Recovery, primo sì dell'Ue e il governo salva anche il Superbonus

Recovery, primo sì dell’Ue e il governo salva anche il Superbonus

Gli incentivi alle ristrutturazioni saranno in manovra
IL PIANO
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ROMA – C’è un primo “disco verde” dell’Europa al Recovery Plan italiano: a 12 ore dalla prima convocazione si riunisce in serata il Consiglio dei ministri e il premier Mario Draghi annuncia l’intesa raggiunta con Bruxelles sul piano da oltre 200 miliardi da cui passa la ripartenza dell’Italia dopo la crisi peggiore del dopoguerra. E nella notte si sigla anche la pace sul Superbonus, con l’impegno del ministro dell’Economia, Daniele Franco, a valutare la proroga al 2023 a settembre con la manovra, quando il quadro sull’utilizzo dell’incentivo sarà più chiaro e si capirà anche se serviranno davvero risorse in più.

Il Piano resta bloccato per tutto il giorno tra tensioni dei partiti sul Superbonus e rilievi degli uffici di Bruxelles: a tentare di “sbloccare l’impasse” interviene direttamente il premier, con una telefonata con la presidente della Commissione Ursula von der Leyen, con cui dà la sua garanzia del cambio di passo per assicurare la messa a terra degli investimenti e, soprattutto, la realizzazione delle riforme. Ma Bruxelles fa sapere che servono ancora “rifiniture”, in particolare sui dossier fisco e business environment.

Aspetti ancora “marginali” su cui la discussione continua, spiega il premier ai ministri dopo essersi scusato per il ritardo con cui è stata avviata la riunione. Il Consiglio dei ministri che deve esaminare il piano prima che il premier lo illustri lunedì e martedì alle Camere è ufficialmente convocato alle 10 del mattino: la bozza del testo, più di 300 pagine in cui si descrive l’Italia tra 5 anni, più verde e più digitale, ha bisogno ancora di aggiustamenti. E poi ci sono le interlocuzioni informali con Bruxelles, che aspetta il documento ufficiale entro il 30 aprile e vuole più dettagli sulle riforme. Nessuno vuole una bocciatura, meglio quindi verificare ogni capitolo e aggiungere dettagli, come l’impegno a presentare una delega sul fisco entro il 31 luglio 2021, partendo dal lavoro delle commissioni in Parlamento.

Mentre il premier tira le fila con la Commissione, a Roma i partiti sono sempre più in fibrillazione: si diffondono i malumori, per quell’accenno a Quota 100 che non sarà rinnovata, per lo schema della governance ancora da definire sul fronte della ‘regia politica’. Ma anche per la lista delle cose che mancano. L’opposizione si inserisce e parla di “democrazia sospesa” con Giorgia Meloni che accusa il governo di mancanza di informazioni: “anche l’indecenza ha un limite. Mancano meno di 48 ore dalle sedute parlamentari e il Recovery Plan non è stato ancora nemmeno pubblicato”.

Il Pd, torna a sottolineare il segretario Enrico Letta,chiede che ci sia un vincolo chiaro, nei contratti di appalto per i progetti del Recovery, che garantisca più occupazione per donne e giovani. Forza Italia vede un piano “migliorato rispetto a quello di Conte” ma a cui servono “correttivi su politica industriale, rigenerazione urbana, fondi per il Sud” che non devono essere “meno del 40%”, come chiarisce il coordinatore di Fi, Antonio Tajani.

Il partito di Silvio Berlusconi si è affiancato al Movimento 5 Stelle anche nella battaglia più dura, quella sul Superbonus. Più moderato su questo dossier – al contrario di quello sulle aperture – il profilo che assume la Lega, che pure chiede di proseguire. Sulla proroga dell’incentivo al 110% per le ristrutturazioni green e antisismiche la bozza del Recovery è ambigua, si parla di una proroga della misura introdotta a maggio scorso con il decreto Rilancio “dal 2021 al 2023” ma le risorse – in tutto 18,5 miliardi tra Recovery e fondo extra – sono le stesse già previste dal vecchio piano di gennaio che però, di fatto, contemplava le estensioni già introdotte con la legge di Bilancio (scadenza a giugno 2022, per i condomini a fine del prossimo anno e allungamento fino a giugno 2023 solo per le case popolari). Lo reclamano i costruttori, le imprese, le banche, lo chiedono anche i Dem (“è una misura rivoluzionaria” dice anche Nicola Zingaretti).

E insorge il Movimento, cui non bastano le rassicurazioni che le risorse per arrivare al 2023 – se ne serviranno altre – saranno indicate con la prossima manovra, in autunno, date dal ministro dell’Economia Daniele Franco alla collega Mariastella Gelmini, come filtra da Fi. I 5S chiedono garanzie “nero su bianco” e “un segnale inequivocabile” direttamente da parte di Draghi. Perché si tratta di “un punto essenziale”, come lo definisce l’ex premier Giuseppe Conte che, per la prima volta, interviene su un tema di governo da leader del M5S.
(ANSA)


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