Il Covid in Sicilia e quei numeri appesi al dubbio

Il Covid in Sicilia e quei numeri appesi al dubbio

Un anno di polemiche, di dubbi e di domande. Che non hanno ricevuto risposta.
I DATI E LE POLEMICHE
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6 min di lettura

Ma quali sono davvero i numeri del Covid in Sicilia? Oltre l’inchiesta, che getta un’ombra pesantissima e da cui non si può prescindere, come emerge dal racconto a puntate che stiamo facendo, risalta la cronaca di dati che, più di una volta, sono stati messi in dubbio. La domanda è rafforzata dagli ultimi eventi.

Ricordiamo tutti, per esempio, la polemica sui ‘veri dati’ del contagio a Palermo. Si parlò di cifre non allineate, di una misura minore del Covid in città e di restrizioni che sarebbero state progressivamente allentate proprio perché si considerava la quantità complessiva sovrastimata.

La denuncia di Orlando

 Ecco l’incipit. Il sindaco, Leoluca Orlando, – è appunto cronaca – aveva inviato una lettera al commissario per l’emergenza Covid-19 per la Provincia di Palermo, Renato Costa, ed alla direttrice generale della Asp di Palermo, Daniela Faraoni. Una comunicazione inoltrata per conoscenza al prefetto, Giuseppe Forlani e all’assessore regionale alla Salute, Ruggero Razza, oggi indagato. Orlando chiedeva che “il flusso di informazioni sia costante ed univoco, giornaliero con riferimento alla situazione complessiva della città e dei singoli comuni, nonché almeno settimanale con il dettaglio per singole zone”. Alla base una difformità aritmetica, denunciata dal sindaco.

La polemica sui numeri

Incalzava il capogruppo della Lega a Palazzo delle Aquile, Igor Gelarda: “Quello della città di Palermo rischia di diventare un caso nazionale, o forse anche internazionale qualora l’Organizzazione mondiale della Sanità volesse approfondire come sia possibile che a Palermo città, nel giro di poco più di dieci giorni, il numero dei positivi al Covid abbia avuto un crollo di quasi il 75%, almeno secondo i dati diffusi dall’Asp di Palermo. Siamo passati infatti dagli 11.315 positivi del 4 marzo ai 2.944 del 17 marzo”. Patrizia Di Dio, responsabile di Confocommercio sottolineava: “Scopriamo da un post del sindaco che c’è stato un errore madornale e i positivi a Palermo non sono 11.315 come riportato pochi giorni fa ma 2.943. Noi però abbiamo dovuto subire provvedimenti restrittivi basati su dati falsati e fuorvianti, frutto di rilevazioni elaborate in modo dilettantistico. Da mesi sosteniamo che ci sono dati sballati ed errori madornali nel calcolo dei contagi, denunciando l’inadeguatezza del sistema di rilevazione e la mancanza di trasparenza”. In quel caso, si sarebbe trattato di un quadro reale meno grave del conteggio, l’opposto di quello che, secondo le accuse, è successo a livello regionale.

“Quei dati sono corretti”

La polemica si esaurì con repliche rassicuranti e poi fu dimenticata. “Nessun errore – spiegò la dirigente Di Liberti, ora ai domiciliari per l’inchiesta di Trapani -, i dati sono stati semplicemente allineati tenendo conto dei numeri nella sola città di Palermo e dell’intera provincia, dei positivi dall’inizio della pandemia, degli attualmente positivi e dei nuovi positivi. Si tratta di un dato dinamico. Non ci sono errori né a Palermo, né nei dati trasmessi per le statistiche a livello nazionale”.  ‘L’ufficio del Commissario – così scrivevamo – ha ripulito la statistica dai casi delle persone guarite e incrociato i dati dei tamponi con il codice fiscale delle persone (più tamponi eseguiti su una sola persona potrebbero avere portato alla duplicazione dei numeri dei contagiati). Sul dato della sola Palermo pesava il numero dei ricoverati in città di pazienti che in realtà provenivano da altri centri della provincia. E così con i nuovi dati Palermo ha visto ridursi del 70% il numero dei contagiatiche è salito del 30 per cento in provincia’. E sulla questione calò il sipario.

Quello che dice il bollettino

Prima che divampasse il dibattito, LiveSicilia.it aveva chiesto proprio al commissario Costa lumi sulla portata della pandemia a Palermo. Ecco la sua risposta: “Quelle cifre sono oggetto di studio da parte del mio gruppo. E’ un calcolo non precisissimo: non sono tutti dati riferibili allo stesso giorno, ci sono duplicazioni, ci sono laboratori ancora non allineati. L’ideale sarebbe avere macchine che dialoghino direttamente con la piattaforma. E ci stiamo attrezzando. Ho inviato una circolare ai laboratori per il rispetto dell’invio dei tamponi entro 48 ore”. Nel frattempo, il bollettino Covid palermitano è sempre rimasto a un livello alto rispetto alle altre province. Basta citare l’ultimo con la distribuzione dei contagi: Palermo 389, Catania 75, Messina 51, Siracusa 58, Trapani 20, Ragusa 15, Caltanissetta 48, Agrigento 118, Enna 25.

Audio e posti letto

La diatriba aritmetica non ha riguardato soltanto i positivi e le misure da adottare, prima che scoppiasse la bomba di un’inchiesta che già – giova ripeterlo – lancia quell’ombra pesantissima, perfino oltre l’attesa per le risultanze giudiziarie, sulla capacità complessiva di gestire una catastrofe. Ricordiamo anche la famosa questione dei posti letto. Eravamo a novembre. La Sicilia pubblicò un audio del dirigente generale, Mario La Rocca. Ecco la ricostruzione mediatica all’epoca dei fatti in riferimento a una chat privata su whatsapp in cui il dirigente avrebbe ‘spinto’ sui numeri di posti letto occupati in terapia intensiva e reparti ordinari mentre incombeva la zona rossa: “Oggi su Cross dev’essere calato tutto il primo step al 15 novembre. Non sento ca.., perché oggi faranno le valutazioni e in funzione dei posti letto di terapia intensiva decideranno in quale fascia la Sicilia risiede. Non è accettabile che noi si subisca ulteriori restrizioni perché c’è resistenza da parte di qualcuno ad aprire posti letto di terapia intensiva o ordinari. Sono a casa, da tre settimane col Covid, ed è da tre settimane che vi prego di aprire posti”. Questa è ovviamente una fattispecie che non ha nessuna parentela con le indagini attuali o con la presunta opacità nella raccolta dei dati. Ma serve per ricostruire un clima di dubbi, tra botte e risposte.

Le accuse e la replica

“I siciliani hanno il diritto di sapere quanti sono i posti letto realmente disponibili nelle strutture sanitarie dell’isola. Chiediamo al Ministero di inviare i propri ispettori in Sicilia per verificare quale sia la reale fotografia sulla capacità di tenuta del nostro sistema sanitario”. Così, tra gli altri, commentò il presidente dell’Antimafia regionale, Claudio Fava. La replica di La Rocca non si fece attendere: “Tutti i dati caricati sulla piattaforma Gecos della Regione siciliana sono veritieri, tutti i posti disponibili. Una diversa azione costituirebbe reato. Vadano i Nas a controllare ovunque anche oggi. Ma basta sciacallaggi e notizie tra il detto e non detto, che hanno la sola funzione di allarmare inutilmente la pubblica opinione”. Anche l’allora ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, stigmatizzò l’accaduto, sollecitando l’intervento dell’assessore Razza: “Se il direttore generale del mio assessorato, in maniera un po’ forte, ha chiamato tutti alle proprie responsabilità, penso che abbia fatto soltanto il suo dovere”. In Sicilia sbarcarono gli ispettori del ministero. L’Ars respinse la mozione di censura contro l’assessore.

I numeri e il dubbio

Si torna dunque alla domanda dell’incipit: quali sono i veri numeri del Covid in Sicilia? C’è un’inchiesta che non può essere certo sminuita da nessuno, nel rispetto di tutte le sacrosante presunzioni di innocenza e garanzie, perché approfondisce inquietudini e dubbi che riguardano la salute e l’economia dei siciliani. Il dubbio è un’attitudine filosofica perfino apprezzabile, in astratto. Ma risulta concretamente inaccettabile, per le scelte che devono essere compiute, nel corso di una pandemia.


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