L'eredità di Orlando e il timore di tornare indietro - Live Sicilia

L’eredità di Orlando e il timore di tornare indietro

Occorre cercare di capire come il sindaco Leoluca Orlando intende percorrere l'ultimo miglio.
SEMAFORO RUSSO
di
3 min di lettura

Clima teso in una giunta sotto tono, maggioranza assai precaria, la vicenda del ponte Corleone, gli extra costi da smaltimento dei rifiuti tradotti in un aumento della Tari, l’emergenza cimiteri irrisolta, i problemi di bilancio nel contrasto tra Ragioneria e Avvocatura sul Fondo contenziosi. Sono solo alcune delle questioni ora sul tavolo che alla fine, insieme al complicato contesto complessivo, rendono impietoso il quadro descritto da Roberto Immesi sulla situazione politica e amministrativa al Comune di Palermo. Uno scenario preoccupante supportato da fatti e numeri che si conclude con una domanda secca: “Cosa ne sarà degli orlandiani e dell’eredità politica di un’esperienza amministrativa che dal 2012 è al governo della città?” Ma prima di rispondere a tale interrogativo occorre cercare di capire come il sindaco Leoluca Orlando intende percorrere l’ultimo miglio, in prossimità delle elezioni di metà del 2022, e se ne vale la pena percorrerlo o se non sia il caso di mandare tutti a casa e restituire la palla agli elettori, con i rischi connessi a una chiamata anticipata alle urne.

Il punto è che ormai a Sala delle Lapidi regna il conflitto e la maggioranza, complice il mancato coordinamento politico delle liste civiche del sindaco in questo secondo mandato, è fragile (nel 2012 c’era Italia dei Valori che conquistò 30 seggi sui 50 di allora). Una fragilità determinata pure dalle dinamiche tipiche della campagna elettorale già partita. Ogni consigliere comunale di maggioranza che vuole rimanere nelle istituzioni pensa al proprio destino, non è più disposto a obbedire ciecamente a un sindaco non ricandidabile e le opposizioni, a fine consiliatura, non hanno interesse a collaborare. Le stesse forze politiche che hanno sostenuto Orlando, dal PD a Italia Viva in particolare, sono “distratte” dalle vicende nazionali ed evidentemente non si sentono più vincolate al patto originario siglato nel 2017 mentre a Roma forse si saldano nuove alleanze (vedi PD e M5S) e l’amministrazione della città arranca. Arranca per ragioni in parte obiettive legate alle esigue risorse finanziarie, alla insufficienza di personale soprattutto tecnico, ai ritardi della Regione in materia di impianti per lo smaltimento dei rifiuti, ai cantieri infinitamente aperti, sebbene di competenza non comunale, e alla ritrosia di troppi cittadini a rispettare le minime regole di civiltà. Contemporaneamente, inutile negarlo, si coglie una difficoltà di governo nelle cose normali, la pulizia delle strade, l’illuminazione pubblica, i trasporti, il controllo del territorio comunale attraverso la polizia municipale le cui divise non si ricordano tanto è difficile incontrarle.

Sappiamo che non è unicamente colpa dei “caschi bianchi”, anche lì carenza cronica di personale, età media degli operatori alta, innumerevoli servizi da espletare, epperò senza controlli e sanzioni, atteso che non viviamo in Svezia, a Palermo non si campa e non ci si evolve. Ecco, purtroppo ha zoppicato la normalità su cui, invece, occorreva investire il massimo possibile. Asserire che a Palermo nulla sia cambiato significherebbe asserire il falso, una rivoluzione culturale è stata avviata sui temi, per esempio, della legalità e della mobilità, affermare che si poteva fare di più è vero. Adesso, per tornare alla domanda iniziale, è difficile prevedere cosa resterà dell’esperienza orlandiana, dipende principalmente da Orlando, piuttosto il timore è che la città possa tornare indietro se non si pensa da subito a un progetto credibile e a un candidato sindaco di uguale riferimento ideale e valoriale in grado di giocarsi la partita. Un progetto credibile e un candidato sindaco che non disperdano il meglio che l’esperienza orlandiana ha portato alla città di Palermo, e non è poco.

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