Trapani, il dibattito sui confini: nati due comitati - Live Sicilia

Trapani, il dibattito sui confini: nati due comitati

La discussione sulla rivisitazione dei confini amministrativi fra Trapani ed Erice
GRANDE CITTA'
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Trapani – Due comitati distinti e due proposte diverse, quasi opposte. Ma è un segno tangibile di come la discussione sulla rivisitazione dei confini amministrativi fra Trapani ed Erice sia, stavolta, partita sul serio. La strada, però, è irta e battuta da forti correnti contrapposte e non si tratta soltanto della tipica ventosità del comprensorio trapanese.

La questione dei confini

Sono quattro le visioni sul riassetto territoriale, distinte e separate: due di queste sono portate avanti da appositi comitati costituitisi negli ultimi giorni, il primo punta sulla fusione dei Comuni di Trapani ed Erice in una sola realtà amministrativa, l’altro punta sulla rettifica a valle dei due Comuni e l’unione dei Comuni Elimo-Ericini. L’obiettivo di entrambi i comitati è quello di migliorare la qualità dei servizi ai cittadini e di favorire lo sviluppo economico, sociale, produttivo ed economico di un’intera comunità. Ma, in mezzo ai due, si trova la posizione dei circa 200 abitanti di Erice (il borgo medievale situato sulla vetta del Monte San Giuliano) che non hanno intenzione di perdere la loro identità trimillenaria e vedrebbero, semmai, di buon occhio la possibilità che Erice diventasse il centro aggregativo di un Comune allargato anche ai territori montani come Valderice, Buseto Palizzolo e Custonaci.

La “Grande Città”

Poi ci sono i cultori della cosiddetta “Grande città”, una sorta di mini area metropolitana che accorperebbe non solo Trapani ed Erice ma anche gli altri due Comuni del quadrilatero trapanese, cioè Paceco e Valderice. E, infine, ieri pomeriggio, arriva la vision della sindaca di Erice, Daniela Toscano: “Fusione? Rettifica? Grande città” Tutte questioni anacronistiche”, afferma la prima cittadina ericina che rilancia: “ritengo che la discussione in atto, con gli strumenti che vengono indicati – fusione e rettifica – sia un errore di metodo e di sostanza. In quanto questione semmai complementare da considerare alla fine di un percorso che deve necessariamente seguire altre priorità. Le dinamiche internazionali, mondiali e nazionali ci dicono chiaramente che la prossima ripartizione di risorse sarà basata sulla programmazione di ampio respiro strategico e sulla capacità di essere territorio, area di riferimento, connubio di città omogeneo ma ampio. Proprio per rispondere alla richiesta di ridurre i costi, di razionalizzare le spese, di costruire economie di scala. In tutti i settori. In tutti i comparti economici e sociali. La logica che sta seguendo il dibattito nostrano verrà schiacciata da un confronto di ben altro tenore. C’è qualcuno che, con onestà intellettuale, può affermare che per partecipare ad un confronto del genere sia sufficiente un Comune che può contare su qualche migliaia di abitanti in più perché ha definito la cosiddetta fusione? O nella ipotesi minimale, definito con una rettifica di confini? Ci rendiamo conto che la preoccupazione delle ANCI del Sud, che forse è meglio indicare una per una: Sicilia, Abruzzo, Basilicata Calabria, Campania, Puglia, Molise e Sardegna, sta nel fatto che l’architettura tecnico-giuridica e la volontà politica della ripartizione delle risorse venga fortemente centralizzata e definita secondo parametri che potrebbero non avere un collegamento diretto con intere macro aree regionali?”

Toscano guarda all’Area Vasta

La sindaca Toscano, dunque, alza l’asticella del dibattito e prova a far ragionare le parti su livelli europei, ipotizzando l’Area Vasta come soluzione vera: “Di fronte a questo scenario la nostra risposta non può certo essere quella che ho intravisto nel dibattito sui nuovi confini. Siamo chiamati, oserei dire costretti, ad alzare l’asticella del confronto. Un primo passo significativo passa, a mio dire, dalla capacità che riusciremo ad avere per fare un salto culturale. Finora abbiamo parlato – imbattendoci nella necessità di razionalizzare costi, di potenziare benefici per le nostre comunità – di Area Vasta. Ecco il salto culturale. Dobbiamo avere la forza ed il coraggio non più di parlare ma di pensare da rappresentanti di un territorio, di un’Area Vasta”.

Una cabina di regia

A gestire il tutto, per la Toscano, dovrebbe essere la cabina di regia dell’assemblea dei sindaci: “Una cabina di regia in grado di fare sintesi tra le sue professionalità e competenze. Perché il problema non è soltanto quello – sempre più impegnativo – di ottenere le risorse, ma anche l’altro non meno importante di saper programmare per essere competitivi. Sfide di questa portata pensiamo di poterle risolvere con slogan facili e con ipotetiche nuove città che comunque sarebbero marginali in un sistema che è legato a doppio filo alla logica del pensiero globale, anche negli aspetti più locali. Del resto colgo anche una contraddizione. Non comprendo perché in determinati settori seguiamo le regole dell’Area Vasta, faccio l’esempio del Distretto Turistico, dell’unione dei Comuni, dei tentativi in atto di allargare i servizi di alcune società partecipate, e quando c’è poi da mettere tutto a sistema recuperiamo il concetto di confine, più o meno utile. È invece necessario andare oltre i confini. Non abbiamo molto tempo per prenderne atto e cercare di tirare il filo giusto della matassa. Mi chiedo, per concludere, come pensiamo di poter partecipare al confronto sulla ripartizione delle risorse europee senza una idea progettuale sistemica. Come questo territorio intende misurarsi con le scelte di governo facendo arrivare la propria voce. Mi chiedo se facendo parte dell’ANCI Sicilia intendiamo dare il nostro contributo allo sforzo che stanno portando avanti le ANCI del Sud. Mi auguro che presto, si possa aprire un dibattito, avere un confronto serio e costruttivo in grado di coinvolgere tutte le rappresentanze sociali, sindacali, del mondo produttivo e delle professioni che vada oltre le proposte ormai datate che, se concretizzate, lascerebbero tutto com’è, lascerebbero i nostri territori provati, fragili e senza una strategia. E quindi, senza un pezzo di futuro, soprattutto, per le nuove generazioni”. 


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