"Mario Biondo non era da solo in casa la sera della morte"

“Mario Biondo non era da solo in casa la sera della morte”

Ne sono convinti gli esperti di Emme Team a cui si sono rivolti i familiari del cameraman deceduto in Spagna

Mario Biondo la sera del decesso non era da solo in casa. E i suoi telefonini furono utilizzati all’indomani della morte. Ne sono convinti gli esperti di Emme Team.

Si tratta di un gruppo di consulenti legali e paralegali italo-americani che si occupa di casi irrisolti, incaricato di svolgere indagini difensive per conto della famiglia del cameraman trovato senza vita nella sua casa di Madrid nel 2013.

I consulenti hanno depositato l’esito del loro lavoro alla Procura generale di Palermo che ha avocato l’inchiesta. Per la Procura della Repubblica si è trattato di un suicidio, stessa conclusione a cui è arrivata la Procura generale che lo scorso novembre ha chiesto l’archiviazione. Il giudice per le indagini preliminari, però, ha respinto la richiesta e imposto un supplemento di indagini che scade a giugno.

Ora irrompono le novità di Emme Team, secondo cui emergerebbe che Biondo, all’ora della morte non era solo in casa e che qualcuno avrebbe pure usato la sua carta di credito in un locale notturno di Madrid, poco distante dalla sua abitazione, tra le 2:08 e le 2:53 del mattino.

Quest’ultima non è una circostanza nuova. La grande novità consisterebbe nella collocazione temporale del decesso che il gruppo di esperti anticipa di diverse ore rispetto alle 4 del mattino, ora stabilita dai periti della Procura di Palermo. Se Biondo fosse deceduto prima significherebbe che qualcuno ha poi usato la sua carta di credito.

Biondo viene trovato senza vita il 30 maggio. La moglie, Raquel Sanchez Ilva, famosa conduttrice televisiva spagnola, cerca di contattarlo al telefono. Mario non risponde. La donna racconterà che, preoccupata, ha chiesto alla domestica di andare a controllare in casa. E la colf trova Mario impiccato in salone. Ha una pashmina di seta legata al collo e fissata ad una libreria di metallo. Nei familiari nascondo i primi dubbi. Mario è in piedi, con le ginocchia leggermente piegate. Non è la tipica posizione di un morto suicida.

Mario Biondo aveva lavorato come cameraman per “l’Isola dei famosi”. Poi era andato a Madrid dove aveva trovato lavoro nella troupe per la versione spagnola del reality show. Durante le riprese in Honduras aveva conosciuto la bella e famosa Raquel. Una passione travolgente la loro, culminata nel matrimonio celebrato a Taormina. Ed era anche arrivata la grande proposta: la regia di un programma per Telecinco. Poprio all’indomani della morte, Mario aveva un appuntamento per comprare una nuova attrezzatura.

Era al settimo cielo, non c’era ragione di togliersi la vita: hanno sempre detto i familiari. Familiari che non vedeva l’ora di riabbracciare. Era tutto pronto, biglietti compresi. I genitori, Santina e Giuseppe, i fratelli Andrea ed Emanuele sarebbero dovuti volare in Spagna il 19 luglio per una vacanza. Ci sono andati, invece, per riconoscere il cadavere.

La notte del decesso Mario aveva chattato su Facebook e Whatsapp con i fratelli. C’è traccia dei contatti sul suo pc fino alle 24:06. E’ lo stesso computer su cui ha lavorato fino all’1:18.

Il team di consulenti italo-americani, dallo studio dei profili social di Biondo e grazie ai sistemi di identificazioni degli indirizzi IP e delle attività internet, possibili negli Stati Uniti, ha accertato che due smartphone avevano accesso alle pagine Facebook e Twitter della vittima e proprio tra il 29 ed il 30 maggio 2013, sera della morte, controllavano le attività social del cameraman. Uno dei due cellulari inoltre sarebbe stato connesso al wi-fi dell’appartamento.

Alle 00:48 uno dei due dispositivi scoperti dai consulenti avrebbe agganciato il wifi e sarebbe stato usato nell’appartamento mentre il secondo smartphone sarebbe stato utilizzato nei dintorni dell’abitazione. Entrambi i dispositivi sarebbero stati nuovamente in funzione in casa di Biondo alle 19:00 del 30 maggio, quando all’interno erano presenti le forze dell’ordine.

Emme Team sta ora lavorando per fornire alla Procura generale una mappa degli spostamenti fatti, tra il 29 ed il 30 maggio 2013, dai due dispositivi individuati, per conoscerne i movimenti successivi.


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