Una pietra per Emanuele e le altre vittime dimenticate

Una pietra per Emanuele e le altre vittime dimenticate

L'agente ucciso 31 anni fa. Il fratello contesta la "diseguaglianza del ricordo" e propone di realizzare "il marciapiede della memoria"

PALERMO – Emanuele Piazza cercava i latitanti mafiosi. Voleva arrestare Totò Riina. Catturare Bernardo Provenzano e liberare Palermo dal lerciume mafioso. Ma è morto strangolato – il 15 marzo 1990 – e il suo corpo sciolto nell’acido. A tradirlo un amico e uomo d’onore, Francesco Onorato.

Per anni non si è saputo nulla di questa “vittima”, l’ennesima, di mafia.
Vittima dimenticata che stamattina alla 10:30 verrà ricordata grazie ad una iniziativa voluta dal fratello Andrea, che non si rassegna all’oblìo che avvolge la storia di Emanuele.

L’avvocato Andrea Piazza

“Ricordo prima di tutti a me stesso – spiega – che purtroppo, per le modalità del barbaro assassinio, su questa terra, a distanza di poche ore dall’omicidio, di Emanuele non è rimasto nulla del suo corpo e pertanto l’iniziativa di deporre una pietra, si spiega cosi (l’iniziativa stamani in viale Croce Rossa). E’ esclusivamente diretta ad un condivisione del ricordo della memoria di mio fratello nel giorno del 31/o anniversario con tutti coloro che lo hanno direttamente o indirettamente amato, conosciuto e stimato. Una semplice pietra, ricercata nel giardino della casa dove ha vissuto Emanuele, per ricordare – aggiunge – il suo sacrificio e che simboleggia anche la negazione di un diritto alla memoria. Un urlo nel silenzio. Un monumento invisibile da dedicare a tutte ‘le vittime anche ignote’ di cosa nostra & C”.

Emanuele Piazza era questo: un giovane di 31 anni che lascia la polizia per “collaborare” con il Sisde (il servizio segreto civile) per il quale – nome in codice “topo” – entra a far parte di una squadra di cacciatori di latitanti nella Palermo tra fine anni ottanta e i primi anni Novanta.

Una Palermo messa ferro e fuoco dai corleonesi che, dopo aver preso il controllo di cosa nostra spazzando via i rivali, puntano anche al bersaglio grosso, lo Stato. Una lunga lista di vittime (da Piersanti Mattarella, al generale Dalla Chiesa, da Rocco Chinnici a Boris Giuliano a Ninni Cassarà fino al fallito attentato all’Addaura a danno del giudice Giovanni Falcone) che diventano “la missione” per Emanuele Piazza: prendere i mafiosi.

Lui è un gigante buono che vive nella borgata di Sferracavallo assieme ad un rottweiler e ad una scimmietta. Ha una moto di grossa cilindrata e conoscenze dubbie – per arrivare ai mafiosi deve anche frequentare cattive compagnie.

Nella squadra di cacciatori di latitanti – si scoprirà successivamente nonostante ripetuti depistaggi – c’era anche il poliziotto Nino Agostino: ufficialmente agente del commissariato San Lorenzo ma, di fatto, collaboratore del Sisde per la cattura di grandi latitanti mafiosi.

Nino Agostino verrà ucciso il 5 agosto 1989 assieme alla moglie Ida Castelluccio, per altro incinta. Di questo duplice omicidio sono accusati il boss Nino Madonia e Gaetano Scotto. Il primo ha chiesto il rito abbreviato (l’accusa ha chiesto una condanna a 30 anni) per il secondo il gup deve decidere il rinvio a giudizio. La decisione per entrambi è attesa per venerdì prossimo.

Per quanto riguarda Emanuele Piazza sono state decisive le dichiarazioni di due due collaboratori di giustizia Francesco Onorato – amico della vittima – e Giovan Battista Ferrante.

Nel 2001 la Corte d’Assise di Palermo accolse quasi interamente le richieste di condanna dell’accusa, rappresentata dall’allora procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dal pm Nino Di Matteo, che chiesero la condanna a vita per Salvatore Biondino, Antonino Troia e Giovanni Battaglia. Mentre col rito abbreviato furono condannati a 30 anni Salvatore Biondo e suo cugino (omonimo) e a Simone Scalici.

Tra gli esecutori materiali c’è anche Erasmo Troia (condannato in primo grado e in appello e poi assolto in Cassazione per un vizio procedurale nel procedimento di estradizione dal Canada). Dodici anni per i pentiti Francesco Onorato e Giovambattista Ferrante, grazie allo sconto di pena per la collaborazione.

Anche in questo caso si registrano depistaggi alle indagini e tentativi di sminuire il caso, in primis il ruolo ricoperto nei servizi di sicurezza, prima negato poi ammesso anche grazie alle insistenze del giudice Giovanni Falcone. Agostino e Piazza sarebbero stati anche all’Addaura il giorno del fallito attentato contro Falcone.

“Personalmente anche in linea con le finalità dell’Associazione per onorare la memoria dei Caduti nella lotta contro la mafia che rappresento – riprende Andrea Piazza – , contesto il modello portato avanti da decenni dall’amministrazione cittadina, ritenendo che sia errato non ricordare tutte le vittime delle mafie, così discriminandole. Credo sia l’ulteriore prova che esistono nella nostra società inique diseguaglianze, non solo davanti alla legge ma anche nel ricordare chi ha sacrificato la propria vita per la Società civile e per lo Stato. Spero che questo piccolo gesto possa attivare un processo di sincero, onesto e disinteressato ricordo della memoria di tutte le vittime di mafia, sino ad oggi negato. Un tratto dei marciapiedi del viale Croce Rossa necessita di essere ripavimentato conclude – e vorrei proporre di realizzare proprio lì ‘Il marciapiede della memoria, delle vittime di mafia dimenticate dalle istituzioni’ per rendere contemporaneamente – conclude – un servizio ai cittadini nel nome e nella memoria di Emanuele Piazza”.

Alla manifestazione, voluta dalla famiglia di Emanuele Piazza e organizzata con l’Associazione Per Onorare La Memoria Dei Caduti Nella Lotta Contro La Mafia interverranno: Agende Rosse Paolo Borsellino, Comitato Europeo per la Memoria e la Legalità, Giù le Mani dai Bambini, Avvocati Autorevolezza e Legalità e Osservatorio per lo Sviluppo e la Legalità Giuseppe La Franca.


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