Tangenti nella sanità: "Ho ceduto perché a Palermo funziona così"

Tangenti nella sanità: “Ho ceduto perché a Palermo funziona così”

Parla l'imprenditore Roberto Satta: "Io vittima. Era l'unico modo per lavorare, a Milano è diverso"

PALERMO – Stritolato dal sistema. Costretto a pagare per lavorare. Si difende Roberto Satta, responsabile operativo di Tecnologie Sanitarie, una delle aziende travolte dallo scandalo delle tangenti nella sanità siciliana. Ammette di avere pagato 220 mila euro al mediatore Giuseppe Taibbi, uomo di riferimento, secondo l’accusa, dell’ex manager dell’Asp di Palemro Antonio Candela.

Lo ha fatto però, così dice, perché ad un certo punto divenne l’unica strada per non perdere l’appalto e ritrovarsi ad affrontare conseguenze catastrofiche per l’azienda.

“Vittima di concussione”, si definisce. “Certe cose a Milano non esistono”, aggiunge Satta in aula rispondendo alle domande di accusa e difesa. Satta aveva chiesto di patteggiare la pena già fissata a 5 anni, ma il giudice per l’udienza preliminare ha respinto l’istanza non accogliendo la proposta della difesa di riconsiderare la data di commissione del delitto retrodatandola da maggio 2019 a gennaio dello stesso anno. E cioè prima dell’entrata in vigore della legge “spazzacorrotti” che non prevede la possibilità di espiare la pene con misure alternative alla detenzione in carcere.

E così Satta è finito sotto processo con il rito abbreviato assieme ad altri sei imputati: Fabio Damiani, manager dell’Asp di Trapani ed ex responsabile della Centrale unica di committenza che gestiva le gare di appalto a livello regionale; Antonio Candela, per ultimo coordinatore della struttura regionale per l’emergenza Covid-19 ed ex manager dell’Asp di Palermo; Giuseppe Taibbi, imprenditore legato a Candela; Francesco Zanzi, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie spa; Angelo Montisanti, responsabile operativo per la Sicilia di Siram e amministratore delegato di Sei Energia scarl; Salvatore Navarra, presidente del consiglio di amministrazione di Pfe spa; l’imprenditore agrigentino Salvatore Manganaro.

Satta racconta di avere subito pressioni da Taibbi che diceva di parlare a nome di Candela. Lui, però, l’ex manager lo ha incontrato una sola volta. Per lavorare dovette sottostare ai desiderata di Taibbi, così riferisce Satta, che si presentò come espressione di “un gruppo di potere” in grado di controllare gli appalti. Millantava amicizie con la politica, diceva di essere uomo dei servizi segreti e di potere interloquire persino con la presidenza della Repubblica. E Satta avrebbe ceduto perché era l’unico modo per continuare a lavorare.

Uno dei temi del processo è il transito della gara milionaria vinta da Tecnologie Sanitarie per la manutenzione di apparecchiature elettromedicali dal controllo dell’Asp alla regia della Centrale unica di committenza. Passaggio che avrebbe consentito maggiori guadagni a Tecnologie Sanitarie. Secondo Satta, invece, fu un’operazione vantaggiosa per le casse pubbliche e non per l’azienda.

Al contempo Tecnolgie Sanitarie, però, firmando un contratto smise si subire continue pressioni. Pressioni, ma anche minacce che in Sicilia inizierebbero con l’avvio della gara e proseguirebbero senza tregua. Raccomandazioni per i posti di lavoro, segnalazioni di fornitori e richieste di mazzette: lavorare nella sanità pubblica siciliana comporterebbe tutto ciò.

Ad un certo punto Taibbi, incontrato in aeroporto, gli chiese quale fosse “il suo riconoscimento economico”. E lo fissarono in 220 mila euro più Iva. Satta rivendica la professionalità della sua azienda, leader a livello nazionale, che lavora con l’Asp di Palermo dal 2003 senza avere avuto mai una rimostranza. Alla fine ha ceduto alla concussione perché a Palermo funziona così. L’esame dell’imputato è ancora all’inizio. Alla prossima udienza si addentrerà nei particolari di quel “sistema di potere” che ha appena accennato.


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