Il boss Fontana si è pentito, terremoto in Cosa Nostra

Il boss Fontana si è pentito, terremoto in Cosa Nostra

Dagli affari a Milano all'attentato all'Addaura: una storia di mafia e segreti. La sua credibilità va testata

PALERMO – C’è un nuovo pentito nella mafia palermitana. Uno che porta un cognome pesantissimo. Siamo nella fase embrionale della collaborazione, ma il pentimento di Gaetano Fontana è uno di quelli che potrebbero provocare un terremoto. Adesso dovrà aprirsi del tutto e dare prova della sua credibilità ai pubblici ministeri di Palermo.

Gaetano Fontana, boss dell’Acquasanta, è stato arrestato l’ultima volta nel maggio 2020 in un blitz dei finanzieri del Nucleo speciale di polizia valutaria, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia di Palermo. assieme ad altre novanta persone.

Arrestato a maggio

I finanzieri bussarono in altrettante abitazioni. Non solo a Palermo, ma anche a Milano. È a Milano, infatti, che i fratelli Fontana avevano trasferito residenza e interessi economici.

Il rione Acquasanta del capoluogo siciliano è rimasto, però, il centro del potere dei Fontana, ricostruito dal procuratore di Palermo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Salvatore De Luca e dai sostituti Amelia Luise e Dario Scaletta.

Gaetano fu arrestato assieme ai fratelli Giovanni e Angelo. Agli ordini dei Fontana venivano gestiti la raccolta delle scommesse sportive e i traffici di droga.

Lusso a Milano

E poi c’erano gli spalloni che avrebbero trasportato i soldi in contanti da Palermo a Milano dove sarebbero stati investiti dai Fontana in diverse attività commerciali, tra cui la gioielleria “Luxury Hours” sequestrata nei mesi scorsi nel quadrilatero della moda milanese.

I fratelli Fontana sono figli di Stefano, reggente della famiglia dell’Acquasanta e oggi deceduto, che ha passato il bastone del comando a Gaetano. Dal 2010, dopo avere finito di scontare una condanna per mafia, Gaetano Fontana era sottoposto alla sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno a Milano. Ed è annunciando la sua prossima scarcerazione che i picciotti del racket iniziarono a minacciare chi non voleva pagare il pizzo.

Famiglia di mafia

Il nome di Gaetano Fontana, 45 anni, compariva per la prima volta nelle cronache giudiziarie quando non era ancora maggiorenne, accusato dell’omicidio avvenuto nel 1992 di un piccolo spacciatore, Francesco Paolo Gaeta. La storia dell’allora sedicenne si intrecciava con uno dei grandi misteri italiani: il fallito attentato all’Addaura ai danni del giudice Giovanni Falcone.

Il mistero dell’Addaura

Il 21 giugno del 1989 un commando a bordo di un gommone si avvicinò via mare alla villa che ospitava il magistrato insieme alla collega svizzera Carla Del Ponte. Fecero degli errori e furono costretti a battere velocemente in ritirata abbandonando sugli scogli un borsone pieno esplosivo. Si lanciarono in mare, fingendosi sub.

La storia si faceva misteriosa: qualcuno avrebbe riconosciuto in Angelo Galatolo, boss dell’Acquasanta, uno dei membri del commando incaricato da Totò Riina di fare saltare in aria Falcone. Quel testimone era Francesco Paolo Gaeta, tossicodipendente e spacciatore della borgata palermitana che stava facendo il bagno poco distante. Per anni la vicenda rimase oscura, fino a quando una decina di anni si pentì un altro dei Fontana, anche lui di nome Angelo, ed è lo zio di Gaetano.

Il vecchio omicidio

Si autoaccusò dell’omicidio di Gaeta e fu condannato all’ergastolo: non fu un banale regolamento di conti nel sottobosco dello spaccio, ma qualcosa di molto più serio. Per quel delitto in primo grado era stato condannato a sette anni anche il nipote di Angelo Fontana, Gaetano, ma in appello fu assolto.

Oggi Gaetano, boss e imprenditore, ha deciso di collaborare con la giustizia. Il suo pentimento è nella fase embrionale, ma rischia di provocare un terremoto nella mafia palermitana.


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