L'Odissea dei beni confiscati e la sfida della 'Calcestruzzi Ericina'

L’Odissea dei beni confiscati e la sfida della ‘Calcestruzzi Ericina’

La storia riemerge tra le pieghe della relazione dell'Antimafia

TRAPANI – Dalle fatture emesse dallo Stato e incassate dai mafiosi alla vicenda del prefetto Sodano. Una storia da raccontare con tanto grigio fra il bianco e nero. Continua il viaggio di Livesicilia fra le pieghe della relazione della commissione Antimafia all’Ars in materia di aziende sequestrate e confiscate alla mafia. Tra i temi una delle aziende della provincia di Trapani che continuano ad avere i riflettori puntati addosso: la Calcestruzzi Ericina.

Sebbene oggi ‘Calcestruzzi Ericina Libera’ rientrerebbe tra le vittorie della lotta alla mafia in quanto rilanciata attraverso alcune azioni imprenditoriali innovative ed efficaci, per la commissione Antimafia guidata da Claudio Fava si tratta, comunque, di uno dei tanti esempi di aziende sequestrate e poi confiscate che stentano ad attecchire anche a causa delle lungaggini o delle incongruenze dell’apparato burocratico legato all’utilizzo dei beni mafiosi gestiti dallo Stato.

La cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera nasce nel 2008 dalle ceneri della vecchia azienda attiva dal 1992 a Trapani nel settore dei materiali di costruzione e della produzione di calcestruzzo. Il percorso della nuova azienda incomincia tra il 1994 ed il 1996 quando, accertato che la Calcestruzzi Ericina appartenesse al clan mafioso di Virga, si procedette al sequestro preventivo delle quote societarie.

Sequestrata alla mafia di Trapani e poi confiscata, adesso l’azienda sembra essersi rilanciata attraverso un meccanismo di riciclo degli scarti edili. La sua storia, viene sottolineato nella relazione della commissione Antimafia, è particolarmente significativa, anche se piuttosto isolata nel panorama delle aziende siciliane confiscate alla mafia. Una storia che racconta di un’azienda sequestrata, poi confiscata ma destinata – per ostilità del mercato, incurie istituzionali e accanimento mafioso – ad essere cannibalizzata a vantaggio di altre aziende del ramo. Un settore, quello delle cave e della produzione di calcestruzzo, sul quale la presenza imprenditoriale di Cosa nostra è quasi egemone (come accade anche nel settore dei trasporti su gomma).

Sequestrata nel 1996, la Calestruzzi Ericina, stando ai riscontri dei magistrati inquirenti e a quanto sottolineato della stessa Antimafia, in realtà il controllo mafioso della Calcestruzzi Ericina srl, con alterne vicende, durò anche dopo il 1994, terminando solo con la confisca definitiva nel giugno del 2000. Le indagini del sostituto procuratore di Trapani, Andrea Tarondo, accertarono che fino al 1999 i figli del capo mandamento, Vincenzo Virga, anche loro arrestati e poi condannati, erano presenti tutti i giorni nell’impianto, decidevano il prezzo da fare ai vari imprenditori: quindi l’imprenditore che andava a comprare il calcestruzzo non trovava lo Stato ma trovava il boss mafioso o suo figlio e doveva contrattare il prezzo con loro.

“Le verifiche sancirono che, per un certo periodo, le fatture venivano emesse dalla società confiscata, quindi dallo Stato, ma venivano pagate al mafioso”. Così racconta il suo lavoro, il magistrato Andrea Tarondo.

Poi nel 2001 il boss mafioso Vincenzo Virga, che era l’originario proprietario, è stato arrestato, c’è stato un forte intervento da parte dello Stato, sono stati sostituiti gli amministratori… e quindi si può dire che l’impianto è finalmente entrato veramente sotto il controllo dello Stato…

Ma la confisca definitiva non risolve i problemi della Calcestruzzi Ericina. Esclusa definitivamente dal controllo dell’azienda confiscata, la mafia tenta comunque di portare al fallimento l’azienda per potersene spartire le spoglie. Quando si è passata alla confisca definitiva c’è stato un vero e proprio boicottaggio ed un calo delle commesse, tanto che la Calcestruzzi ericina ha rischiato il fallimento. Lo scopo era quello di farla fallire per riacquistarla a pochi soldi.

Se quell’operazione non andò in porto, il merito fu soprattutto dell’allora prefetto di Trapani, Fulvio Sodano, che però, nel 2003, venne trasferito da Trapani proprio mentre stava provando a porre in essere procedure per rilanciare, nella piena legalità, la Calcestruzzi Ericina.


Il trasferimento del prefetto Sodano non fermò il travagliato percorso di rigenerazione aziendale che proseguì nel 2004 con l’azione congiunta di Luigi Ciotti e di Libera che, insieme ai lavoratori, coinvolsero Legacoop, Legambiente e Anpar (l’Associazione Nazionale Produttori di Aggregati Riciclati) nel pianificare la fondazione, nel 2010, dell’attuale cooperativa Calcestruzzi Ericina Libera, interamente costituita dai dipendenti della vecchia azienda confiscata.

L’anno successivo, come previsto dalla legge 7 marzo 1996, n. 109 sull’uso sociale dei beni confiscati alle mafie, i beni aziendali della vecchia Calcestruzzi Ericina vennero affidati alla nuova società: la prima cooperativa di lavoratori che ottiene l’assegnazione del bene aziendale.

Oggi, e da dieci anni ormai, la Calcestruzzi Ericina Libera rappresenta una delle realtà più positive in Italia, il segno concreto che un riscatto sia possibile, anzitutto nel segno della tutela dei lavoratori. Ma la strada resta in salita. Lo spiega chiaramente MMammo Zagarella, amministratore delegato della Calcestruzzi Ericina Libera: “Dal 2011, abbiamo la gestione come cooperativa e in questi dieci anni abbiamo avuto l’impressione che quando nei tavoli istituzionali andiamo a rappresentare quelle che sono le problematiche della gestione, è come se fossimo un elemento di disturbo”.

Si riferisce, ad esempio, al mancato confronto con l’Agenzia dei beni confiscati: “è dal 2014 – afferma Zagarella – che scriviamo all’Agenzia per alcune problematiche e non abbiamo nessun risultato. Laddove troviamo qualcuno che ha voglia di collaborare, poi cambia il Direttore e, come il gioco dell’oca, ricominciamo da capo a riscrivere…”

Ecco, anche per quanto riguarda la Calcestruzzi ericina, viene messo in risalto il complesso meccanismo dei rapporti – spesso episodici, sempre faticosi – con l’Anbsc, uno dei punti dolenti che sono stati proposti dagli amministratori di tutte le aziende confiscate che sono stati ascoltati nel corso della indagine. Non fa eccezione la Calcestruzzi Ericina Libera. L’amministratore delegato lo spiega portando l’esperienza di una delle tante contorsioni istituzionali e burocratiche che, per un’azienda già fortemente provata come la sua, rischiano di compromettere il lavoro di vent’anni. La Calcestruzzi potrebbe usufruire di mezzi, come autobetoniere e autobetonpompe, che sono stati sequestrati ma sono rimasti abbandonati e quindi vandalizzati. O, ancora, alcuni mezzi affidati al Corpo dei Vigili del fuoco che pare non sappiano che farsene perché servono solo a trattare il calcestruzzo… alla richiesta della azienda trapanese lo STATO, tramite l’agenzia dei beni confiscati, ha opposto una serie di impedimenti come, ad esempio, quello di non sapere come trasportare i mezzi da Enna a Trapani.

Il commento dell’ingegnere Zagarella è emblematico: “Fin quando non si prenderà la consapevolezza che la vera lotta di contrasto alla criminalità organizzata non si ferma al sequestro e alla confisca, ma la vera lotta sono le aziende che continuano a lavorare, affidate alle cooperative, che continuano a lavorare e a creare economia pulita… Ecco, è quello il vero contrasto alla criminalità!”


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