Leoluca Orlando, il tramonto del magnifico attore

Leoluca Orlando, il tramonto del magnifico attore

Per tutti coloro che hanno calcato la scena con successo, prima o poi, cala il sipario. Anche per lui.

Arriva anche per i magnifici attori il momento del sipario e non è dato dagli applausi o dai fischi, perché anche questi ultimi sono un segno di interesse. Arriva, implacabile, quando la platea non ti segue più, quando ti gira le spalle, quando accoglie ogni monologo con l’indifferenza. E’ quello che sta capitando a Leoluca Orlando, sindaco di Palermo.

Un magnifico attore non è tale nel senso della finzione scenica, ma perché crede nel suo copione, nel teatro che appartiene alla vita e ne costituisce una prolunga verso il paesaggio che osserva dall’ombra di una platea. Tutta la luce è per lui, con l’opportunità di recitare la passione di un’esistenza intera come se fosse un pezzo di teatro. Se è di plastica, non ci sarà seguito. Le persone ti amano se rappresenti te stesso.

Ci fu il grande movimento corale dell’antimafia che il nostro declinò, secondo consuetudine, proprio nel senso del monologo. Non mancarono, nel complesso, le stonature, né gli episodi di cinismo, pagati a caro prezzo da troppi. E, in quella stagione, si diede perfino del ‘quaquaraquà’ a Leonardo Sciascia, intellettuale di pari coraggio e candore. Ma la rivolta degli anni Ottanta-Novanta ci ha consegnato una città che sa pronunciare la parola ‘mafia’ nel verso giusto. Per condannarla.

Ci fu il sogno della vivibilità di Palermo, coniugata con la bellezza, con il Teatro Massimo proposto quale simbolo di un riscatto. Qui le cose sono andate maluccio, in generale, e malissimo negli ultimi tempi. Che frutto hanno dato i semi di una volta, con il ‘Professore’ immancabilmente sulle barricate del protagonismo?

Sull’antimafia il giudizio è biforcuto. Viviamo in una realtà in cui una chiacchierata al riparo di una stanza chiusa può avere ancora la meglio su diritti solari e la stessa antimafia è stata percorsa, in qualche caso, da spregiudicati mercanti, entrati nel tempio per tornaconto personale. Tuttavia, la portata di una rivoluzione è innegabile. Sulla vivibilità e la bellezza le ultime notizie sono tutt’altro che confortanti. L’assedio delle cose vere sulle cose immaginate è pressante. Basta sussurrare un argomento a caso, per andare a sbattere contro i duri scogli del presente. L’emergenza, nell’agenda, si rivela estesa. E il magnifico attore che fa?

Spiace dirlo: Leoluca Orlando non pare più in grado di risolvere, né di cavalcare, le voragini che si aprono continuamente e non si richiudono. Del resto, questa è sempre stata la sua caratteristica scenica: se oggi non posso sistemare una situazione, potrò sempre dire che il futuro sarà bellissimo, che il domani ci regalerà meraviglie, e pazienza se, per ora, dobbiamo soffrire un po’. Purtroppo, a furia di posticiparli, sia il futuro che il domani sono infine giunti, fusi in un terribile oggi. E reclamano una lucidità di governo che non pare albergare a Palazzo delle Aquile e dintorni.

Ma è davvero la solita storia del pastore. Il tramonto, con annesso sipario, arriva per tutti. E siccome lo sfolgorio è stato, nella sua stessa narrazione, appannaggio esclusivo di Leoluca Orlando, anche il declinare di una luce politica non può che avere il suo nome. Il sipario è già calato, a prescindere dalle scadenze elettorali. Un magnifico attore dovrebbe comprenderlo e inchinarsi verso coloro che lo amano, tutti, più di quanto siano disposti ad ammetterlo. Allora sì che scatterebbe un monumentale applauso.


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