Terremoto nella mafia dopo la morte del boss: l'arresto - Live Sicilia

Terremoto nella mafia dopo la morte del boss: l’arresto

Tensioni, vuoto di potere e quella pistola. Grimaldi è stato fermato armato
CALTAGIRONE
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CALTAGIRONE (CT) –  Un momento cruciale nel Calatino dopo la morte del boss Ciccio La Rocca. I carabinieri hanno sorpreso sulla Catania – Gela Marco Grimaldi, aveva in auto un’arma da fuoco e sarebbe il “referente del clan Laudani” per il Calatino. 

L’arresto

Marco Grimaldi, classe 67, è stato fermato sulla SS 417 in territorio di Caltagirone dagli uomini del Comando Compagnia Carabinieri di Caltagirone, retto dal Capitano Sergio Vaira e coadiuvati dagli uomini della Polizia di Stato del Commissariato di Caltagirone.

L’uomo era alla guida di un’utilitaria non di sua proprietà e al momento dell’arresto viaggiava sulla statale in direzione Caltagirone.  

I timori degli investigatori

Nella terra che fu del boss di Cosa Nostra Francesco La Rocca, se un uomo di punta come Grimaldi gira armato c’è “da preoccuparsi”. Gli equilibri vacillano e i legami con la famiglia di Caltagirone di tanti affiliati che prima apparivano indissolubili sembrano sciogliersi, in alcuni casi, anche con molta facilità. La mafia sul territorio di Caltagirone vuole riorganizzarsi e vuole farlo in fretta. In ballo oltre al semplice controllo del territorio ci sono i lavori pubblici, gli appalti, alcuni milionari, che stanno prendendo il via. 

La morte del boss La Rocca ha dato la stura all’ipotesi della spartizione del territorio, ormai orfano del rispettato e temuto boss di San Michele di Ganzaria. 

Nella famiglia del fu padrino non sembrerebbe esserci nessuno con abbastanza carisma per mantenere il dominio sul territorio. I soldi da soli, stavolta, non basterebbero.  

Nome che scotta

Marco Grimaldi è un nome che scotta: di lui parlano Giuseppe Laudani e Alfredo Palio.  Dai racconti dei due pentiti è emerso che Grimaldi, nei primi anni del 2000, già uomo di fiducia del clan La Rocca, insoddisfatto del suo ruolo interno alla famiglia di Caltagirone, avrebbe trovato nei Laudani la sponda per tentare di disarcionare Gianfranco La Rocca, figlio di Francesco La Rocca, dal ruolo acquisito per lignaggio e non per meriti sul campo. 

I pentiti raccontano come a Caltagirone si sarebbe dovuta insediare una cellula dei Laudani, con Marco Grimaldi come referente. Sempre secondo le parole dei collaboratori di giustizia a Caltagirone sarebbero giunti uomini armati di calibro 38, pistole automatiche e fucili calibro 12. “Petit cadeau” per suggellare il neonato accordo che avrebbe permesso ai Laudani di entrare a Caltagirone. 

Il golpe fallito, Matteo Messina Denaro e l’operazione Viceré

Grimaldi viene raggiunto a sorpresa a casa, dopo l’incendio doloso di alcuni mezzi della nettezza urbana da un uomo che fa “tremare” le certezze dei Laudani. L’uomo, elegante, di classe, che sa parlare bene, sarebbe il referente di Matteo Messina Denaro a Caltagirone. Gli intenti criminali dei Laudani vengono, nel frattempo, stoppati dall’Operazione Viceré che disarticola dalle fondamenta il clan, fra gli arrestati anche Marco Grimaldi.

Potrebbe dunque essere stato direttamente Matteo Messina Denaro a quietare gli animi sul territorio se, come affermato da altro pentito, fu lo stesso a parlare telefonicamente con Gianfranco La Rocca, attraverso un telefono “invisibile” della compagnia britannica Vertu, per definire il pagamento della percentuale di una tangente ottenuta da quest’ultimo sui lavori della Licodia Eubea – Libertinia. Troppo rumore avrebbe potuto far saltare importanti affari.

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