Italgas, la parcella dello scandalo: da 120 milioni ridotta a un milione

Italgas, la parcella-scandalo: da 120 milioni ridotta a un milione

Il compenso si riferiva a solo un anno di gestione, tra il 2014 e 2015

PALERMO – Alla fine la maxi parcella dello scandalo per la gestione di Italgas si è sgonfiata. Da una richiesta di 120 milioni si è arrivati a poco più di un milione di euro. Un taglio drastico deciso dai giudici.

Lo si apprende dalla relazione della Commissione regionale antimafia sui beni confiscati. Si legge infatti che Il Tribunale di Palermo, sezione I penale Misure di prevenzione, con provvedimento del 10 novembre scorso ha stabilito che “il compenso va arrotondato ad euro 230.000,00 per ciascuno degli amministratori giudiziari ai quali spettano, pertanto, euro 26.000 ciascuno, dal momento che il Tribunale, nella composizione precedente al settembre 2015, aveva già disposto un cospicuo acconto sul compenso finale per ciascuno degli amministratori giudiziari, pari ad euro 204.000”.

Centoventi milioni di euro: a tanto ammontava la richiesta dei quattro ex amministratori giudiziari della società. La parcella si riferiva a un solo anno di gestione, tra il 2014 e 2015. A nominarli fu il collegio presieduto da Silvana Saguto.

La decisione sulla liquidazione è passata al vaglio del nuovo collegio delle presieduto da Raffaele Malizia. I giudici hanno rivisto, e di molto, al ribasso la richiesta che era stata presentata applicando il parametro massimo da parte dell’avvocato palermitano Andrea Aiello, del commercialista milanese Luigi Saporito, dell’ingegnere agrigentino Sergio Caramazza e del professore della scuola Sant’Anna di Pisa Marco Frey.

L’azienda venne sottoposta a questa procedura a causa delle presunte infiltrazioni mafiose per via delle commesse assegnate agli imprenditori Cavallotti, di Belmonte Mezzagno. Non si trattava dei Cavallotti assolti in sede penale e sottoposti a una misura di prevenzione con confisca dei beni, ma dei figli mai processati in sede penale e non ritenuti socialmente pericolosi in sede di misure di prevenzione. I Cavallotti si erano aggiudicati delle gare di appalto, la cui regolarità mai è stata messa in discussione. Per recidere questi rapporti il collegio Saguto, su proposta della Procura della Repubblica, decise di sottoporre l’intera azienda prima alla amministrazione di un comitato di saggi da loro scelti e poi al controllo giudiziario per tre anni.

Il controllo giudiziario fu revocato dopo un solo anno nel 2016 dalla Corte d’Appello. La maxi parcella da 120 milioni è venuta fuori applicando alla lettera i parametri che imposti dal DPR 177 del 2015, una misura che era stata decisa per contenere i guasti del cosiddetto sistema Saguto. E cioè la libertà dei giudici nel liquidare i compensi agli amministratori basandosi sul presunto valore delle aziende sequestrate o confiscate. Ora è arrivato il taglio drastico, resta da capire se i quattro professionisti non decideranno di fare ricorso.


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