Ucciso con 57 coltellate da moglie e figli: "La pena va più che dimezzata"

Ucciso con 57 coltellate da moglie e figli: “La pena va più che dimezzata”

L'accusa chiede di riconoscere come prevalenti le attenuanti generiche e la diminuente dello stato d'ira

PALERMO – Potrebbero ottenere un forte sconto di pena e Salvatrice Spataro e i figli Mario e Vittorio Ferrera, imputati per l’omicidio di Pietro Ferrera, 49 anni, ucciso nel 2018 in un appartamento di via Falsomiele, a Palermo.

Il sostituto procuratore generale Giuseppe Fici ha chiesto una condanna a 6 anni, 2 mesi e 20 giorni ciascuno. In primo grado la condanna era stata di 14 anni per tutti.

Secondo il giudice per l’udienza preliminare, i tre imputati sferrarono 57 coltellate per uccidere il marito e padre, ma non ci fu crudeltà.

Ora il sostituto procuratore generale ha chiesto alla Corte d’Assise d’Appello presieduta da Angelo Pellino di riconoscere come prevalenti le attenuanti generiche sulle aggravanti e anche l’applicazione della diminuente per avere agito in stato d’ira.

I legali della difesa, gli avvocati Giovanni Castronovo e Simona La Verde, hanno sempre sostenuto che i figli hanno agito per legittima difesa. Quando entrarono in camera da letto videro la madre, dalla quale il marito pretendeva un rapporto sessuale, con le spalle al muro e insanguinata.

Per la madre la difesa ritiene che si sia trattato di omicidio preterintenzionale e non volontario. La donna avrebbe voluto ferire e non uccidere il marito. La sentenza è prevista a giugno.

I figli sentirono le urla e si precipitarono nella stanza. Dissero che il padre nel frattempo aveva strappato il coltello alla madre. Pietro Ferrera tentò una reazione, aveva ferite alle braccia e alle mani, oltre a quelle nel collo e al torace. Fu raggiunto da colpi “micidiali”, alcuni inferti quando era già per terra e privo di sensi.

Spataro, 46 anni, Mario e Vittorio Ferrera di 21 e 21, lavoratori diligenti e rispettabili, tutti incensurati, uccisero Ferrera per via di “un crescente stato di angoscia” che ha alimentato “rabbia, odio ed esasperazione”. A tutto ciò si aggiunse la paura che scaturiva dal fatto che all’indomani del delitto la moglie avrebbe dovuto formalizzare la denuncia contro il marito.

La madre scrisse una lettera al giudice. “Non è semplice raccontare cosa è stata la mia vita in ventitré anni di matrimonio…”, era l’incipit della memoria difensiva in cui ha ripercorso anni di soprusi, minacce, violenze e umiliazioni.

Nel processo è anche entrato il video degli investigatori all’interno della casa, in cui si vede una grossa macchia di sangue sul letto che, assieme alla ferita riportata da Vittorio alla mano, confermerebbe l’ipotesi della colluttazione e dunque della legittima difesa. Di contro c’è il numero di coltellate, 57, che darebbe forza all’ipotesi della sequenza micidiale e rabbiosa di colpi.


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