Pef Tari, aumento in vista: 8,9 milioni l’anno fino al 2023 - Live Sicilia

Pef Tari, aumento in vista: 8,9 milioni l’anno fino al 2023

La delibera arriva in consiglio comunale, maggioranza alla prova d’Aula

PALERMO – L’aumento Tari ci sarà, ma è ancora presto per dire di quanto. Finalmente arriva al consiglio comunale di Palermo la delibera sul Pef 2020, ossia il Piano economico e finanziario per la gestione dei rifiuti urbani sulla base del quale calcolare la tassa sull’immondizia. In realtà il 2020 è già finito e il Pef non è altro che una sorta di consuntivo di quanto è stato già speso ma, visto che ci sono gli extra-costi dovuti alla chiusura di Bellolampo da spalmare in tre anni, l’atto è solo il primo passo di quella che si preannuncia una battaglia tutta politica.

Settori della maggioranza hanno già annunciato di non voler votare aumenti di sorta, ma i numeri sono impietosi: la differenza fra il Pef 2019 e quello 2020 è di 26,5 milioni di euro, visto che il costo totale è passato da 128 a 153,8 milioni (di cui 52 di parte variabile). Un aumento che anzi è più contenuto del previsto, dal momento che inizialmente era fissato in 31 milioni (rivisti in seguito alle richieste dell’amministrazione), ma comunque i 26,5 andranno spalmati sul triennio 2021-2023 secondo quanto deciso dal consiglio comunale sulla base di una specifica disposizione di legge.

In parole povere, nel 2021 la Tari dovrà coprire quasi 8,9 milioni di extra-costi 2020 e stessa cosa bisognerà fare per i due esercizi successivi; senza considerare che, come certificato dalla Ragioneria, sarà indispensabile accantonare anche altri 3,7 milioni nel Fondo crediti di dubbia esigibilità che al momento, neanche a dirlo, non ci sono, tanto che il bilancio di previsione non si può chiudere. Tutto qui? No, perché quest’anno andranno coperti anche gli extra-costi del 2021: la sesta vasca è ormai quasi piena, la settima non sarà pronta prima del prossimo anno e la Rap ha già fatto sapere che non ha i fondi per portare i rifiuti all’estero, cosa a cui sembra destinata l’intera Sicilia vista la crisi del sistema regionale. “Il costo del servizio è sostanzialmente immutato rispetto al 2019 – spiega l’assessore al Bilancio Sergio Marino – L’aumento è dovuto unicamente agli extra-costi per il trasporto dei rifiuti fuori provincia a causa del ritardo nella consegna della settima vasca”.

Il Pef 2021, affidato al settore Tributi e non all’Ambiente (con tanto di note di fuoco degli uffici all’indirizzo del Direttore generale), è ancora in fase di elaborazione e le tariffe Tari, grazie al Decreto Sostegni, potranno essere fissate a settembre: in pratica l’acconto non subirà variazioni, ma il conto finale arriverà col saldo. “Il consiglio comunale dovrà decidere se aumentare di almeno nove milioni di euro la Tari per il 2021, e poi, per la stessa somma, anche per il 2022 e il 2023 – dice Ugo Forello di Oso – Ritengo però che  il consiglio abbia il diritto di sapere, prima di votare quest’atto, se sono previsti ulteriori aumenti nel Pef tari 2021 e come verrà ripartito fra gli utenti il conguaglio 2020. Certo è che il costo del servizio dei rifiuti, vista la scarsa qualità e il periodo di crisi pandemica, rischia di diventare insostenibile e inaccettabile per i tanti cittadini che pagano regolarmente la Tari”.

Il problema è tutto politico: la Rap si vedrà riconosciute le somme già spese e non subirà scossoni di sorta, ma l’amministrazione e la maggioranza dovranno mettere la faccia su un aumento che ormai tutti danno per certo, a meno di non voler gravare sui conti della partecipata. Una stangata che arriverebbe nell’anno peggiore della crisi e su una tassa su cui a Palermo si registrano da tempo numeri record di evasione: nel 2016 il Comune non ha incassato 45,5 milioni, diventati 46,7 nel 2017, 48,6 milioni nel 2018, 52,5 milioni nel 2019 e ben 57,6 milioni nel 2020. Numeri stratosferici che, oltre a costringere a onerose anticipazioni di tesoreria, aumentano anche le somme da accantonare nel Fondo crediti di dubbia esigibilità, per non parlare del risibile tasso di riscossione fermo ad appena l’1,9% (17,7 milioni incassati sui 939 milioni previsti dal 2000 al 2018, secondo i dati di Riscossione Sicilia). Una voragine che rischia di dare il colpo di grazia ai dissestati conti della quinta città d’Italia.


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