La scomparsa di Denise Pipitone: il pm alimenta dubbi e sospetti

La scomparsa di Denise Pipitone: il pm alimenta dubbi e sospetti

Si torna a parlare di indagini, di piste battute e archiviate, e di altre che potevano essere sviluppate meglio
GIALLO IRRISOLTO
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PALERMO – “Abbiamo avuto grossi problemi. Abbiamo capito che dopo tre giorni tutte le persone sottoposte a intercettazioni già sapevano di essere sotto controllo”: le parole hanno un peso, ancor di più se a pronunciarle in diretta televisiva è Maria Angioni, il primo pubblico ministero che indagò sulla scomparsa di Denise Pipitone.

Della piccola Denise si sono perse le tracce dal 1° settembre 2004. Aveva quattro anni quando Scomparve mentre giocava con una cuginetta a Mazara del Vallo. Da allora, come è giusto che sia, non si è smesso di cercare.

Stavolta non c’entra il baraccone mediatico organizzato da un’emittente televisiva russa che ha giocato con le speranze di una madre. Stavolta si torna a parlare di indagini vere, di piste battute e archiviate, e di altre che potevano essere sviluppate meglio. Piera Maggio, la mamma di Denise, al cui fianco c’è da sempre l’avvocato Giacomo Frazzitta, parla addirittura di “depistaggi”.

E si torna al peso delle parole pronunciate dal pm Angioni: “A un certo punto, quando ho avuto la direzione delle indagini, ho fatto finta di smettere di intercettare e poi ho ripreso da capo con forze di polizia diverse, nel disperato tentativo di salvare il salvabile”.

Il magistrato fra riferimento al lavoro di Gioacchino Genchi, oggi avvocato e allora consulente della Procura di Marsala che indagava sul caso: “Genchi disse che Anna Corona usò il telefono che le era stato dato da una persona vicina agli ambienti della polizia giudiziaria. Corona in questo modo riuscì a sfuggire alle intercettazioni”.

Genchi in aula nel corso del processo si spinse a dire che “questo causò una percentuale addirittura fra il 60 e l’80% di perdita di possibili informazioni”. Ed è anche da questo dato, ma non solo, che potrebbe ripartire l’inchiesta. Bisogna tenere conto di due aspetti.

Innanzitutto si deve superare un ostacolo formale. La consulenza di Genchi, con la schedatura degli incroci telefonici, fa parte dell’archivio dell’ex poliziotto e super consulente sequestrato in un procedimento che lo vede imputato per abuso d’ufficio. Si tratta di una vicenda che nulla c’entra con l’inchiesta su Denise Pipitone. Se i pm vorranno tornare ad esaminare il fascicolo dovranno chiedere il via libera al Tribunale. È un passaggio formale, ma di facile risoluzione.

Il secondo aspetto è sostanziale. Per la scomparsa di Denise è stato celebrato un processo, chiuso con l’assoluzione definitiva di Jessica Pulizzi, sorellastra della piccola. Non ha retto la ricostruzione della Procura di Marsala secondo cui, la bambina sarebbe stata rapita da Jessica Pulizzi con la complicità della madre, Anna Corona, per “vendetta e gelosia” nei confronti del padre e marito Piero Pulizzi che aveva avuto un’altra figlia con Piera Maggio (oggi sono sposati).

Genchi aveva incrociato i tabulati telefonici di Anna Corona e di un’amica. C’erano un migliaio di contatti. Ad un certo punto, però, nel corso delle indagini, quando Genchi manifestò la necessità di intercettare anche il telefono dell’amica le conversazioni fra le due donne, così disse il consulente, si interruppero. L’amica di Pulizzi allora era fidanzata, poi sarebbe divenuta moglie, del commissario di polizia di Mazara del Vallo che indagava sul caso.

È a questa vicenda che sembrerebbe fare riferimento il pm Angioni quando torna a parlare di persone che “sapevano di essere intercettate”. Il poliziotto, allora sentito in aula, smentì ogni circostanza dubbia e in ogni caso il Tribunale che mandò assolta Jessica Pulizzi analizzò la vicenda delle telefonate e non ravvisò errori o negligenze. Nella motivazione dell’assoluzione i giudici scrivevano che l’amica “ha continuato a utilizzare il telefonino dal 22 settembre al 5 ottobre. Le due donne interruppero ogni comunicazione il 7 settembre 2004 e non in concomitanza con l’inizio delle indagini verificatosi il 22 settembre 2004”.

Non si poteva escludere che il successivo stop alle conversazioni, aggiunsero i giudici, fu voluto per “prendere le distanze dal clamore mediatico suscitato dalla vicenda” anche in considerazione dei rapporti di frequentazione con il poliziotto.

Ora si torna a parlare anche delle telefonate e delle intercettazioni che confermerebbero quanto raccontato da un testimone, Battista Della Chiave, sordomuto, che spiegò di aver visto Denise subito dopo il rapimento in via Rieti a Mazara del Vallo in braccio ad un uomo che l’avrebbe poi imbarcata su un peschereccio. Anche su questo fronte furono fatti degli accertamenti e l’argomento fu trattato durante il processo. I giudici misero i tasselli uno dopo l’altro e conclusero che si trattava di una ipotesi inverosimile.

Una ipotesi che potrebbe di nuovo essere scandagliata a caccia di nuove prove che, però, devono andare oltre quanto una sentenza definitiva ha già stabilito. Jessica Pulizzi è stata assolta e la posizione della madre Anna Corona archiviata ormai da anni.


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