Il caso Grillo e quando mia nuora pensava che fossi strafatto - Live Sicilia

Il caso Grillo e quando mia nuora pensava che fossi strafatto

Comprendo l'angoscia di un padre, gli ricordo solo di pensare all'angoscia dei genitori della ragazza.
IL DIEGONALE
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5 min di lettura

Caro direttore,
so bene cosa significa essere padre ed esserlo nelle vesti di Beppe Grillo. Intendo nelle vesti di una persona nota e magari benestante, per il lavoro che svolge o per il ruolo che occupa, artista, politico o qualunque altra condizione a queste assimilabile.

Le difficoltà iniziano da subito, come quelle di ogni genitore, nella scelta della scuola, nei consigli per le frequentazioni, negli insegnamenti sui comportamenti da tenere, insomma nel percorso educativo.

Certo, se penso alle persone che queste possibilità non sanno neppure cosa siano perché le loro condizioni non consentono loro neppure di pensare a mandare i loro figli a scuola, mi sento ridicolo a definire difficoltà quelle che le ho appena elencato, ma le posso assicurare che anche in questo caso, so di cosa parlo.

Io non sono nato in una bella casa, con un padre noto e benestante. Vivevamo in una casa popolare, in un quartiere popolare. Mio padre era un modesto impiegato comunale e mia madre era casalinga. Ricordo che, quando fui promosso agli esami di terza media, mio padre si fece prestare i soldi per comprarmi il “vespino”, perché io gli dicevo che ce l’avevano tutti.
Li restituì pagando cambiali mensili. Io ho ancora il ricordo, impresso nella mente, di mio padre, seduto dietro a quella scrivania, che firma le cambiali. Non so perché mi portò con lui, ma quella scena resterà per sempre scolpita nel mio cuore come un atto d’amore e di umiltà.

I miei figli, ovviamente, sono cresciuti, in un altro mondo, quello dove tutto è servito, senza dovere neppure chiedere, ma non perché hanno avuto pretese, ma solo perché noi genitori ci sentiamo quasi in dovere di coprirli di attenzioni e mezzi per rendere loro tutto facile.

Io sono stato, però, un padre fortunato.
I miei figli, nonostante me, hanno trovato la misura e sono venuti su dotati di buone maniere ed equilibrio.
Immagino e spero anche quelli di Beppe Grillo.

“Le difficoltà”, però, se hai il padre Sindaco della città dove vivi e lavori o se hai il padre leader di un partito, specialmente come il suo, sono dietro l’angolo.
Lo sono che facciano o non facciano quanto loro viene attribuito.
Quando mio figlio conobbe la sua attuale moglie (erano i primi giorni di frequentazione), un’amica le disse di stare attenta perché sia lui che io eravamo drogati persi.
Proprio così, anzi, aggiunse, che ci aveva visto con gli occhi suoi, completamente ‘strafatti’.

Devo dire che io ho avuto ammirazione per mia nuora perché qualunque donna di fronte ad un’affermazione così categorica sarebbe fuggita a gambe levate o si sarebbe quantomeno molto allarmata.
Fortunatamente si era molto innamorata.
Direttore, avrà pensato: li farò disintossicare entrambi, pensando che si dovesse per amore accollare pure me.
Fortunatamente non ci fu alcun bisogno; nessuno dei due ha mai fatto uso di stupefacenti.

Pensi che un giorno, preso dall’esasperazione per la vicenda, dissi a mio figlio: ma cosa posso fare di fronte a questa ignobile persecuzione? Lui mi rispose con disarmante sapienza: ma più di non farlo?

Ecco, il tema è esattamente questo. Non ho alcun convincimento sulla vicenda giudiziaria del figlio di Beppe Grillo e mi preoccupano coloro che ritengono di averla, ovviamente in un senso o nell’altro.
Ho pagato sulla mia pelle le conseguenze di giudizi che si formano su quanto viene spesso riportato dai media. Un giorno, direttore, un suo collega mi disse: “mai rovinare una notizia con la verità”.
Beppe Grillo, però, in una vicenda che mi riguardò invece il convincimento se lo fece e lo espresse in maniera abbastanza cinica e spregiudicata, ma io, ripeto, non lo farò.

Sono convinto che i figli vanno difesi e protetti ( ed in questa vicenda vi sono figli da ambo le parti), ma sono anche convinto che essi devono fare la loro parte forse oltre quanto è generalmente loro richiesto.
Sarebbe facile per me giudicare con atteggiamento sprezzante le urla del video di Grillo, ma non lo farò, perché comprendo il dramma e l’angoscia di un padre, a cui mi sento solo di ricordare che dall’altro lato ci sono, in condizione di altrettanta angoscia, altri due genitori.

Direttore, lasci solo che le dica un’ultima cosa.
Ho sentito Crimi che diceva: “Quando si ha a che fare con la vita delle persone, con vicende di una tale delicatezza, è più che mai opportuno che i fatti vengano trattati dai media evitando conclusioni affrettate e la ricerca di sensazionalismi”.
Devo dire che questa dichiarazione del capo reggente del movimento mi ha un po’ destabilizzato.
Ma questo non era il partito dei manettari e dei moralisti fanatici? Li definì così il Presidente Napolitano.
Certe campagne che si vorrebbero moralizzatrici in realtà si rivelano, nel loro fanatismo, negatrici e distruttive della politica, disse il Presidente Napolitano.
Dal Blog delle stelle risposero con supponenza e forse con una certa irriverenza, come spesso è loro capitato.

“Il lavoro che ci aspetta è enorme, l’immoralità è ovunque. La sua benedizione ci dà conforto”.
Certo, a pensarci, la dichiarazione di Crimi, è tutto l’opposto di ciò che il suo movimento ha sempre sbandierato in nome di un distorto concetto di morale.
La misura dell’intelligenza è data, però, dalla capacità di cambiare quando è necessario, diceva Einstein.

Ovviamente, disturbare Einstein per Crimi è un po’ eccessivo, ma se cosi è, io non posso che esserne felice. Fosse successo prima, forse ne avrei beneficiato anch’io.
A me accadde, infatti, esattamente il contrario.
Direttore, non devo raccontare a lei cosa ne fecero i media di quella storia che anche Grillo diede a suo modo alla piazza.
Fu raccontata attraverso un vero e proprio processo mediatico, nato da un servizio di Striscia la notizia dal quale non si sarebbe salvata neppure Madre Teresa di Calcutta, a meno che non avesse trovato Giudici disposti a non volersi accontentare di una verità apparente.

Direttore, lo so, sembro un disco rotto, sia indulgente, consideri questa mancata rassegnazione una mia debolezza.
Direttore, se c’è però una cosa di cui non mi pento è che, in questi dodici anni, non ho mai urlato.

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