"Luca, l'ambasciatore amico degli abbandonati: vi spiego il Congo"

“Luca, l’ambasciatore amico degli abbandonati: vi spiego il Congo”

Un attacco sanguinario. E un palermitano che qui luoghi li conosce bene.
L'ATTACCO AGLI ITALIANI
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PALERMO- “Luca Attanasio era un giovane uomo generoso, un amico degli abbandonati. Mi è capitato di incontrarlo e di conoscere alcuni membri del suo staff. Persone solidali e attente all’umanità”. Rino Martinez, anima palermitana che da anni si reca in Congo, per portare sollievo nella tragedia della fame e delle privazioni, commenta i fatti tremendi che conosciamo, il sangue versato oggi dall’ambasciatore, da un carabiniere e dall’autista: Luca Attanasio, Vittorio Iacovacci, Mustapha Milambo.

“Una situazione drammatica”

“Lì – dice Rino – ci sono parecchie situazioni drammatiche. C’è la guerriglia, in molti punti, ci sono scontri e violenze, intorno all’interesse per le aree più ricche. Nei miei viaggi, ho avuto modo di conoscere tanta gente di buona volontà, proprio come l’ambasciatore Attanasio che amava l’umanità dimenticata e isolata. Pochi sanno quello che accade. Ci sono i bambini e le bambine soldato. Ho visto cose inenarrabili”.

L’ultimo viaggio in Congo

“Sono tornato dal Congo a dicembre e tra poco ripartirò – prosegue il racconto -. Con ‘Ali per volare’ cerchiamo di fare il possibile. A causa della pandemia, gli ultimi lo sono ancora di più. Le associazioni di volontariato, le Ong sono sempre meno presenti. E serve tutto: una medicina come un sorriso. Si attraversano zone sempre più silenziose e vuote. Oggi, laggiù, nessuno può dirsi al sicuro”.

Il richiamo dell’Africa

Eppure, questo siciliano in viaggio non si fermerà, nonostante i pericoli. Ogni volta che ritorna a Palermo non vede l’ora di ripartire. Nella foresta si è beccato anche la malaria, da cui è guarito. E ogni volta che Rino parla del Congo, lo fa come se descrivesse, con affetto il balcone di casa sua, con una passione che non si allontana mai. Lui stesso raccontava: “Ci sono villaggi che nelle carte geografiche nemmeno esistono. Tutti mi chiamano ’emmatà’, cioè colui che aiuta. Oppure ‘l’angelo’. Loro hanno una religione semplice, il misticismo del sole, della luna, delle stelle. A undici anni le bambine si sposano e mettono al mondo i figli. Li ho visti nascere, in condizioni tremende, e mi sono sentito puro, lo spettatore dell’infinito. Ma li ho visti anche morire i bambini, nonostante tutti gli sforzi per evitarlo. Se la mamma non può nutrire due figli, uno lo abbandona. Non è cattiveria, è una scelta tragica. O ne salvi uno, o muoiono tutti e due”. Ecco perché non tornare è impossibile.


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