Covid, circolari, file, telefonate: il dipartimento dove nasce il caos

Covid, circolari, file, telefonate: il dipartimento dove nasce il caos

Il problema gestionale era noto da mesi, anche ai massimi livelli dell'assessorato regionale alla Sanità, e non è stato risolto

PALERMO – Il luogo chiave dell’inchiesta della Procura di Trapani sui “dati Covid falsi” è il Dipartimento regionale per le attività sanitarie e osservatorio epidemiologico (Dasoe) dell’assessorato regionale alla Sanità di piazza Ottavio Ziino, a Palermo.

Il caos ha preso il sopravvento

È qui che il caos gestionale ha preso il sopravvento. Circostanza che emerge con chiarezza e indipendentemente dalle responsabilità penali che devono ancora essere accertate. Lo ha confermato ieri, nel corso dell’interrogatorio, anche Emilio Madonia, uno che al Dasoe ci ha lavorato fino a pochi giorni fa, prima di finire agli arresti domiciliari.

Il punto è che il caos era noto da mesi, anche ai massimi livelli dell’assessorato regionale alla Sanità, e non è stato risolto. Di certo la sfilza di circolari e regolamenti, il dovere dialogare con aziende sanitarie, ospedali e laboratori, la pressione per la pandemia non hanno aiutato il lavoro.

“Diffusa disorganizzazione e dolo”

Il gip Caterina Brignone scrive che “alla diffusa disorganizzazione ed alla lentezza da parte degli uffici periferici incaricati della raccolta dei dati si è sommato il dolo di organi amministrativi e politici ai vertici dell’organizzazione regionale. Addirittura, le inefficienze, gli inadempimenti e le disfunzioni delle strutture periferiche – ben lungi dall’essere sanzionate sono state artatamente sfruttate in funzione della alterazione dei dati”.

Gli uomini del Dasoe

Sull’eventuale dolo di amministratori e politici è presto per tirare le somme, ma dal punto di vista gestionale ci sono dei punti fermi. A dirigere il Dasoe, fino a pochi giorni fa era Maria Letizia Di Liberti, oggi ai domiciliari e sospesa dal servizio, che lavorava con cinque stretti collaboratori: il nipote Salvatore Cusimano, dipendente dell’assessorato regionale all’Industria e assunto in virtù delle legge che tutela le vittima di mafia (suo padre Antonino, ragioniere e titolare di un’agenzia di assicurazione fu assassinato a Castelbuono nel 1990 dal boss Mico Farinella per un debito), Emilio Madonia (dipendente di una società di revisione contabile che ha una consulenza con la Regione), Mario Palermo (direttore del Servizio 4), Giuseppe Rappa e Roberto Gambino, entrambi dipendenti dell’Asp di Palermo.

Di Liberti, Cusimano e Madonia sono ai domiciliari, mentre Palermo è fra gli indagati. Ancora il gip parla di “assoluta inattendibilità dei dati trasmessi, che sembrano estratti a sorte e la cui dimensione reale appare sfuggita agli stessi soggetti che li alterano”.

Come vengono raccolti i dati

I tamponi vengono processati nei laboratori, poi trasmessi alle Asp, che li girano al Dasoe che infine li comunica a Roma. E così giornalmente finiscono nel bollettino stilato dal ministero della Salute e dalla Protezione Civile (dati aggregati di positivi, ricoveri, decessi e guarigioni) e caricati nella piattaforma dell’Istituto superiore di sanità (dati individuali).

Ministero e Protezione Civile fanno il punto su test effettuati, casi positivi, decessi, guariti, ricoveri in ospedale, isolamenti domiciliari segnalati da ogni Regione con la suddivisione in province.

L’Istituto Superiore di Sanità, invece, fa un lavoro più tecnico e chiede alle Regioni i dettagli individuali su tutti i casi, compresi i dati demografici, lo stato clinico, la presenza di alcuni fattori di rischio e l’esito (guarito o deceduto).

Una sfilza di circolari e regolamenti

Dal 22 gennaio 2010, quando si iniziò a parlare di Coronavirus, sono state emesse diverse circolari. La Protezione Civile ha affidato la sorveglianza epidemiologica e microbiologica all’Istituto superiore di sanità che ha creato una piattaforma informatica dedicata per consentire la raccolta giornaliera dei dati giornaliera.

Prima della piattaforma i dati venivano trasmessi dal referente di ciascuna Regione con un un file Excel via e mail. Successivamente le Regioni hanno accreditato un soggetto che li caricasse nella piattaforma informatica.

Il percorso è stato più volte rivisto. Il 23 febbraio 2020 si è deciso che la tabella Excel andava spedita ogni giorno fra le 11 e le 17. Il 27 febbraio cambia l’orario: entro e le 10 ed entro le 16 di ogni giorno. Il 2 marzo nuova modifica: una volta al giorno entro le 15.

Il 22 giugno 2020 è entrata in funziona la piattaforma dell’Istituto superiore di Sanità dove inserire il numero quotidiano dei ricoverati in Terapia intensiva e dei dimessi, dei decessi, dei tamponi processati con test rapido antigenico e il numero dei casi positivi emersi (anche se questi due ultimi valori venivano inclusi nel report giornaliero). Infine dall’11 gennaio 2021 anche i tamponi rapidi sono stati inseriti nella statistica.

La Regione ha indicato al Ministero e alla Protezione Civile Mario Palermo come referente per la raccolta dei dati che servono per il bollettino giornaliero. Secondo la ricostruzione della Procura, Palermo avrebbe eseguiti gli ordini della Di Liberti e potrebbe essere stato tratto in inganno.

Razza prova a metterci una pezza

Sin da subito sono emerse le difficoltà del Dasoe nel raccogliere i dati dalle Asp che a loro volta li ricevono a fatica dai laboratori. Una catena di lentezze che più volte Di Liberti ha cercato di superare con frenetici contatti telefonici fino a quando, lo scorso novembre, l’assessorato ha cercato di metterci una pezza. Basta dati trasmessi per e mail, ma vanno caricati su un’altra piattaforma, stavolta tutta siciliana. “Qualità Sicilia”.

La direttiva, sottoscritta dalla stessa Di Liberti, dispone che “… l’omissione o l’incompleta registrazione dei dati sulla piattaforma informatica da parte dei soggetti coinvolti nel processo di esecuzione e/o analisi dei tamponi, costituisce una grave inadempienza che rischia di compromettere la qualità delle analisi e delle valutazioni sull’andamento dell’epidemia e, conseguentemente, di indurre i decisori ad attuare misure di contenimento non proporzionate al quadro reale epidemiologico”.

Ed ancora: è lo stesso Dasoe ad assumere l’impegno di contattare i data manager aziendali al fine di verificare la piena e incondizionata attuazione delle disposizioni previste, ribadendo, infine, che “il mancato o parziale adempimento alle suddette disposizioni comporterà la diffida ad adempiere e l’attivazione delle misure previste per le ipotesi di grave violazione”.

“Una gravissima sottovalutazione

Dalle indagini e della intercettazioni telefoniche è venuto che la direttiva è rimasta lettera morta. Il caos gestionale è stato imperante. Lo sapevano tutti, per primo l’assessore Razza che i 5 novembre diceva a Di Liberti: “… inutile… inutile Letizia… è inutile che facciamo stare in piedi sacchi vuoti… c’è stata una gravissima sottovalutazione e il dato finale di questa sottovalutazione di questa gravissima sottovalutazione è scritto in quegli indicatori, poi secondo me sono sbagliati perché mettono sullo stesso piano indicazioni diverse, però come avrai visto ci sono dei dati dove noi comunichiamo zero… E chissà da quanto. Io inizio a pensare che Scondotto l’abbia fatto apposta …”.

Il problema riguardava soprattutto “una mancanza di notifiche da parte della Di Gaudio che comunicherebbe i dati una volta al mese”. Francesca Di Gaudio è la responsabile del Centro Regionale Qualità per i laboratori.

Ed ecco un’altro tassello inefficiente, di cui in tanti erano a conoscenza: “La Di Liberti giustifica le mancanze della Di Gaudio per mancanza di personale amministrativo addetto al caricamento dei dati, che avrebbe sopperito con qualche operatore dato in prestito da Renato Costa in quanto Villa Sofia non gli avrebbe dato personale”.

L’intercettazione ancora top secret

Il resto del contenuto dell’intercettazione si conosce solo nella forma riassuntiva: “Razza riferisce a Di Liberti che il 90% della situazione creatasi è attribuibile alla loro piena responsabilità, ma la dottoressa Di Liberti sostiene che i dati sono quelli estrapolati dalle piattaforme informatiche, al che l’assessore le fa notare, con rammarico, che nessuno lo ha mai informato della grave criticità emersa, a suo dire, da un raffronto dei dati della Regione Siciliana con quelli comunicati dalle altre Regioni. Di Liberti, nel ribattere a tale affermazione dell’assessore, sostiene che loro non hanno responsabilità delle conseguenze derivanti dal comportamento imprudente delle persone che si contagiano. A tale affermazione la stessa viene, però, immediatamente ripresa dal Razza, il quale, facendo riferimento agli indicatori alla base del calcolo dell’indice Rt, le riferisce di aver constatato anche il mancato allineamento dei dati contenuti nelle piattaforme della Protezione Civile con quelli dell’Iss. Di Liberti cerca, tuttavia, di giustificare la situazione attribuendo le colpe ad altri, probabilmente intende riferirsi ai vertici delle ramificazioni periferiche del Servizio sanitario regioanle (direttori Generali, direttori sanitari, referenti Covid-19 delle singole Asp) – ricordando, tra l’altro, il suo impegno nel farsi carico giornalmente dell’onere di effettuare numerose telefonate per sopperire alle inefficienze dei citati uffici”.

Nonostante l’impegno c’è stato il caos nelle statistiche. Un caos di cui in tanti erano a conoscenza. Sarebbero potuti intervenire anche solo per dire che era impossibile raccogliere i dati giornalieri. Ed invece le critiche dovute ai segnali di inefficienza sono state rispedite al mittente.


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