, con tutto il suo carico di carisma, competenza e consapevolezza. Punto. Ed è quello che serve, quello che al popolo serve, specie in momenti drammatici come quello che stiamo vivendo. In fondo, la politica è come la stanzetta dei nostri bambini: è giunto il momento di posare i pupazzetti e di mettersi a studiare. Rectius, di mettersi nelle mani di chi ha studiato. Perché urlare è una cosa, ed è abbastanza divertente. Twittare è una cosa, ed è abbastanza divertente. Governare i processi è tutt’altra cosa, ed è una cosa abbastanza seria. Ecco, Draghi rappresenta un Paese che adesso deve fare sul serio.

Partecipa al dibattito: commenta questo articolo

Segui LiveSicilia sui social


Ricevi le nostre ultime notizie da Google News: clicca su SEGUICI, poi nella nuova schermata clicca sul pulsante con la stella!
SEGUICI