PALERMO – La Cassazione dà ragione al dirigente regionale Manlio Munafò. Gli devono essere pagati gli stipendi arretrati a far data dalla revoca dell’incarico di dirigente generale.
Con ricorso proposto nel 2011 Munafò, inquadrato nella terza fascia dirigenziale, aveva citato in giudizio la Presidenza e l’assessorato regionale Infrastrutture e mobilità per ottenere, tra l’altro, la declaratoria dell’illegittimità della revoca degli incarichi di dirigente generale del Dipartimento ispettorato tecnico dell’assessorato ai Lavori pubblici e del dipartimento Ispettorato Lavori pubblici.
Qualora la revoca fosse stata ottenuta Munafò chiedeva l’assegnazione di un incarico equivalente a quelli in precedenza ricoperti e il riconoscimento delle differenze retributive non percepite.
La sezione lavoro Tribunale di Palermo in primo grado aveva respinto il ricorso proposto da Munafò. Il dirigente regionale, assistito dagli avvocati Girolamo Rubino e Mario La Loggia, ha fatto ricorso in Corte di Appello. Secondo i legali, l’amministrazione avrebbe dovuto applicare la “clausola di salvaguardia” finalizzata a tutelare il dirigente nell’ipotesi di revoca anticipata dell’incarico mediante l’attribuzione di un compito equivalente.
I legali Rubino e La Loggia, inoltre, contestavano l’erroneità della pronuncia del Tribunale di Palermo laddove aveva dichiarato insussistente il diritto del ricorrente ad ottenere un trattamento retributivo equiparato a quello di un dirigente generale.
La Corte di Appello di Palermo, condividendo le tesi difensive, aveva dato ragione a Munafò. La Presidenza della Regione e l’assessorato hanno fatto ricorso in Cassazione. I supremi giudici lo hanno dichiarato inammissibile non potendo sostituirsi alle valutazioni sulle disposizioni contrattuali proprie del giudizio di merito.
A Munafò dovranno essere pagate le differenze retributive, mentre non potrà ottenere un nuovo incarico di dirigente generale perché ormai è trascorso troppo tempo dalla nomina del 2009.