Il medico che ha salvato Antibo mentre sua moglie moriva

Il medico che ha salvato Antibo mentre sua moglie moriva

La storia di Alberto Carrubba, cardiologo. E dell'amore per i pazienti, nonostante la perdita.

PALERMO- “Ma quello che ricorderò per sempre è quel medico che mi ha rassicurato e assistito, in terapia intensiva cardiologica, quel medico dopo 14 giorni ha perso la moglie, nonostante avesse la moglie grave ha continuato a svolgere la sua missione di medico”.

Così il 24 marzo scriveva su Facebook Totò Antibo, finalmente col pollice in alto e sorridente, dopo la brutta avventura del suo malore e del ricovero in ospedale. Un messaggio sereno, lungo e grato per i medici e per uno in particolare. Che, seguendo la sua vocazione, ha assistito il campione di atletica mentre, altrove, si combatteva una durissima battaglia: quella della moglie, infine spirata, nello stesso periodo.

Quel dottore si chiama Alberto Carrubba. Ha sessantasei anni, è un cardiologo palermitano del Civico, uno da trincea e a giugno andrà in pensione. Accetta di parlare con LiveSicilia.it, violando la sua riservatezza, soltanto perché gli diciamo che la storia della sua abnegazione darà speranza e fiducia a molti in un passaggio epocale ormai noto, ma non per questo meno difficile.

“Non credo che la mia azione, cioè il mio assistere i pazienti pure in un frangente per me tragico, e non devo certo spiegare quanto lo sia, assuma i connotati dell’eroismo. Per me è normale, l’ho fatto sempre e fa parte della professione che ho scelto”. E, per cinque minuti buoni, il dottore Alberto tenta di allontanare da sé l’eccezionalità della sua abnegazione che risalta di più, perché ‘l’impresa eccezionale è essere normale’.

“Vede – continua -. I miei colleghi si comportano allo stesso modo. Cerchiamo di dare conforto alle persone, di alleviare la sofferenza della malattia, di guarire. Non siamo pochi quelli che sono andati avanti nonostante un grande dolore. C’è gente che sta peggio di me, che combatte da anni con situazioni familiari tremende. Eppure… Per me è molto più eroico il gesto che tanti colleghi hanno realizzato con il Covid, quando non erano protetti dal vaccino, perché hanno accettato il rischio di morire, di pagare in prima persona, e non si sono fermati. E tanti sono morti”.

Il dolore retrocede un po’, lascia spazio alla tenerezza del ricordo: “Mia moglie si chiamava Franca Maria. Ci siamo conosciuti a una riunione politica e abbiamo capito che non avremmo fatto più a meno l’una dell’altro. Abbiamo passato insieme trent’anni meravigliosi e adesso la vita cambia. Il primo giugno andrò in pensione, faccio il cardiologo da quarantun anni. La degradazione della sanità pubblica è ai massimi livelli e io vorrei riposarmi. Mi creda, non sono un eroe, non ho compiuto nessuna impresa. Eroi, semmai, sono gli altri”.

Nell’immagine del whatsapp del dottore Carrubba, sua moglie risplende con un sorriso, in un riquadro che, a stento lo contiene. Di fianco, come l’ospite discreto di una felicità immensa, si coglie il profilo di un uomo con la cravatta. “Quel giorno ho dovuto proprio metterla la cravatta, era il nostro matrimonio. E’ stata la prima e ultima volta”, dice Alberto. E ancora, nella voce che ha conosciuto l’amore il commiato, risuona l’eco di quella pazzesca felicità.


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