Società e lingotti d'oro: sequestro per il ras dei videovideopoker

Società e lingotti, sequestrati i beni del ‘ras’ dei videopoker

La scalata dell'imprenditore Non Luppino "spinta" da boss e familiari di Matteo Messina Denaro

PALERMO – I soldi per i boss detenuti e le rispettive famiglie arrivavano dalle agenzie di scommesse e dai videopoker. Da qui la scalata dell’imprenditore Calogero Jonn Luppino, con un passato di ex consigliere comunale a Campobello di Mazara.

Ha accumulato una fortuna che oggi gli è stata sequestrata su ordine della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Trapani, che ha accolto la proposta della Direzione distrettuale antimafia di Palermo.

Il provvedimento è stato eseguito dai carabinieri del Comando provinciale di Trapani e del Ros, coadiuvati dai militari del Nas di Roma e del Nucleo investigativo di Ragusa.

Luppino fu arrestato nel 2019 per mafia ed estorsione. Secondo l’accusa, la sua rapidissima ascesa imprenditoriale nel settore delle scommesse e dei giochi on line è stata spinta dai boss dei mandamenti mafiosi di Castelvetrano e Mazara del Vallo, che obbligavano i vari esercizi commerciali a installare le macchinette di Luppino con pesanti minacce e ritorsioni.

Chi invece si piegava otteneva protezione. Come avvenne per il titolare di un bar della provincia che aveva subito il furto delle macchinette gestite da società legate all’imprenditore mafioso. Cosa Nostra aveva individuato il responsabile del furto e lo aveva punito.

Luppino incassava il denaro e si occupava delle esigenze economiche di chi era finito in carcere. A cominciare da Franco Luppino, braccio destro di Matteo Messina Denaro, e Rosario Allegra, cognato del latitante.

A casa di Luppino furono trovati lingotti in oro da tre chili e 370 mila auro in contanti. Era tutto conservato in una cassaforte nascosta dietro un quadro nell’abitazione a Campobello di Mazara.

Ora finiscono sotto sequestro assieme a 10 società e ai relativi compendi aziendali, 6 terreni, 14 rapporti bancari, 1 motoveicolo, 1 cavallo da corsa. Alla base del sequestro c’è la sproporzione fra redditi leciti e investimenti.


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