Riforma della giustizia tributaria, ecco la commissione - Live Sicilia

Riforma della giustizia tributaria, ecco la commissione

Le que3stioni aperte.

Istituita lo scorso 12 aprile, ad iniziativa del Ministro dell’Economia e delle Finanze e del Ministro della Giustizia, una commissione interministeriale al fine di analizzare e formulare proposte di intervento nell’importantissimo settore della Giustizia tributaria. La Commissione, composta da sedici membri, è presieduta dal Prof. Giacinto della Gananea, docente di Diritto Amministrativo all’Università Bocconi di Milano. Vice presidente il Direttore Generale del MEF, Fabrizia Lapecorella. Gli altri componenti sono sedici e più precisamente Massimo Guido Antonini, Pietro Bracco, Clelia Buccico, Margherita Cardona Albini, Gianni De Bellis, Andrea Giovanardi, Enrico Manzon, Sebastiano Maurizio Messina, Domenico Pellegrini, Ernesto Maria Ruffini, Livia Salvini, Maria Vittoria Serranò, Luca Varrone, Glauco Zaccardi. Dovrà concludere i lavori entro il 30 giugno, presentando un’apposita relazione ai due ministri interessati (Finanze e Giustizia). Fanno parte della schiera di esperti che compongono la commissione anche il Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ruffini, il capo ufficio legislativo del MEF, Claudio Zaccardi, il Vice Avvocato generale dello Stato, Gianni De Bellis, ed altri professori universitari e magistrati. Minima o quasi assente, invece, la presenza di magistrati tributari di estrazione professionale (non togati) nonché delle associazioni dei Giudici Tributari e dei difensori dei contribuenti. L’obiettivo della Commissione è quello di formulare proposte valide al fine di potere modificare al più presto, anche sfruttando le disponibilità finanziarie del Recovery Plan, l’attuale processo tributario, rendendolo più veloce ed efficiente e riducendo l’attuale enorme arretrato, il cui valore complessivo è stato stimato in circa 40 milioni di Euro, compreso l’arretrato che, in Cassazione, costituisce quasi il 50% delle cause civili pendenti. E’ a tutti evidente che, dopo quasi trent’anni dall’introduzione della normativa prevista dai Decreti Legislativi 545 e 546 del 1992, l’evoluzione normativa tributaria e, più in particolare, l’evoluzione del rapporto tra il fisco ed il contribuente, l’esigenza di rivedere l’assetto della Giustizia tributaria e la relativa procedura è ormai ineludibile, specialmente al fine di modificare i punti della disciplina in materia​ di contenzioso tributario che hanno mostrato maggiori problemi, in primis quello riguardante la questione dell’indipendenza e della massima terzietà dei giudici.

Sul problema “terzietà” è ormai opinione comune che I magistrati, compresi quelli tributari, non solo devono possedere la caratteristica della “terzietà” e dell’indipendenza, ma occorre che tali caratteristiche oltre ad esserci, siano anche visibili. Una “visibilità” di indipendenza che, attualmente, lascia molto perplessi. E’ difficile pensare che, nonostante l’abnegazione e l’assoluta correttezza che i giudici tributari (togati e non) continuano a dimostrare quotidianamente “sul campo”, i cittadini possano non avere dubbi sulla loro effettiva terzietà, conoscendo il loro compenso e la loro condizione di “precarietà”, ma, principalmente, sapendo che la giustizia tributaria, nonostante l’esistenza di un “Organo di Autogoverno”, il Consiglio di Giustizia tributaria, si trova per ora a dipendere, dal punto di vista logistico, dal Ministero dell’Economa e delle Finanze, Ministero il quale, avvalendosi dell’Agenzia delle Entrate (parte importantissima nella maggior parte dei processi fiscali) per lo svolgimento delle principali funzioni per la gestione dei tributi erariali, legittima il sospetto di un possibile conflitto di interessi tra il principale degli Enti impositori e gli Organi giurisdizionali tributari. Le sollecitazioni da parte delle Associazioni dei Giudici (come l’Associazione Nazionale Giudici Tributari) e quelle degli Avvocati Tributaristi (come l’UNCAT, Unione Nazionale Camera Avvocati Tributaristi), vanno verso una giustizia tributaria più veloce, creando una “quinta magistratura ” (accanto a quella amministrativa, contabile, militare e ordinaria), con la previsione di giudici professionali, a tempo pieno e reclutati attraverso un concorso pubblico, retribuiti adeguatamente e, soprattutto, non più legati logisticamente al MEF, ma ad un altro Organo dello Stato super partes, come la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Secondo gli Avvocati Tributaristi, infatti, è veramente assurdo che l’Amministrazione Finanziaria sia contemporaneamente organo erogatore dei compensi dei Giudici e parte processuale nella maggior parte del contenzioso tributario. E’ impensabile che una funzione, come quella di giudice in un campo importantissimo come quello fiscale, che può incidere in maniera assolutamente determinante nella sfera economica di un qualsiasi contribuente, possa essere​ esercitata da giudici quasi “onorari” e non a tempo pieno, con un compenso che definire inadeguato è assolutamente un eufemismo.

Ma le osservazioni degli addetti ai lavori, riguardano anche le regole del processo. Nella discussione sul processo tributario, e sulla opportunità di una sua urgente riforma, si innesta anche la questione riguardante la possibilità di includere, anche nel processo tributario, la prova testimoniale, attualmente esclusa. Va ricordato, infatti, che attualmente, anche a causa dell’esistenza di mezzi di prova non uguali nei processi penale e tributario, può accadere che gli stessi, seguendo strade diverse e parallele, possano pervenire a risultati (giudicati) l’uno diverso dall’altro. Altra questione è quella riguardante l’opportunità di trovare ulteriori strumenti deflattivi del contenzioso, non solo rendendo più trasparente e funzionale (e principalmente non affidato allo stesso Ente impositore, come accade attualmente) l’istituto della “mediazione”, che precede la costituzione in giudizio, ma anche trovando altre soluzioni deflattive in tutti gli stadi del giudizio, compreso quello in Cassazione. Insomma, un lavoro tanto importante quanto urgente, che, anche anticipando la tanto auspicata e più generale riforma fiscale, ma senza prescindere dalle esigenze che da tale riforma fiscale sono attese, potrebbe rappresentare una svolta nel sistema tributario italiano, rendendo più facile l’accesso ad una giustizia più giusta, veloce e trasparente, facendo aumentare la tax compliance ed incoraggiando gli investitori stranieri attualmente impauriti da un sistema tributario che, in caso di contenzioso, non li tutelerebbe come forse sarebbero tutelati in altri Paesi.

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