Musumeci sotto assedio - Live Sicilia

Sotto assedio

Al guaio dello scandalo Covid si aggiunge lo spettacolo della maggioranza a pezzi sulla manovra: come può andare avanti così il governo?

“Quest’aula non risponde più al governo, parlo della maggioranza. Non siamo più in condizione di votare, è saltato il banco. Qualsiasi norma che metto al voto viene bocciata. Ne dobbiamo prendere atto e dovremo interrogarci sul perché siamo arrivati a questo punto: se dipende dalla classe dirigente, dagli errori fatti”. Le parole di Gianfranco Micciché pronunciate ieri nel bel mezzo di una seduta da psicodramma dell’Assemblea regionale sulla finanziaria sono fin troppo esplicite. E fotografano il centrodestra a brandelli per come si è mostrato a Sala d’Ercole. E le difficoltà ormai gigantesche del governo Musumeci nel rapporto con la sua coalizione. Il presidente della Regione ieri, scurissimo in volto in Aula, ha attaccato senza mezzi termini i franchi tiratori della maggioranza, parlando di “ascarismo”. E fra il devastante impatto mediatico dell’inchiesta sui dati Covid e quanto visto a Palazzo dei Normanni nel voto sulla manovra, l’impressione che si ricava è quella di un presidente della Regione e di una giunta sotto assedio.

È il momento più difficile del cammino del governo Musumeci. Le opposizioni hanno fiutato l’aria che tira e hanno alzato decisamente il tiro, chiedendo espressamente le dimissioni del governatore, dopo aver parlato nei giorni scorsi solo delle dimissioni, prontamente rassegnate, dell’assessore Razza. Il capogruppo del Pd Giuseppe Lupo parla di “Waterloo” di Musumeci, i 5 Stelle e Claudio Fava ritengono esaurita questa stagione. E la maggioranza? La maggioranza, semplicemente, non c’è. Si è capito quando gli articoli della manovra, in particolare quelli cari all’assessore all’Economia Gaetano Armao hanno fatto notare dal Pd, cadevano impallinati uno dopo l’altro. La sensazione – o per lo meno qualcosa di più di un sospetto – è che gli alleati di Musumeci si stiano già preparando per il “dopo” e che in questo dopo la ricandidatura dell’attuale presidente stia perdendo quota come scenario.

Troppe ferite aperte restano nel centrodestra siciliano. C’è anzitutto la questione interna a Forza Italia. L’idea di Berlusconi di porre fine alla stagione di Micciché guida del partito in Sicilia ha scatenato la rivolta dei fedelissimi del presidente. Gli assessori forzisti non hanno seguito i miccicheiani e quanto andato in scena all’Ars ai maligni appare una resa dei conti interna ai berlusconiani. Ma c’è anche il rapporto da molto tempo non proprio idilliaco tra musumeciani e Fratelli d’Italia, per quanto negli ultimi tre giorni dal partito di Meloni siano arrivati due comunicati, sempre a trìarda sera, di sostegno sul caso Razza. E ci sono poi le ambizioni della Lega, che non fa troppo mistero di puntare alla candidatura a Palazzo d’Orleans al prossimo giro. E ancora ci sono gli autonomisti che con il Carroccio hanno stretto un’intesa superando proprio Diventerà Bellissima. Insomma, la coalizione appare più che frammentata, quasi una giungla.

E in questo contesto Musumeci dovrà affrontare la spinosissima questione aperta dopo lo scandalo dell’inchiesta sui pastrocchi dei dati Covid. Che se dal punto di vista penale è tutta da valutare e non è detto in teoria che non finisca in una bolla di sapone, da un punto di vista politico e mediatico ha messo molto in difficoltà il governo. In un momento così delicato il presidente, che ha assunto l’interim della Sanità, dovrebbe avere una coalizione che fa quadrato attorno a lui in modo granitico. E invece ieri in Aula durante il voto sulla finanziaria è apparso molto, troppo solo e assediato, malgrado la nota unitaria finale dei capigruppo di maggioranza che certo non ha potuto cancellare lo spettacolo andato in scena nelle ore precedenti. In serata, nel dibattito sul caso Sanità, Musumeci ha ribattuto agli attacchi delle opposizioni con foga oratoria, ricordando tra l’altro come lui stesso ha adottato la linea dura nella lotta al contagio e rinfacciando alle opposizioni la stagione di Crocetta, Lumia e Montante. Un contrattacco in cui il presidente si è proposto come garante della credibilità delle istituzioni regionali. Dimissioni? Roba da “vili” e da “fuggiaschi”, ha detto sprezzante. Musumeci resta in sella. Ma la domanda che riecheggiava a Palazzo in serata era una: per quanto potrà andare avanti il governo così e per far cosa?


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